A cura
dell’autrice Kate Ducci
Il ciclo della nostra rubrica dedicato alle opere di Ann Rule si chiude con questo romanzo, che ha di nuovo come protagonista una donna in una veste inedita. Non si tratta dell’ennesima vittima, incapace di difendersi dalle pretese di un uomo possessivo e violento, bensì di un’affascinante ragazza di successo, ricca, indipendente, con due splendidi figli e una carriera di fotografa, scrittrice e sceneggiatrice, che l’avrebbe potuta condurre ovunque avesse voluto. E Liysa era arrivata ovunque, infatti, ma non le bastava conquistare cosa e chi desiderasse. Voleva il diritto di decidere anche come e quando liberarsi di coloro che non le erano più necessari.
Un amore avvelenato
Autore: Ann Rule
Traduttore: R. Scarabelli
Editore: Longanesi
Collana: Il Cammeo
Pagine: 368
Data pubblicazione: 01 Giugno 2005
È il 9 ottobre 2000, quando in un campeggio dell’Oregon, vicino a un torrente, viene ritrovato il cadavere di un uomo, chiuso in un sacco a pelo. Dalle prime indagini, risulta che la vittima sia Chris Northon, un giovane pilota civile che viveva tra l’Oregon e le Hawaii. Sua moglie Liysa, nota fotografa e aspirante scrittrice, confessa di avergli sparato nel tentativo di sfuggire all’ennesimo episodio di violenza da parte di un marito aggressivo, dedito all’alcol e alla droga. Ma sia la famiglia di Chris sia i suoi amici si rifiutano di credere che il bravo ragazzo che loro ricordano possa essere il mostro descritto da Liysa. Inoltre, troppe cose non tornano e troppe sono le coincidenze fra la dinamica della morte di Chris e gli scritti della moglie. Ma allora chi è davvero questa donna tanto affascinante quanto ambigua? Una tragica vittima della violenza domestica? O un’abile manipolatrice? Oppure una persona gravemente malata, incapace di distinguere la realtà dalla fantasia? Per la giustizia si tratta di un caso assai complesso, che sembra non avere soluzioni, sino a quando nuove e drammatiche prove, emerse inaspettatamente, imprimono una svolta decisiva all’intera vicenda.
Real stories
Liysa Ann DeWitt Moran Mattson Northon a trentotto anni aveva già vissuto un’esistenza straordinaria.
Il mattino del 9 ottobre 2000, mentre fuggiva da un campeggio isolato, a bordo del suo fuoristrada e in compagnia del figlio più piccolo, aveva alle spalle tre matrimoni con uomini di successo, due figli, nonché una carriera che le avrebbe comunque permesso una vita agiatissima.
Eppure la sua vita non era sempre stata tutta rose e fiori. Donna molto bella, aveva un passato da ragazza carina ma non troppo popolare al college e, stando ai suoi racconti, un’adolescenza difficile, in una casa in cui era stata ripetutamente vittima di violenze da parte del padre e ignorata da una madre assente ed egoista.
Quando gli investigatori dovranno far luce sull’accaduto e chiarire cosa si avvenuto nelle ore antecedenti all’omicidio di Chris Northon e in quelle immediatamente successive, si troveranno però davanti a qualcosa di ben più complicato.
I fatti appena avvenuti, le cui dinamiche sembrano fare pensare all’ennesimo caso di legittima difesa, presentano meno punti oscuri rispetto a quelli che rendono nebuloso il passato di Liysa. Interi anni della sua vita, da lei descritti nei minimi particolari ai suoi numerosi amici, sono avvolti dal mistero e i racconti sono spesso diversi e privi di punti in comune. Inoltre, le violenze subite, a cui Liysa aveva fatto spesso riferimento (a opera del padre, di un datore di lavoro, ecc.) sembrano non essere mai avvenute, ma essere così ben delineate nella memoria della donna da renderla probabilmente sicura di avere raccontato la verità e che quei fatti siano davvero accaduti.
In una lotta contro il tempo per potere presentare tutte le prove necessarie al processo che sta per iniziare, gli investigatori si troveranno a inseguire il passato di una donna che ne ha fornite decine di versioni diverse. Addirittura, alcune persone da lei descritte a chiunque l’avesse conosciuta come fondamentali nella sua esistenza, non sono mai esistite, o si sono rivelate figure marginali nella vita di una ragazza incapace di prendersi una pausa, di non essere sempre impegnata a rincorrere un progetto o una nuova destinazione.
Chi era davvero Liysa Northon prima di assassinare il marito?
Rispondere a questo interrogativo sarà fondamentale per comprendere cosa sia veramente accaduto in quel campeggio isolato e se Chris, pilota di aerei dalla carriera in continua ascesa, padre amorevole e figlio modello, fosse l’uomo violento e alcolizzato descritto da sua moglie mentre stava forse preparando il terreno per mettere in scena il delitto perfetto.
Liysa aveva davvero subito violenze domestiche?
Davvero Chris aveva minacciato di uccidere lei e i suoi bambini?
E le persone a cui aveva riferito racconti dettagliati delle percosse subite, ne avevano mai visto i segni sul suo corpo?
Mentre gli investigatori si spostano da una parte all’altra degli Stati Uniti per ricostruire il passato di Liysa e imparare a conoscere una donna del tutto diversa da quella che si erano trovati davanti, emergono sempre nuove prove, talmente sconvolgenti da stentare a ritenerle vere.
Nei mesi antecedenti alla morte di suo marito, Liysa aveva denunciato la scomparsa dei suoi PC, con i salvataggi delle sceneggiature a cui stava lavorando e i progetti di scrittura. Ma uno di quei PC si trovava in realtà presso l’abitazione di un’amica e, anche se Liysa pensava di averne fatto scomparire il contenuto, i tecnici informatici della polizia sono riusciti a recuperare la maggior parte dei file.
