Uno sporco lavoro




Recensione di Cristina Marra


Autore: Bruno Morchio

Editore: Garzanti

Genere: giallo

Pagine: 207

Anno pubblicazione: 2018

Sinossi.  Bacci Pagano rimira i riflessi dorati nel suo calice di champagne, mentre pensa agli anni trascorsi in carcere per un futile motivo e ai tre successivi in giro per il mondo per lasciarsi tutto alle spalle. Ma la sua amata Genova lo ha richiamato. È lì che Bacci ha deciso di far fruttare il suo intuito infallibile aprendo un’agenzia investigativa. Perché dal passato si può fuggire, ma non dalla propria indole. Il suo primo caso lo porta poco lontano sulla Riviera di Levante in una fantastica villa. Qui deve proteggere la famiglia di un manager dell’industria di Stato. Sembra tutto scorrere liscio, ma Bacci non può fare a meno di notare la stessa barca che passa davanti alla spiaggia privata della casa a diverse ore del giorno. Dettaglio che non sfugge al detective, nonostante sia spesso intento a fare la corte a Eleonora, la babysitter del figlio del suo cliente. Anche se non ha nessuna prova sente che qualcosa non va nel verso giusto, che dietro quella semplice richiesta di protezione c’è dell’altro. E la certezza arriva quando due uomini armati fanno irruzione e tentano di rapire il bambino, ferendo Eleonora. Bacci riesce a sventare la tragedia, ma ora non si fida più di nessuno. Quella prima impresa della sua nuova vita sembrava facile e senza rischi, invece si trova invischiato nella parte più losca di un’Italia che sta per svelare al mondo il suo animo corrotto e criminale.

Recensione


La Vespa sfreccia tra i carruggi “tossicchia come una vecchia caffettiera”e raggiunge l’ospedale dove Bacci rivede Maria dopo trent’anni, la ricorda bella come Angela Davis ma per entrambi il tempo “è passato sopra come un carro armato, facendo di quei giovani mezzo fottuti dal destino ma ancora carichi di energia e voglia di vivere due anticaglie afflitte da acciacchi e perplessità”.

I ricordi investono Bacci Pagano nel nuovo romanzo di Bruno Morchio, Uno sporco lavoro” (Garzanti); un’altra prova magistrale  dell’autore genovese che stavolta scava nell’intimo del suo detective facendogli compiere una sorta di indagine sul proprio lavoro. Bacci, reduce da cinque anni di prigione a Novara, accusato di terrorismo, decide di aprire un’agenzia investigativa e Morchio racconta la prima indagine di cui si occupa.

Dalla prigione a una villa color avorio a tre piani che si affaccia sul mare della costa ligure, è questo il passaggio repentino nella vita di Bacci, che accetta l’incarico procacciatogli dall’amico” Maresca. Comincia in quella gabbia dorata il percorso professionale e personale di Bacci, che si integra nel microcosmo familiare dell’ingegner Silvano Rissi, della moglie Adriana, della baby sitter Maria, del piccolo Lele , della domestica e cuoca Carla e del maggiordomo tuttofare Giovanni. È lì per proteggerli. 

Morchio investiga un micromacro cosmo sociale dell’Italia degli anni Ottanta attraverso gli occhi di Pagano, puntati su una famiglia di arricchiti con affari illeciti, e la narrazione procede con ritmo serrato facendo dei balzi temporali di trent’anni, dal primo all’ultimo incontro dell’investigatore con la bella Maria. Bacci si sveste e si propone al lettore nella sua integrità di detective pieno di aspettative, seppure già disilluso. Morchio riassume le sue scelte arrischiate, le sue rinunce forzate, la sua rabbia, fino alle ultime volte in ospedale per la pallottola che gli aveva leso due vertebre, la sua ennesima sfida alla morte. Anche Maria si porta ancora dietro le ferite di quel soggiorno alla villa con Bacci.

La Vespa corre tra i ricordi, tra gli anni della giovinezza, e si sofferma sulla coppia dei Rissi arricchita con il traffico di armi, due coniugi giovani e insoddisfatti. Morchio ritorna indietro con la memoria e ricostruisce la giovinezza di Bacci, ribelle e vittima allo stesso tempo della sua voglia di rivoltarsi contro i soprusi sociali.

La villa e chi vi abita sono lontani anni luce dalla formazione ideologica e socio culturale del giovane investigatore, eppure Bacci trova qualcuno di simile e, seppure nelle diversità che riscontratrae motivo di confronto e di crescita personale e professionale. I conflitti psicologici, i silenzi, i compromessi, investono tutti i personaggi e anche la giovane e grintosa Maria, che non trascura mai la sua dedizione al bambino che ha alle spalle un passato doloroso.

Ancora una volta Morchio conquista per la sua scrittura morbida e tagliente allo stesso tempo, per il suo indagare l’anima di un uomo che è lo specchio di un’intera generazione e non soltanto, e in questo romanzo stappa la bottiglia scolandola fino al fondo, dove si era depositato il torbido dei ricordi.

Bruno Morchio


Bruno Morchio laureato in Lettere, psicologo e psicoterapeuta. Ha pubblicato articoli su riviste di letteratura, psicologia e psicoanalisi ed è autore di numerosi romanzi (definiti di genere «noir mediterraneo»), che hanno due protagonisti: l’investigatore privato Bacci Pagano (il «detective dei carruggi») e Genova, l’amata città d’origine di Morchio.

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