Recensione di Salvatore Argiolas
Autore: Paolo Forcellini
Editore: Marsilio
Genere: Thriller
Pagine: 320
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Venezia è ammutolita. Si è svegliata scoprendo che il suo patriarca è scomparso nel nulla. Fuggito in preda a depressione? Rapito? Le forze dell’ordine indagano, con scarsi frutti. Incaricato dal suo giornale, L’istrice, anche l’inviato Alvise Selvadego si mette in pista. Lo aiuta un’assai seducente giornalista culturale, Gas Maravegia, la cui conoscenza della storia della Serenissima apre squarci illuminanti nel mistero. Odi, amori e piccole vendette tra giornalisti ci introducono pure nel cuore del “quotidiano del Nordest” e in altri arcani minori. Chi si nasconde dietro il massiccio direttore detto il Grizzly? Chi veste i panni del minuscolo editorialista chiamato da tutti Ex? E chi è quel fanatico vaticanista, Nazareno Deogratias, che ogni pomeriggio canta i Vespri in redazione?
RECENSIONE
Venezia è sempre stata una città che ha polarizzato le attenzioni di tantissimi letterati e non si contano i libri ambientati nel capoluogo veneto e quest’anno in cui, secondo il Cronicon Altinate, si celebrano i sedici secoli dalla fondazione non fa certo eccezione e anzi in libreria sono usciti molti libri di grande interesse tra i quali c’è “Vipere a San Marco”, un thriller di Paolo Forcellini che non fa parte della serie del commissario Marco Manente, poliziotto piuttosto sciagurato che fece l’esordio nel romanzo “La tela del doge” del 2013.
Anche non compare il commissario Manente in “Vipere a San Marco” c’è sempre la cifra stilistica di Paolo Forcellini che dona alle sue trame leggerezza e divertimento in una cornice davvero affascinante.
Il protagonista di questo libro è Alvise Salvadego giornalista del quotidiano veneziano “L’istrice” che si occupa di cronaca nera e giudiziaria ed è ben introdotto negli ambienti che contano nella città lagunare.
Quando il patriarca di Venezia Franco Bisato scompare misteriosamente Alvise capisce di poter fare un grande scoop perché conosce il suo assistente personale da cui può avere notizie di prima mano.
Alvise durante l’inchiesta giornalistica coinvolge anche l’amico vice questore Possamai che gli permette di apprendere notizie riservate e di grande importanza per le indagini.
Si pensa a tante cause, anche ad una “fuga psicogena”, stato dissociativo che si accompagna alla perdita della memoria. Ma quando viene trovato il cadavere di uno scafista abusivo si comincia a delineare una pista ben precisa che porta ad un movente criminale decisamente clamoroso.
Sono tanti i punti di forza di questo thriller intriso di ironia, a cominciare dall’ambiente del giornale che Forcellini conosce bene per la sua carriera di giornalista, per continuare con le lusinghe della gastronomia lagunare evocata in tutti i suoi aspetti migliori e ingolosenti ma il tratto più attraente è proprio Venezia che John Ruskin definì
“un fantasma sulle sabbie del mare, così debole, così silenziosa, così spoglia di tutto all’infuori della sua bellezza, che qualche volta quando ammiriamo il suo languido riflesso nella laguna, rimaniamo incerti quale sia la Città e quale l’ombra.”
Forcellini, come negli altri suoi libri ci prende per mano e ci conduce proprio a conoscere sia la Città che la sua ombra, guidandoci per calli, campielli segreti, rami, sottoporteghi, scoprire, da sognare, da ricordare.
Fa da colonna sonora al libro il dialetto veneziano che lo colora di suggestioni di grande impatto perché come dice Massimo Cacciari nell’introduzione, “è il veneziano, la lingua di Venezia il vero protagonista. Con quale grazia essa riemerge dal discorso “normale”, come ancora cerca di resistere anche in quelle sue parole che vanno dimenticandosi”.
Mi sono divertito molto leggendo le avventure di Alvise, tipico nome veneziano, dell’affascinante collega Gaspara Maravegia ,nomen omen, e del vicequestore Possamai che con tenacia e grande fiuto riescono a risolvere un caso molto spinoso ma soprattutto creano un velo di malinconia per l’affetto e il senso d’appartenenza dimostrato per una città che tutti aneliamo di tornare a visitare e che mi ha portato subito a rileggere “La tela del doge” ambientato durante un carnevale innevato e che prende spunto dal furto di un quadro nella magica Scuola Dalmata.
“Le immagini della memoria, una volta fissate con le parole, si cancellano” disse Marco. “Forse Venezia ho paura di perderla tutta in una volta, se ne parlo. O forse, parlando d’altre città, l’ho già perduta a poco a poco.”
DiceMarco Polo ne “Le città invisibili” di Italo Calvino ma non è questo il caso di Paolo Forcellini che scrivendo di Venezia in ogni libro incrementa la voglia di immergersi in questa magia ipnotica.
Paolo Forcellini
veneziano, giornalista, ha lavorato per quotidiani e periodici; in particolare e stato per molti anni a capo dei servizi di economia e interni dell’Espresso, per il quale ha curato fra l’altro la rubrica Riservato. Ha pubblicato saggi e manuali su questioni di politica economica. E autore dei thriller lagunari che hanno per protagonista il poco politicamente corretto commissario Marco Manente.
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