Winday
di Daniela Stallo
Armando Editore 2022
Giallo, pag.248
Sinossi. Taranto, giovedì santo, wind day. Il maestrale investe la fabbrica e sposta le polveri sottili. Lucrezia Saniva, fotografa per passione e commessa in una cartoleria per sbarcare il lunario, vive sola in una casa degli spiriti e dialoga col fantasma del commissario Maigret. A mezzanotte, prima della processione dell’Addolorata, un attentato all’Ilva ferma la città, i riti della Settimana Santa e colpisce alcuni membri della famiglia Volk, simbolo del gruppo siderurgico. Le indagini del dottor Iacovelli, col quale Lucrezia collabora, si indirizzano prima verso il gruppo che negli anni Settanta aveva fallito un attentato all’Italsider, poi verso esponenti di associazioni ambientaliste. Tra rigurgiti di terrorismo, un furto al Museo e un’antica narrazione collettiva, si snodano semplici storie personali sullo sfondo di una città complicata e bellissima.
Recensione Samanta Sitta
Ho iniziato la lettura di “Winday” con moltissima curiosità. L’Ilva è da anni un ospite fisso dei nostri telegiornali e delle vite di quanti abitano a Taranto, benedizione e maledizione allo stesso tempo.
Cosa poteva donarmi un romanzo che riprende il periodo degli attentati, quegli anni Ottanta che hanno mandato a monte (o a mare?) tante certezze degli italiani, e che rende attuale questa piaga?
Qualunque cosa mi aspettassi, “Winday” mi ha spiazzata.
La storia è semplice: la protagonista è Lucrezia Saniva, una cinquantenne disincantata dal notevole talento fotografico, che lavoricchia in una cartoleria in attesa del colpaccio che la renderà una vera fotografa. Lavora a un libro dedicato a Taranto, a quella genuina e vecchia, alla sua storia e al suo patrimonio.
È sola, come la signorina Diana per cui lavora, e divide il suo tempo tra il lavoro, gli incontri con l’amico di sempre, il dottor Rodolfo Iacovelli, e le visite imprevedibili di Maigret.
Eh sì, proprio quel Maigret. Perché la solitudine fa male ed è bene avere qualcuno di intelligente con cui parlare per combattere la noia.
A Taranto è Giovedì Santo e questo significa una sola cosa: la processione dell’Addolorata sta per iniziare, l’evento che decreta l’inizio della Settimana Santa e dei suoi riti implacabili, certezza rassicurante per tutti i tarantini. L’attesa del grande evento viene fermata dall’esplosione all’Ilva che, complice il forte vento di maestrale, riempie la città di polveri pericolose. I Volk, la famiglia proprietaria dell’industria, rimane uccisa.
Mentre la città pensa di essere stata vittima del terrorismo internazionale, l’Isis o qualche nome noto, un secondo attentato colpisce il Museo cittadino. Qui la faccenda è ancora più misteriosa: gli Ori, vanto del Museo e della città, reperti di inestimabile valore artistico e monetario, scompaiono.
Lucrezia e Rodolfo, con i silenziosi ma utili suggerimenti di Maigret, indagano tra molte difficoltà: non ci sono testimoni né prove, sembra impossibile scovare il colpevole.
I colpi di scena che portano all’individuazione del responsabile per me sono stati una piacevole sorpresa: si incastrano nella vicenda in modo credibile, inaspettato ma plausibile. Per il lettore abituato a gialli più tradizionali, “Winday” potrebbe sorprendere anche per altri aspetti.
Partiamo dallo stile: la penna di Daniela Stallo è davvero, davvero peculiare. La narrazione in prima persona sembra seguire in alcune pagine le regole tradizionali dell’espressione e della narrativa, poi, quando ci ha illusi di avere terreno solido e ben noto sotto i piedi, cambia tutto. Un colpo di maestrale, anche qui, o una mareggiata invernale che spazza via e lascia disorientati. Smette di segnalare i dialoghi, mescola parlato e narrazione come tarallucci e vino, crea un’amalgama di parole di cui intuisci le componenti, ma di cui è impossibile discernere perfettamente le parti, tanto sono armonizzate tra loro. È una modalità espressiva che non avrei mai immaginato in un giallo ma, complice la narrazione in prima persona, sa essere coinvolgente se superiamo il primo impatto.
