VITE RUBATE
Marco Vichi
Leonardo Gori
Guanda 2023
Narrativa, pag. 176
Sinossi. Marek è disoccupato, ma nella vita ha fatto un po’ di tutto: il camionista, l’idraulico, il giardiniere, il manovale, sempre per una paga da fame. Sua mamma si è spezzata la schiena per fargli prendere il diploma, e a cosa è servito? Forse però ha trovato l’occasione per cambiare vita: ha letto sul giornale che cercano braccianti per raccogliere pomodori nel Sud Italia e non ci pensa due volte, lascia Cracovia per inseguire il sogno di un lavoro sicuro. Non ha idea di quello che troverà. Ad Aleya invece non è mai stato concesso di sognare. In Nigeria ha scoperto presto che la sua bellezza è una condanna, che il suo corpo è un mero strumento di piacere per quegli uomini che la rapiscono e la scaricano come merce sulle coste italiane. Un destino terribile, che un giorno, inaspettatamente, incrocia quello di Marek innescando una scintilla di speranza. Da questo momento in poi, i due innamorati saranno disposti a qualunque sacrificio pur di non far spegnere la loro fiamma. Un romanzo dal ritmo serrato, duro a tratti, che racconta la storia di un amore vero e intenso, e di un difficile riscatto nell’Italia dell’immigrazione e dello sfruttamento.
Recensione di Salvatore Argiolas
Leonardo Gori e Marco Vichi sono due tra i più popolari giallisti italiani e i loro personaggi principali, rispettivamente il capitano dei carabinieri Bruno Arcieri e il commissario Bordelli, hanno indagato spesso nella Firenze del secolo scorso, talvolta anche in collaborazioni occasionali.
In “Vite rubate” invece i due autori affrontano temi di incandescente attualità come l’immigrazione clandestina, lo sfruttamento dei lavoratori stranieri, il traffico di rifiuti inquinanti e in generale lo sconfortante quadro di illegalità diffusa che opprime il nostro Paese.
Come precisato all’inizio del libro “Vite rubate” è stato pubblicato per la prima volta nel 2010 da Einaudi ma è stato profondamente revisionato per questa nuova edizione pubblicata da Guanda ma credo che il tema di fondo non sia cambiato visto che in tredici anni la criminalità organizzata non ha di certo allentato la sua presa su tutti i traffici più sporchi.
“Vite rubate” segue la traiettoria di due stranieri, il polacco Marek e la nigerina Aleya che si incontreranno in Puglia dopo tante traversie e sofferenze per trovare un motivo di speranza e redenzione alla fine di un vero viaggio al termine della notte per entrambi.
Questo non è un giallo o un noir anche se del noir condivide la funzione di far riflettere sull’orrore che regna nei nostri tempi e che conosciamo ma facciamo finta di ignorare.
Quanto leggiamo di 10-20-50 migranti sbarcati sulle spiagge o salvati in mare ci fermiamo soltanto su questo fatto e passiamo ad un’altra notizia ma “Vite rubate” ci immerge in un mondo dove qual numero diventa vita vera e Aleya ha nome, consistenza e densità reale per cui seguiamo le sue tribolazioni in una vita di sottomissione e miseria, sin da piccola in Niger, per poi subire una serie ininterrotta di violenze causate anche dalla sua incredibile bellezza che ne ha fatto un preda per uomini di ogni razza e nazionalità.
Anche Marek pur essendo polacco, non trovando lavoro nel suo Paese, decide di venire in Italia attirato da un’ingannevole e favorevole offerta per raccogliere pomodori nel Sud Italia.
Quello che Marek non sa è che accettando di venire nel Bel Paese diventerà uno schiavo, soggetto alla legge del più forte, senza alcuna tutela, in balia di organizzazioni che non hanno pietà e che lucrano su tutto, spogliando i lavoratori anche del poco denaro guadagnato con estrema fatica.
“Nello stanzone puzzolente di sudore c’era solo una lunga fila di letti a castello, e Marek pensò alla baracche di Birkenau. Letti vuoti, a prima vista. Ma nella penombra cominciarono ad apparire degli occhi e si sentì mormorare qualche bestemmia assonnata in polacco.”
“Marek guardava la campagna immersa nel buio, oppresso dalla tristezza. Poteva ridursi a quello, la vita? Pomodori per sedici ore al giorno, cinque ore di sonno e ricominciare da capo… e non certo per diventare ricchi.”
