Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Giorgio Scerbanenco
Editore: La nave di Teseo
Prefazione di Cecilia Scerbanenco
Pagine: 256
Genere: Noir
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Si imparano molte cose in tre anni di carcere passati a raccogliere le storie d’innocenza dei propri compagni di cella, tutti Abele uccisi da Caino e tutti Adamo corrotti da Eva. Duca Lamberti – un ex medico condannato per aver aiutato un’anziana paziente a morire – in prigione ha imparato ad ascoltare, e a non parlare troppo. Per questo un ricco imprenditore, Pietro Auseri, lo ha scelto per un compito che gli sta particolarmente a cuore: salvare il figlio Davide da un’improvvisa depressione annegata nell’alcool. Forse per riscattare la sua vita dedicata agli altri, o forse solo per curiosità, Lamberti accetta di prendersi cura del giovane Auseri, entrando in confidenza con lui fino a stanare il segreto che lo ha gettato nel buio. È una storia che porta alle strade poco battute della periferia di Milano, dove la nebbia custodisce i segreti di amanti e criminali che si dividono la notte, fino al corpo di una ragazza che cercava una vita migliore e ha trovato la morte. Gli unici indizi, un rullino di fotografie bollenti e una donna combattiva, Livia, che applica alla realtà gli imperativi categorici della filosofia. In una città tentacolare e seduttiva come le anime peccatrici che la abitano, Duca Lamberti ha cominciato a indagare. “Duca Lamberti è un investigatore atipico, disincantato e arrabbiato, immerso nella folla e nella sua città, tra mafie, seduttori, ipocrisie di ogni specie e grandezza. Scerbanenco nei romanzi di Lamberti, il suo aggressivo e per nulla politicamente corretto alter ego, forse può finalmente far venire a galla il motivo per cui anche lui, come il suo personaggio, non riesce a dormire.” Dalla prefazione di Cecilia Scerbanenco.
RECENSIONE
Se “raccontare la vita di un uomo è una preghiera”, leggere Giorgio Scerbanenco è uno stato di grazia: uno stile unico e riconoscibile, una forma e un contenuto sempre moderni, al di là del politicamente corretto e forse anche del bene e del male, un fraseggio che ci si dipana davanti agliocchi come una conversazione carpita al bar, tra il frusciare di un giornale e il canto della Cimbali. Portandoci dentro, afferrandoci al collo senza troppe cerimonie, e noi lasciamo fare, docili e incantati.
E poi c’è Milano, che anche nella calura agostana, svuotata di gente e di forze, è bella come una donna sudata, allettante e nascostamente perversa come Babilonia.
La prima indagine di Duca Lamberti scorre come una strada libera dal traffico: ti viene da premere sull’acceleratore, perché hai fame di velocità e di sapere cosa ci sarà dietro alla prossima curva, ma allo stesso tempo puoi goderti il paesaggio, i dettagli, gli odori.
Un compito inconsueto, ma all’apparenza semplice per un medico appena uscito di prigione – aiutare un giovane rampollo, considerato “grand e ciula”, a liberarsi dal vizio del whisky – si trasforma in un caso intricato di sensi di colpa e malavita, di tratte illegali di corpi, piaceri e fotografie, in un gorgo in cui è facile tuffarsi – per il gusto del proibito, il prurito del rischio, per disperazione – ma quasi impossibile riemergere. E chi torna a galla, chi riesce a trascinarsi fino a riva, sulla sabbia squallida, fredda e molle come il corpo di un annegato, si porterà dietro segni indelebili, cicatrici come marchi di infamia e terribile memento.
Insomma, il caso sarà risolto, chi si stava cercando sarà trovato o presto consegnato alla giustizia (o a chi per essa, magari con qualche livido), l’equilibrio sarà in un certo senso ristabilito, ma a quale prezzo e per quanto tempo?
Perché questo è il noir, bellezza, l’amaro resta in bocca e non sarà né una birra ghiacciata né l’ennesimo sorso di torbato o di fugace passione a toglierti il sapore.
Allora anche tu, forse, farai fatica a dormire perché “il mondo intorno” non ti piace più, ma ci sarà un gran romanzo – che puzza e pulsa di vita, che scosta le tende e solleva i tappeti del mondo perbene e illumina le periferie – a farti compagnia. Dimmi se è poco.
A cura di Francesca Mogavero
Giorgio Scerbanenco
Giorgio Scerbanenco (1911-1969), nato a Kiev, cresce a Roma ma ancora adolescente si stabilisce a Milano. Negli anni ’30 approda nell’editoria come collaboratore alla Rizzoli e in seguito come caporedattore dei periodici Mondadori, per tornare in Rizzoli nel dopoguerra come direttore dei periodici femminili. Collabora con i maggiori quotidiani e riviste dell’epoca, tra cui il “Corriere della Sera”, “La Gazzetta del popolo”, “il Resto del Carlino” e “Novella”. Scrittore prolifico, ha sperimentato tutti i generi della narrativa ed è riconosciuto come uno dei maestri del giallo italiano, consacrato dal successo della serie di romanzi con protagonista Duca Lamberti e dall’assegnazione del Grand Prix de littérature policière nel 1968. Tra i suoi libri ricordiamo Venere privata, Traditori di tutti, Milano calibro 9, I milanesi ammazzano al sabato, Ladro contro assassino. Tutta la sua opera è in corso di pubblicazione presso La nave di Teseo.
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