Di tanto in tanto, compaiono dei paragrafi a prima vista incomprensibili, in cui leggiamo parole, cui segue il loro significato, quasi fossero trascritte pari pari dal dizionario, citazioni della Bibbia o di personaggi storici, ma anche riferimenti alla produzione casalinga di ordigni e altri frasi prive di contesto.
Lì per lì, ho letto senza capire, mi sono sentita sfidata da “Winday”: tu romanzo non mi spieghi cosa vuoi comunicarmi? Bene! Lo scoprirò io!
Sono arrivata a una mia risposta possibile: sono le voci dei tarantini, anzi, la voce di Taranto stessa. Come sarebbe il poter udire le voci di ogni abitante della città in un qualunque momento, i dialoghi e le emozioni assorbite da strade e mattoni nei secoli? Sicuramente così, mi sono risposta.
Nel corso della lettura, scopriamo la verità. È un espediente che mi ha sorpresa, ma che trovo arguto, una volta che ho compreso la sua effettiva natura.
Un’altra grossa sorpresa riguarda la struttura della storia. La storia ruota intorno all’attentato, quindi si suppone che la protagonista indaghi su questo crimine e gli dedichi tutte le sue energie, no?
Circa. Lucrezia è sicuramente la protagonista umana della vicenda, ma “Winday” ha una co- protagonista ancora più interessante: Taranto. I passaggi dedicati alla città, alla sua anima, alla malattia di fuga e ritorno con cui infetta i suoi figli, al bisogno del mare che trasmette e alle caratteristiche che costringe i suoi abitanti a sviluppare, sono pagine piene di amore disincantato, a volte aspro e cinico, a volte più commosso, ma innegabilmente amore.
Ci sono momenti in cui la narrazione è dedicata unicamente alla città e in cui l’attentato passa in secondo piano. Lucrezia ci racconta questa città, unica con parole che mi hanno colpita, intense e sofferte come chi vive sulla propria pelle un continuo contrasto di amore e odio. Riporta una piccola citazione che riguarda Taranto per rendere l’idea della presenza fortissima della città:
“Lo so che è lei a perseguitarmi, non c’è verso. Certe volte lascia che perda la testa dietro un desiderio, altre volte si distrae, le sono sfuggita o ha allentato la presa, lascia che mi goda la nuova amica. Una volta innamorata, aspetta che io torni, nulla regge il confronto, l’amore della vita è uno, maledetto, cattivo, unico male che mi chiuderà gli occhi.
Una carogna così è capace di qualunque nefandezza.”
“Winday” non è un romanzo immediato. Per chi cerca un momento di distrazione, potrebbe essere la scelta sbagliata: richiede concentrazione, soprattutto per lo stile incredibilmente discorsivo, quasi un flusso di coscienza che coinvolge tutta la parte di città che circonda Lucrezia. Non è un testo da affrontare con troppa leggerezza.
Penso che sia un’ottima lettura per chi, come me, ama sentirsi sfidato da un romanzo. Il lettore che vuole essere messo alla prova, che vuole scoprire forme inconsuete e approcci insoliti, qui troverà pagine capaci di appagarlo.
Il finale è una sorpresa non da poco: ci ricorda con amara dolcezza che ogni fatto, anche il più eclatante, è sempre un fatto di uomini. Anche gli eventi più grandi nascono dal piccolo e la grandezza influenza il piccolo in un movimento infinito, che a volte crea mulinelli distruttivi.
“Tutto è come il vento, in questa città. Va e viene, non si trasferisce, va e torna, non si allontana mai definitivamente. Niente si sposta, ma resta in un altrove raggiungibile, si imbosca, sfuma, esce quando meno te lo aspetti.”
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Daniela Stallo
È nata a Taranto nel 1966. Giornalista pubblicista, ha collaborato sin da giovanissima con quotidiani locali, occupandosi di questioni politico-amministrative, di cultura e tradizioni. Ha pubblicato con Le Brumaie una raccolta di racconti, La città sul mare (2011) e il romanzo Bruciati vivi con ArKadia Editore (2021). Vive attualmente a Pisa, dove insegna Diritto nelle scuole secondarie superiori.