“Quelli che stavano telefonando facevano smorfie, si lasciavano andare ai lamenti, oppure ascoltavano ammutoliti con una mano sul capo. Era il posto più triste della terra.
Finalmente arrivò il suo turno. La postazione puzzava come una stalla. Il pavimento era ricoperto di pezzi di carta polverosi, di briciole di pane, di fazzoletti appallottolati.”
Da queste righe si capisce quanto dolore e angoscia affronta Marek in particolare, e in generale chi si trova ad accettare un lavoro così pesante. “La schiavitù era stata abolita? Solo a parole, solo e soltanto a parole…” riflette amaramente Marek e ciò che vive sulla sua pelle e quello che vede giustifica ampiamente questa denuncia di un sistema creato per lo sfruttamento dei più poveri.
In questo panorama umano tanto malvagio non si salva nessuno, tutti sono più o meno colpevoli sia nei fatti sia nelle omissioni e anche le vittime diventano carnefici dei compagni per poter guadagnare qualche euro in più e per poter avere un ruolo meno infimo.
Marek e Aleya sono due persone finite in un ingranaggio atroce con le significative differenze ma unite dal percorso intriso di sudore, sangue e dolore che solo l’amore riuscirà ad addolcire ma non a far dimenticare.
“Vite rubate” è un libro duro ma necessario, per comprendere cosa c’è dietro a qualche articolo di giornale che parla di migranti o raccoglitori di pomodori che scioperano per avere un salario più giusto e che fa riflettere alla scarsa se non nulla copertura legale che hanno gli infelici che si trovano in queste degradanti condizioni.
Leonardo Gori e Marco Vichi plasmano una trama tesissima e nervosa che evoca un mondo senza umanità, molto aderente alla realtà, senza fare sconti a nessuno e pone grandi spunti di discussione a chi dovrebbe occuparsi dell’ordine pubblico e dell’ordinata gestione del collocamento dei lavoratori perché anche se si cercano braccia poi arrivano uomini e come tali devono essere trattati.
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Leonardo Gori e Marco Vichi
Leonardo Gori: è uno scrittore italiano, autore del ciclo di romanzi di Bruno Arcieri, capitano dei Carabinieri nell’Italia degli anni Trenta. Il primo romanzo, Nero di maggio, si svolge nella Firenze nel 1938; seguono Il passaggio, La finale, L’angelo del fango (Premio Scerbanenco 2005), Musica nera, Lo specchio nero e Il fiore d’oro, gli ultimi due scritti con Franco Cardini. La serie di romanzi è in corso di riedizione in TEA. Ha scritto anche thriller storici ed è stato co-autore di saggi sul fumetto e forme espressive correlate (illustrazione, cinema, disegno animato).
Marco Vichi: Nato a Firenze, oggi vive nel Chianti. È autore di racconti, testi teatrali e romanzi, tra cui quelli della fortunata serie del commissario Bordelli. Vichi ha scritto anche sceneggiature per la radio (si ricordi Le Cento Lire, trasmissione di Rai Radio Tre dedicata all’arte in carcere). Ha tenuto laboratori di scrittura creativa in varie città e all’Università di Firenze. I suoi romanzi sono stati tradotti in varie lingue; tra questi ricordiamo Il commissario Bordelli (Guanda, 2002), Una brutta faccenda. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda, 2003), Il nuovo venuto. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda, 2004), Il brigante (Guanda, 2006), Nero di luna (Guanda, 2007), Per nessun motivo (Rizzoli, 2008), L’inquilino (Guanda, 2009) Morte a Firenze. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda, 2009), Un tipo tranquillo (Guanda, 2010), La forza del destino (Guanda, 2011), La vendetta (Guanda, 2012), Il contratto (Guanda, 2012), Racconti neri (Guanda, 2013), Fantasmi del passato. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda, 2014); Il bosco delle streghe (Guanda 2017); Nel più bel sogno (Guanda 2017); L’anno dei misteri. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda 2019); Un caso maledetto. Un’avventura del commissario Bordelli (Guanda 2020); Ragazze smarrite. Un’avventura del commissario Bordelli (Guanda 2021). Nel 2009 vince il Premio Scerbanenco con il romanzo Morte a Firenze.