Se non è stato possibile ricostruire la vita di Liysa, quel PC conteneva un riassunto perfetto e terrificante dei suoi pensieri, quelli di una donna forse incapace di distinguere realtà e fantasia, di segnare un confine tra i suoi diritti e quelli altrui, una donna impossibilitata ad accettare un ‘No’ come risposta, che le venisse detto da un uomo o dalla vita stessa.
Liysa era un’abilissima manipolatrice, lo era stata con gli uomini che aveva incontrato e da cui aveva ottenuto tutto ciò che voleva, lo era stata con i figli che la ritenevano la madre perfetta, lo era stata con i propri familiari che le credevano senza ombra di dubbio, ed era quasi riuscita a esserlo anche con gli investigatori.
Persino dal carcere, in cui era stata rinchiusa in attesa di processo, aveva continuato a tessere la sua tela in cui tenere imprigionati parenti e amici, delegando loro compiti ai limiti della legalità e la cura dei propri figli, che tentava con crudele accanimento di tenere lontani dai nonni paterni. Se il primo figlio, avuto dal secondo matrimonio, aveva ancora un padre con cui potere vivere, il secondo, di soli quattro anni, non aveva più nessuno: sua madre si trovava in carcere, suo fratello altrove, il suo adorato padre era morto. Nonostante ciò, Liysa poneva i propri capricci e immotivati desideri di vendetta davanti a qualunque altra cosa.
Il processo, che subirà numerose interruzioni per potere mettere insieme le prove che continuano a emergere, la vedrà comunque condannata per l’omicidio volontario di Chris Northon, lasciando Liysa rabbiosa e delusa: per la prima volta nella sua vita, le cose non sono andate come aveva desiderato e per lei, che era abituata a vedere coincidere i fatti con la propria volontà, non c’era boccone più amaro da dovere digerire.
«Quasi tutti i libri per i quali ho condotto delle ricerche avevano un inizio, uno sviluppo centrale e una fine che erano scontati fin dal principio. Quando l’imputato veniva processato, la sua colpevolezza sembrava già ampiamente stabilita. C’erano pochi dubbi che una morte improvvisa potesse essere stata causata da un incidente o forse un suicidio. Non esistevano particolari misteri intorno alla domanda: Chi è stato?
Sebbene nell’aula ci fossero sempre dei familiari a lui fedeli, la maggioranza dei testimoni deponeva contro l’imputato. In ‘Un amore avvelenato’, invece, sono incappata in un tiro alla fune dove decine di persone parteggiavano per la vittima e altrettante si battevano con strenua lealtà per l’imputata. Fino a oggi, quasi tutte queste dichiarazioni di fedeltà sono rimaste inalterate. Inizialmente ero sconcertata dal fatto che qualcuno potesse giudicare la vittima così piena di difetti e l’imputata così angelica. Pochi esseri umani sono del tutto buoni o cattivi. L’unico modo per riuscire a superare l’impasse è stato mostrare entrambi questi aspetti nel modo più chiaro possibile.
Così, alla fine, la verità ha cominciato a emergere da un pantano di dichiarazioni.
Ho notato che le lettere anonime che ricevevo erano di coloro che lodavano l’imputata. Non rivelavano il loro nome né quale rapporto avessero con lei. D’altro canto, gli amici della vittima erano pronti a farsi avanti dichiarando il proprio nome e in che modo erano coinvolti nel caso.
È difficile dare fiducia a chi si nasconde dietro l’ombra dell’anonimato. “Ha assistito di persona a questo fatto? Allora come fa a sapere che cosa è successo?” incalzavo io. “Lo so e basta” rispondevano tutti, o perché ne erano assolutamente convinti, oppure perché erano stati affascinati, ammaliati e manipolati da una personalità tanto brillante e carismatica quanto malata e antisociale.»
Ann Rule
Le difficoltà confessate dall’autrice nella stesura del romanzo sono le stesse incontrate dal lettore mentre ne affronta le pagine. Non facciamo fatica a credere che una donna possa avere ucciso per futili motivi il proprio consorte, la cronaca ci ha abituati a questo e altro, ma che qualcuno possa avere un rapporto così spaventosamente distorto con la realtà, riuscendo comunque ad apparire una persona equilibrata e un’ottima madre, ad affascinare e sposare uomini belli e di successo, a costruirsi un’intera esistenza che poggia gran parte delle proprie basi sulla fantasia.
Chi è davvero Liysa Northon?
Quale passato ha alle spalle?
Quali sono i suoi reali desideri?
Mentre il processo fa chiarezza sulla colpevolezza dell’imputata, tornata in libertà nel 2014 dopo avere scontato la propria pena, questi interrogativi restano sospesi, creando un’inquietudine reale, che non resta ancorata a un romanzo ma si sposta nell’ambito della nostra esistenza.
Liysa Northon non ha perso le proprie doti di ammaliatrice. In carcere, è riuscita a conquistare il giornalista d’inchiesta che doveva scrivere un pezzo sulla sua storia e che è il suo attuale marito. Adesso è libera di frequentare i propri figli e di andare ovunque voglia, raccontare ciò che vuole, pianificare un futuro a cui non permettere di seguire binari diversi da quelli previsti dalla sua fantasia.
Come Ann Rule ci fa notare, questo pensiero fa più paura di qualsiasi ottimo thriller che è solo frutto della penna di un abile scrittore.
A cura di
Kate Ducci (Radix)
Kate Ducci (Radix) è autrice dei thriller “Le conseguenze” “Le apparenze” e “Le identità” e dell’antologia “La verità è una bugia”, una raccolta di quattro racconti di generi che spaziano dal thriller al fantastico.