Un rebus per Leonardo Sciascia




Silvana La Spina


Editore: Marsilio

Genere: Giallo

Pagine: 320

Anno edizione: 2025


Sinossi. Nel settembre del 1985, a Leonardo Sciascia capitano due cose: la morte di Italo Calvino nell’Ospedale di Siena, e la morte di Aurelio Arriva, giudice, in casa sua. Una pistolettata: suicidio, dicono. Il giudice e lo scrittore siciliano, amici fin dall’infanzia, avevano litigato e non si parlavano da tempo. Qualcuno, in paese, continuava a dire per invidia; qualcun altro insinuava che l’invidia non c’entrava niente, era Sciascia che non avrebbe dovuto mettere l’amico in un libro – anzi, continuava quel qualcuno, Sciascia della Sicilia non avrebbe dovuto proprio parlare. Leonardo Sciascia, dal canto suo, sosteneva che le grandi amicizie, come i grandi amori, sono come le piante: a un certo punto si seccano, e nessuno può farci niente. Era successo con Guttuso, e forse stava succedendo pure con Vincenzo Consolo. Tuttavia, nonostante, in paese, gli inquirenti pensino che la morte del giudice Arriva sia dovuta a un suicidio e nonostante il tutto sia accaduto, come una disgrazia, un malaugurio, durante la festa della Madonna Bambina, Elena Arriva, la figlia del giudice morto, bella e bionda come certe madonne lombarde, si presenta a casa dello scrittore – la gloria, il vanto del luogo, l’uomo che passeggia a braccetto con Claudia Cardinale – per chiedergli di indagare sulla morte del padre. Elena non crede all’ipotesi del suicidio, e Sciascia è l’unico che di suo padre sa tutto. In una sarabanda di dicerie, malevolenze, lettere anonime che ricordano le righe minatorie di A ciascuno il suo, in un turbine di fatti di corna, disgrazie passate, presenti e future, donne vecchie e donne fatali, scrittori benevoli e altri invidiosi, cause perse e altre fatte perdere, un circolo di gentiluomini che non sempre lo sono e un pubblico ministero che torna a indagare là dove è stato bambino, Silvana La Spina, con una lingua pastosa e spinosa quanto un fico d’India, racconta Leonardo Sciascia e il suo mondo, facendone un investigatore acuto, curioso e pieno di pietà per le miserie degli uomini. Un romanzo avvincente e scuro.

 Recensione

di

Salvatore Argiolas


La Sicilia”, scrive “Leonardo Sciascia in “La corda pazza”, “è difficile da governare perché difficile da capire. Difficile da capire non soltanto nella natura dei suoi abitanti, contraddittoria ed estrema, ma anche nei suoi istituti giuridici, nel giuoco complesso delle giurisdizioni, di quell’insieme di privilegi e di immunità la cui scomparsa, nel secolo scorso, ha lasciato effetti ancora ben visibili.”

Solo chi riesce a comprendere lo stratificato modo di pensare locale ed ha una grande capacità semiotica come l’autore de “Il giorno della civetta” può sbrogliare il grande interrogativo che circonda la morte del giudice Arriva, suo vecchio amico con cui ha litigato per motivi sconosciuti.

Sciascia è l’unico che può dare una risposta certa alla figlia del giudice che sospetta che il padre non si sia ucciso perché conosce meglio di tutti la vita e la carriera di Arriva e anche perché è cosciente, come scrive Camilleri nel romanzo di stampo sciasciano “Il corso delle cose”, “i siciliani, che hanno fama di non parlare, in realtà parlano, a mezza voce, cifrati, ma parlano, basta saperli interpretare.”

Lo scrittore di Racalmuto è seriamente preoccupato per la salute dell’amico Italo Calvino colpito da un ictus e in pericolo di vita ma accetta di scoprire la verità sulla morte del giudice, anche perché “La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è  la verità”, come scrive ne “Il giorno della civetta” e la sua indagine  sarà anche sull’ambiente in cui è cresciuto e in cui, ogni suggestione e ogni riferimento è da filtrare con la sua consueta sensibilità.

“A che serve infatti la letteratura davanti alla barbarie dei tempi?” chiede infatti lo scrittore ad una ragazza sua ammiratrice.

“Non saprei, Maestro” disse la ragazza, confusa.

“Glielo dico io: alla verità. La letteratura a questo serve, a indagare e scoprire la verità…Altrimenti non serve affatto.”

