Uomini che si nascondono nell’ombra
Recensione di Loredana Cescutti
Autore: Magnus Jonsson
Editore: Piemme
Traduzione: Francesco Peri
Genere: Thriller Nordico
Serie: Trilogia dell’odio # 2
Pagine: 416 p., R
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. A volte l’odio è il motore più potente. Il secondo, elettrizzante volume dell’acclamata Trilogia dell’odio, uno dei maggiori bestseller scandinavi degli ultimi anni. A volte l’odio è il motore più potente. È un pomeriggio di novembre, con la luce bassa e un freddo pungente, e i dipendenti della banca SEB al Kungsträdgården, nel pieno centro di Stoccolma, stanno uscendo dai loro uffici. C’è chi è atteso dalla famiglia, chi invece sa che tornerà a una casa vuota. Ma quando comincia la raffica di colpi, sparati dal campanile della chiesa di fronte, per molti di loro non ci saranno più cene in famiglia o serate solitarie davanti alla tv. Ad accorrere sul posto immediatamente sono i detective Rickard Stenlander ed Erik Svensson, e dalle prime rilevazioni emerge ben presto che le vittime, che sembravano scelte a caso da un cieco destino, lavoravano nella stessa divisione della banca. Dunque, non si tratta di terrorismo, ma di un attacco mirato. È il momento, per i detective, di chiamare Linn Ståhl, dottoranda esperta di crittografia informatica, per analizzare i computer degli impiegati. Già in passato Linn è stata cruciale per la polizia, anche se, da attiva antifascista qual è, conserva la sua dose di scetticismo e indipendenza di pensiero. Ben presto Linn si rende conto che nell’attacco alla banca sono in molti, anche tra le vittime stesse, a nascondere segreti… E più va a fondo più è chiaro che la posta in gioco è incredibilmente alta, e soprattutto che Linn stessa, se vuole uscirne viva, dovrà guardarsi le spalle. Da un autore definito l’unico vero erede di Stieg Larsson, arriva il secondo, elettrizzante volume dell’acclamata Trilogia dell’odio, uno dei maggiori bestseller scandinavi degli ultimi anni.
“Voi potete lasciar perdere. Io no.”
Recensione
Dopo un esordio esplosivo, come quello avvenuto lo scorso anno con l’arrivo in Italia de “L’uomo che giocava con le bambole” (di cui potete trovare la mia recensione nel sito Thrillernord), che la sottoscritta ha scoperto per caso nel solito modo, ovvero con la sempre ben farcita lista nella chat recensori del gruppo, la quale ha come primo obbiettivo quello di tentare i suoi collaboratori, dicevo, leggere questo era praticamente irrinunciabile, perché a Linn e alla squadra si finisce per sentirsi legati, nelle loro normalità alternative.
“A volte era difficile essere un’anarchica. Era dura credere alla bontà intrinseca dell’essere umano quando certa gente meritava solo di essere gonfiata di botte.”
Se nell’occasione precedente a tenere in scacco l’intera città era stato un serial killer abbastanza folle il cui scopo era quello di trasformare le sue vittime in bambole, in questo caso tutto convergerà sempre di più verso uno dei motivi classici per cui si è disposti ad uccidere, ovvero i soldi e la vendetta. Problemi nuovi ma, nemici di lunga data oltre a degli spietati assassini che si nascondono nell’ombra.
“Ebbe un motto di rimorso, ma si sforzò di ignorare quel sentimento. Lui non aveva colpa. Non era un assassino. Era un giustiziere.”
Una storia a più voci, che si farà raccontare dai diretti interessati un po’ alla volta, senza fretta alcuna, torturando noi allo stesso modo in cui verranno torturate le vittime designate, con una sofferenza implacabile davanti a dei destini segnati, a delle coscienze sporche che, almeno secondo l’assassino, avranno semplicemente avuto ciò che si meritavano.
Ma questo non basterà, perché dicevo prima, problemi nuovi ma nemici vecchi con una memoria da elefante, che non dimenticano nulla.
Che non si scordano di lei e di ciò che ha fatto.
E temono ciò che potrebbe fare ancora per ostacolarli nei loro piani futuri.
“La questione non era se colpirla, ma quando, tenuto conto dei guai che Linn aveva combinato l’ultima volta.”
Lei è pericolosa.
Lei è determinata.
Si è resa conto di non essere più come un tempo.
Ha capito però, che anche ora, anche se è cambiata, a certi valori non è disposta a rinunciare.
“… aveva fiutato la scia. E non avrebbe mollato la presa. Si stava avvicinando a loro.
Era tempo di agire.
Fare pulizia.”
Insomma, Magnus Jonsson si ripresenta a noi, ancora una volta, con un romanzo avvincente e destabilizzante a livello umano, sia nel bene che nel male.
Degli assassini apparentemente senza motivo, due casi che si intrecciano pur apparendo slegati, una violenza gratuita ingiustificata, nonostante i presupposti pendessero a sfavore delle vittime ma, anche la certezza che la legge non ammette ignoranza e che la giustizia, non si ottiene con la vendetta.
Sullo sfondo, nemmeno tanto offuscato, ritorna una Stoccolma disincantata, dove diritti sociali, rispetto per il diverso e ove, valori come l’uguaglianza, il diritto ad una società più equa e giusta, paiono come mere utopie prive di qualsiasi significato. Sembrano principi che dovrebbero essere scontati, considerando la pragmaticità e praticità con la quale si è sempre guardato verso nord, definito da sempre anni luce lontano da noi per organizzazione e invece, non tutto è come ci viene mostrato e nell’ombra, associazioni disposte a tutto pur di riuscire a destabilizzare l’intera Europa sul fronte sociale, continueranno a tramare, a ricavarne profitto per autofinanziarsi e, a uccidere persone innocenti.
“Che cosa fragile era la vita. Sembra tutto normale, poi in un istante ci si ritrova soli al mondo.”
Una scrittura violenta, che graffia e lacera nel profondo ma, che ha tutte le intenzioni, come nel romanzo precedente, di denunciare, di portare all’attenzione una realtà sociale bistrattata, lasciata ai margini, che non prevede le giuste attenzioni, preferendo i guadagni di multinazionali impegnate a sfornare soldi piuttosto che, regalare gli ultimi attimi di serena quiete a clienti ormai ad un passo dal viaggio verso una dimora finale.
“… la invitava a non prenderla sul personale. E invece era una cosa dannatamente personale. Non c’erano di mezzo soltanto dei computer. Quei tizi ce l’avevano con lei. La volevano morta.”
Naturalmente la storia non si ferma qui, perché il passato è implacabile e non demorde.
Rimane silente, in aguato dietro un vetro e dietro al monitor di un computer, pronto a colpire ancora e prendersi la sua rivincita.
Il punto è, chi si farà trovare più preparato davanti a questa sfida mai chiusa?
Per saperlo, non c’è altro modo che attendere con calma l’epilogo di questa trilogia, che di libro in libro ci sta facendo sudare decisamente le classiche sette camicie e che, non ci darà tregua fino all’ultima pagina, temo.
Buona lettura!
Magnus Jonsson
Vive a Stoccolma, lavora come insegnante di liceo e ama lo skateboard nel tempo libero. “L’uomo che giocava con le bambole” (Piemme – 2021) è il suo romanzo d’esordio, il primo de “La trilogia dell’odio”, che ha venduto solo in Svezia più di 100.000 copie.
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