Recensione di Laura Piva
Autore: Arnaldur Indriðason
Traduttore: A. Storti
Genere: poliziesco/noir
Editore: Guanda
Pagine: 336
Anno: 2017
Nel 1941, in piena Seconda guerra mondiale, la neutrale Islanda è appena passata dall’occupazione inglese a quella americana. I militari non hanno grande considerazione degli «indigeni» e la tensione è palpabile, anche a causa delle relazioni ambigue che si stabiliscono tra i soldati e le ragazze del posto, che inseguono l’illusione di una vita migliore. In questo clima teso viene ritrovato in un appartamento di Reykjavík il cadavere di un uomo, un commesso viaggiatore dalla vita irreprensibile. È stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca. E il proiettile in questione è americano. Sulla sua fronte l’assassino ha tracciato con il sangue una svastica. Quel simbolo sembra acquisire un senso quando si scopre di più sul proprietario dell’appartamento, un certo Felix Lunden, figlio di un medico filonazista di origini tedesche. L’omicidio è legato a una vendetta politica? A condurre le indagini è Flóvent, l’unico agente rimasto a presidiare la polizia locale dopo lo scoppio della guerra, ancora alle prime armi ma pieno di buona volontà. Viste le delicate implicazioni del caso, le autorità gli affiancano un agente della polizia militare, il giovanissimo Thorson, un canadese che non rinnega le sue origini islandesi. I due formano inaspettatamente un’affiatata coppia di investigatori, che dovrà muoversi con cautela nella città presidiata dalle truppe di occupazione, senza scartare nessuna pista.
Con questo libro la penna poetica ed evocativa di Arnaldur Indriðason riprende il filone narrativo inaugurato con Una traccia nel buio e ci conduce nuovamente nell’Islanda degli anni ’40. Questo romanzo compie un ulteriore passo indietro nel tempo e ci riporta all’inizio del sodalizio umano e professionale tra i poliziotti Flovent e Thorson, protagonisti di questa serie.
Nonostante i ritmi lenti che caratterizzano la narrazione e l’evoluzione del plot, l’assenza totale di pathos e di scene violente, la prosa è molto scorrevole e accattivante. Come in tutti i romanzi di questo autore, l’indagine poliziesca viene raccontata in modo molto realistico e progredisce a piccoli passi, fino alla – non scontata- risoluzione del caso. Anche i personaggi si disvelano poco a poco, facendo emergere tra le righe i loro lati oscuri, il loro passato e i loro turbamenti.
Gli sterminati panorami rurali dell’Islanda e la popolosa Reykjavik, non sono solo uno scenario statico, bensì diventano parte integrante della vicenda e ci offrono un affresco dell’epoca della Seconda Guerra Mondiale visto da una prospettiva decisamente insolita per noi europei continentali. Una guerra vissuta lontano dal fronte e di cui arrivano solo echi lontani.
Il nazismo, le teorie razziali basate sulla ricerca di una razza ariana discendente dalla valorosa stirpe vichinga e le ricerche antropologiche di alcuni medici tedeschi del Terzo Reich basate sulla fisiognomica lombrosiana irrompono nella narrazione e si sgretolano immediatamente a contatto con la realtà islandese di quegli anni.
“(…) I nazisti sono convinti che in Islanda si trovi la più pura razza ariana.
(…) Hanno studiato a fondo la nostra letteratura medievale. Sai che delusione, quando Garlach si è accorto che siamo solo poveri contadini, e che il temperamento vichingo è morto e sepolto.”
Interessante anche la descrizione dell’impatto dell’occupazione militare da parte di contingenti di truppe inglesi e americane sulla chiusa società Islandese e la conseguente formazione di fenomeni sociologici peculiari come quello chiamato “La Situazione”, che vedeva le giovani islandesi buttarsi tra le braccia dei soldati alleati desiderose di lasciarsi alle spalle una vita di stenti.
I libri di Indriðason sono tutti piccoli capolavori. Hanno una cifra stilistica unica e sono difficilmente ascrivibili ad un genere preciso, dato che si collocano in un limbo intermedio tra il giallo, il noir e romanzo storico. Personalmente, pur reputando bellissimi anche i romanzi aventi per protagonista Erlendur, preferisco di gran lunga la produzione più recente dell’autore, incentrata sui personaggi di Flovent e Thorson, in cui emerge un ritratto nostalgico e d’antan dell’Islanda più vera.
Arnaldur Indriðason
Arnaldur Indriðason è nato nel 1961 a Reykjavík, dove ha sempre vissuto. Si è dedicato alla scrittura, sia di romanzi sia di sceneggiature, dopo aver lavorato come giornalista e critico cinematografico per la maggior testata islandese, il Morgunblaðið. Tradotto in quaranta lingue, nel corso della sua ventennale carriera di scrittore ha vinto numerosi premi, fra cui due Glasnyckeln e un Gold Dagger. Guanda ha pubblicato tutti i suoi romanzi: Sotto la città, La signora in verde, La voce, Un corpo nel lago, Un grande gelo, Un caso archiviato (inserito dal Publishers Weekly nella lista dei dieci migliori gialli di tutti i tempi), Un doppio sospetto, Cielo nero, Le abitudini delle volpi, Sfida cruciale, Le notti di Reykjavík, Una traccia nel buio, Un delitto da dimenticare, Il commesso viaggiatore e La ragazza della nave.
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