Silvana La Spina in questo intrigante romanzo molto sciasciano riporta in primo piano la figura di questo grandissimo intellettuale ma soprattutto del suo “contesto” letterario, sociale e locale mettendo al centro di un caso che somiglia tantissimo a quelli che Sciascia ha ideato, basandosi sulla sua conoscenza del mondo, affinata dall’osservazione della vita provinciale, in quel piccolo angolo di Sicilia che gli ha fatto inferire le dinamiche che regolano l’esistenza umana.

Coniugando metaletteratura, memoir e giallo metafisico, con “Un rebus per Leonardo Sciascia” l’autrice rende un commosso omaggio allo scrittore e all’intellettuale che fu sempre interessato al tema della giustizia e che nel romanzo si trova proprio a contatto con la vita, le opere e le omissioni di un giudice, proprio mentre sta scrivendo “La strega e il capitano”, libro che con il suo argomento influenza le sue riflessioni sul caso e gli fa intuire una possibile spiegazione dell’enigma.

L’integrità totale davanti alla legge, quando da quelle parti la legge era un gioco di specchi. L’espressione di alleanze ben collaudate.

“Nei libri potrebbe succedere, ma nella vita non credo” rispose sicuro di quello che diceva.”

“C’è differenza quindi tra vita e i libri?”

Certo. I libri seguono un ordine, la vita quasi mai…” (…)

Questo per dire che le regole del romanzo non sono le regole della vita?

“La vita è casuale, il raccontare mai.”

Silvana La Spina ci porta in un mondo lontano e ricco di spunti di grande interesse e, come scrive nella nota finale, “nonostante l’apparenza di un romanzo, è un libro sulla memoria. Non dico quella collettiva, dico proprio quella individuale, la mia.” e la trama, tipica dei gialli dell’intellettuale di Racalmuto, si sposa alla perfezione con la rappresentazione di un ambiente culturale dove primeggiano letterati come Consolo, Bufalino, Calvino, sotto l’influenza creativa di Luigi Pirandello.

Già ma non scordiamoci che parlando male della sua terra ha avuto il successo che sappiamo” disse agro Don Cesare.

Anche il grande don Luigi non ne diceva granché bene, ma ugualmente si è beccato il Nobel…”

(…)

“Tu sempre a Pirandello pensi” ironizzò Consolo. “Manco fosse tuo padre.”

E perché no? In un certo senso lo era. Pirandello era anzi il padre di tutti loro, molto più di Verga, persino. Pirandello era colui che aveva portato la cultura siciliana, e febbrile, quella di Nedda e di Jeli, a confrontarsi con la modernità. Da allora i siciliano strologano e si riconoscono per quel che sono: maschere.”

Da questo piccolo avamposto culturale si irradiò una grande rivoluzione narrativa con tanti protagonisti di assoluto livello come anche Vitaliano Brancati, che nel romanzo viene citato con simpatia e rispetto:

Per Brancati aveva un culto speciale, specie quando raccontava la provincia, la follia della provincia, con i suoi farmacisti e farmacie dove gli uomini si riunivano a fare pettegolezzi e a parlare di femmine.”

Essendo completamente imbevuto dello spirito sciasciano “Un rebus per Leonardo Sciascia” non  poteva non avere un finale amaro come i tanti capolavori scaturiti dalla fervida mente dell’autore di “A ciascuno il suo”.

Non sempre si può sapere la verità, per quel che vale.”

“Un rebus per Leonardo Sciascia” è un valido giallo e un delizioso romanzo che ci fa conoscere il “genius loci” di un territorio baciato dal dio della letteratura, che attraverso i migliori esponenti ci mostra una concezione del mondo e della vita di assoluta preminenza.

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Silvana La Spina


è nata in Veneto da padre siciliano. Da molti anni vive tra Milano e Catania, e la Sicilia è alla base di quasi tutti i suoi romanzi. Tra gli ultimi, ricordiamo: La bambina pericolosa (Mondadori 2008), Un cadavere eccellente (Mondadori 2011), La continentale (Mondadori 2014), L’uomo che veniva da Messina (Giunti 2015), L’uomo del Viceré (Neri Pozza 2021), Angelica (Neri Pozza 2022), L’ombra dei Beati Paoli (Neri Pozza 2024). Con la raccolta di racconti Scirocco (La tartaruga 1992) ha vinto il premio Chiara.