Recensione di Sara Zanferrari
Autore: Fabio Geda
Editore: Einaudi
Genere: narrativa italiana
Pagine: 192
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Un uomo che ha trascorso quarant’anni costruendo ponti in giro per il mondo, ed è da poco rimasto vedovo, ha preparato con cura un pranzo di famiglia. È la prima volta. Ma una nipote ha un piccolo incidente e l’appuntamento salta. Preoccupato, con addosso un po’ di amarezza, l’uomo esce a fare una passeggiata. E conosce Elena e Gaston, madre e figlio, soli come lui. Si siederanno loro alla sua tavola, offrendogli la possibilità di essere padre, nonno, in modo nuovo. Trasformando una normale domenica di novembre nell’occasione per riflettere sulle imperfezioni dell’amore, sui rimpianti, sulla vita che resta. In equilibrio tra nostalgia e speranza, Fabio Geda racconta con voce unica, commovente, una giornata che racchiude un’intera esistenza. Una storia che prima o poi ci attraversa, o ci sfiora, tutti.
«Non sono mai stata brava a gestire la fragilità dei miei genitori: nei loro confronti non ho mai smesso di sentirmi figlia e di voler essere io quella accudita. Mi veniva spontaneo pensare che essendo piú vecchi di me dovessero essere migliori di me, punto: una di quelle cose scritte nel destino. Dovevano essere piú consapevoli, piú forti, in grado di governare con piú criterio qualunque situazione. Ma arriva un momento in cui le parti si invertono o per lo meno si sovrappongono. Nel destino c’è scritto anche questo».
Recensione
Torino. Un ingegnere in pensione, che ha passato tutta la vita a costruire ponti, vedovo, tre figli, hapreparato per la prima volta il pranzo della domenica per la famiglia, seguendo le ricette della moglie, perdendosi nella grafia di lei, nei ricordi, nei pensieri, qualche rimpianto. Ma il pranzo salta, per un piccolo incidente di una nipote, lasciandolo davanti alla consapevolezza della propria solitudine.
“Aveva sessantasette anni ed era vedovo da otto mesi, durante i quali aveva scoperto di aver prestato nel corso della vita più attenzione alle cose urgenti che a quelle importanti; ma a tale proposito, ormai, non c’era molto che potesse fare, se non dimostrare a se stesso e ai figli di saperattraversare il resto del tempo distinguendo con maggiore consapevolezza le une dalle altre.” (pag.5)
Una giovane donna, sola, semidisoccupata, con un figlio, è allo skatepark. Lei sulla panchina, lui gioca.
“…non c’era praticamente nessuno. Solo un ragazzino con una felpa due taglie più larga e un cappello giallo che faticava a contenere i capelli nerissimi e selvatici che sgusciavano fuori… Su una delle due panchine di fronte alle rampe era seduta una donna giovane dall’aria annoiata. Mio padre si sedette sulla panchina accanto tenendo le mani nelle tasche della giacca.” (pag.30)
La voce che racconta è di Giulia, la figlia di “mezzo”, quella col carattere forse più difficile; la storia e la vita del padre sono raccontate con la sua voce.
E’ su quella panchina che si incontrano i tre protagonisti, quando l’anziano decide di uscire, lasciando il pranzo là, andando, senza saperlo, incontro a una nuova vita, per se stesso e per gli altri due.
Un incontro fortuito, che modifica le vite fragili e solitarie di queste tre persone, le cui anime si incontrano e si regaleranno felicità e un nuovo futuro a vicenda.
Nel racconto di Giulia, inframezzato al presente, molti episodi del passato, una sorta di bilancio della lunga vita del padre, della famiglia, una di quelle famiglie “normalissime”, perbene, dove però regnano tutte quelle umane incomprensioni, le gelosie, e pure i segreti.
Tutto ciò che crea alla fin fine i legami familiari, nel bene e nel male, raccontato con lo sguardo dolce e discreto della fglia, che pur nelle difficoltà e nelle distanze fa percepire il bene che c’è fra di loro.
Le domeniche in famiglia. Le domeniche da soli, persi nei ricordi. E poi, gli incontri inaspettati, quelli belli, quelli che a volte ti salvano un po’ la vita, nella loro, e nostra, semplice umanità. Tra nostalgia e speranza, un racconto da leggere magari proprio nello spazio di una domenica.
A cura di Sara Zanferrari
Fabio Geda
Fabio Geda (1972, Torino), si è occupato per anni di disagio giovanile, esperienza che ha spesso riversato nei suoi libri. Ha scritto su «Linus» e su «La Stampa» circa i temi del crescere e dell’educare. Collabora stabilmente con la Scuola Holden, il Circolo dei Lettori di Torino e la Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura. Esordisce nel 2007 con “Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani”; segue “L’esatta sequenza dei gesti” (2008) e “Nel mare ci sono i coccodrilli”(2010) che ha avuto uno straordinario successo sia in Italia che all’estero. Nel 2011 esce “L’estate alla fine del secolo”, mentre del 2014 è “Se la vita che salvi è la tua” (Einaudi). Nel 2015 esce il primo volume della serie per ragazzi “Berlin” (Mondadori) scritta insieme con Marco Magnone, del 2017 “Anime scalze” (Einaudi). Nel 2019 pubblica per Einaudi “Una domenica” e per Solferino “Il demonio ha paura della gente allegra. Di Don Bosco, di me e dell’educare”.
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