Il cane che avrebbe dovuto chiamarsi Fido
Recensione di Laura Salvadori
Autore: Antonio Falco
Editore: Il Ciliegio
Genere: thriller
Pagine: 205
Anno di Pubblicazione: 2017
SINOSSI. Torino, un Natale povero di neve. Riccardo Martini è pensionato per la seconda volta: dopo avere lasciato il lavoro si è occupato del nipote che però ha ormai raggiunto l’età dell’autonomia, pertanto anche questa seconda attività non ha più motivo di esistere. È vedovo, ha pochi amici e le sue giornate sono sostanzialmente vuote. Non è un tipo che piange su se stesso, si sente ancora in forma anche se non sa in che direzione orientare le sue energie e la sua voglia di vivere. Il fulmineo attaccamento a un cane che inaspettatamente compare nella sua vita, così come il piacere di giocare con lui in parchi inondati di sole invernale, fanno comprendere quanto l’uomo fosse in verità solo con se stesso. Su questa relazione uomo-animale, infatti, si riflette la condizione di solitudine del protagonista, la sua forzata inattività che, nel corso delle vicende narrate, lo porterà a compiere delle scelte “investigative” rischiose per la sua incolumità. Il protagonista, infatti, un po’ casualmente e un po’ per curiosità e affetto per la bestiola, si troverà al centro di una rete di misteriose scomparse, che lo porteranno a vivere emozioni e peripezie fino ad allora non provate nella sua ordinaria vita da impiegato. La narrazione inizia in maniera ironica per tingersi via via di giallo, fino ad assumere i toni di un thriller.
RECENSIONE
Ecco un piacevole romanzo; ben scritto, scorrevole, adatto a tutte le età!
L’autore, alla prima esperienza editoriale, ha il dono di saper unire la semplicità con l’originalità e quello, ancora più apprezzabile, di aver dato vita a una trama scorrevole e realistica, animata da personaggi che sembrano usciti dalla porta accanto.
Il risultato è un romanzo che si legge senza alcuno sforzo e che riesce comunque a incuriosire quanto basta. Mai banale, mai scontato, con un finale che non ti aspetti.
L’ambientazione, realistica e italianissima, ci fa pure lo sconto sullo sforzo di immaginare i personaggi sullo sfondo della splendida città di Torino.
Queste belle caratteristiche rendono il romanzo fruibile anche da un pubblico giovane; secondo me è proprio adatto ai ragazzi! La giusta introduzione al mondo del thriller con una modalità soft, senza forzature o descrizioni forti e in assenza di suggestioni a tinte troppo marcate.
Quest’ultima caratteristica non è facile da ottenere senza cadere nella noia!
Detto questo posso aggiungere che il protagonista è un nonno con la enne maiuscola: dolce, rassicurante, simpatico, ironico e forte, circondato da personaggi anch’essi molto realistici.
Un nonno che si troverà nel bel mezzo di un enigma che vorrà risolvere a costo di correre dei rischi. Co-protagonista e anche causa involontaria di tutto l’enigma è un cane di cui non possiamo non innamorarci. E diciamolo, il connubio anziano più cane è irresistibile per chiunque!
Insomma, quella che inizia come una storia ironica e autoironica diventa piano piano una storia piena di mistero. E anche quando ci scapperà il morto, il romanzo non perderà mai le sue tinte pastello e non rinuncerà a mostrare i contorni spesso malinconici della vita dei nostri anziani, sempre più soli e condannati alla ricerca di surrogati dell’amore e dell’attenzione.
Antonio Falco, dunque, è agilmente promosso per aver saputo fondere sentimenti e suspense e per aver intessuto una storia piena di dolcezza, seppure con l’intento di raccontare crimini e criminali.
Antonio Falco
È nato a Torino nel 1973, dove vive. Laureato in Scienze dell’Educazione, lavora come informatico presso l’Università degli Studi di Torino. Fin da piccolo ha maturato, tuttavia, la passione per la lettura, che lo ha portato, poi, a scrivere. Antonio, dopo il suo romanzo d’esordio Il cane che avrebbe dovuto chiamarsi Fido, ha scritto un secondo romanzo che uscirà a maggio sempre per la casa editrice Il Ciliegio.