David Trueba
Traduttore: Marco Ottaiano
Editore: Voland Edizioni
Genere: Autobiografico
Pagine: 216
Anno edizione: 2025

Sinossi. Tre scritti che raccontano la formazione affettiva e professionale di David Trueba, e forniscono una suggestiva mappa di orientamento all’interno della sua scrittura. “Il mio ’69” – ancora inedito in Spagna – e “Guadagnarsi da vivere” si intrecciano e rievocano la vita dell’autore a cominciare dai nove mesi della “sua” gestazione nell’anno dello sbarco sulla Luna e dello scioglimento dei Beatles. C’è poi la sua infanzia nella famiglia numerosa, l’ingresso tardivo a scuola, le prime letture, l’influenza dei sette fratelli maggiori, i primi passi nel mondo del cinema, la resistenza del padre ad accettare la sua vocazione artistica, la scelta di trasformare le proprie passioni in una professione. L’ultimo testo, “La tirannia senza tiranni”, più teorico dei precedenti, si interroga sulla nostra società moderna, pericolosamente individualista e sempre più estranea all’interesse collettivo.
Recensione
di
Sabrina Russo
“Nel corridoio di casa mia, in un giorno qualunque della settimana, si incrociavano quattro generazioni di spagnoli. Da mio padre, nato nel 1916, fino al più piccolo, nato alla fine del 1969”
David Rodríguez Trueba (Madrid 1969) ci prende per mano e ci conduce tra le mura della casa che lo ha visto, ultimo di otto figli, nascere e crescere tra le braccia, l’affetto e l’accoglienza della sua numerosa famiglia.
La madre, una donna responsabile, tenace, instancabile, emotiva ma, al contempo determinata, pronta ad accogliere, a quella che è una tavola già pullulante di persone, amici, parenti, visitatori occasionali o bisognosi.
“Mia madre aveva scelto di andare con sua madre. Un primo segno della lealtà che ha sempre contraddistinto la sua vita. Fedeltà perfino contro i suoi stessi interessi”
Il padre, un uomo rappresentato sulla tessera della Falange da un volto bello, duro, determinato, le labbra sottili come unico particolare a tradirne la sensibilità, molto provato dagli accadimenti al fronte. Calmo, riservato, fatalista, poco incline a lasciarsi il passato alle spalle, adattarsi all’incedere del tempo che prevede emancipazione, modernità, cambiamento.
“Il conflitto violento non porta altro che calamità e morte e il primo a essere sconfitto è colui che persegue la giustizia”
Solo i loro ultimi anni di vita saranno caratterizzati da una lodevole indipendenza personale, che per l’autore va di pari passo con la società che lo circonda e che lentamente comincia a scuotersi da una silente sottomissione, aprendosi a nuovi orizzonti.
Pagina dopo pagina, ci troviamo a respirare l’allegria, il movimento, i rumori, l’inclusione che rappresentano la famiglia Trueba. I grandi che si prendono cura dei più piccoli, vestiti che passano di figlio in figlio, esperienze condivise, tabù sdoganati dai fratelli maggiori, conflitti e gioie ma, soprattutto, la dedizione di una madre scevra di fatica, infinitamente motivata dall’amore per la sua famiglia.
Riviviamo con l’autore i fatti più importanti che hanno contraddistinto l’anno della sua nascita, il ’69. Lo sbarco sulla luna, il festival musicale di Woodstock, il declino e l’epilogo dei Beatles, la presidenza di Richard Nixon e molti altri fatti, canzoni, pellicole, successi sportivi significativi, oltre ai cambiamenti socioculturali che sono alla base di quegli anni e che per l’autore sono il preludio ad un tanto agognato cambiamento.
Esploriamo la sua adolescenza, costernata dalle prime letture, l’inclinazione artistica, l’influenza dei fratelli maggiori, l’amore per il cinema e la difficoltà a far sì che il padre la accetti e, infine, la scelta di trasformare le proprie passioni in una professione.
Siamo catturati, pagina dopo pagina, dalle parole dell’autore che si addentrano nel memoir della sua infanzia e adolescenza, in concomitanza con l’entità di una nazione, la Spagna, che si evolve con una lentezza disarmante se paragonata alle realtà che la circondano, più moderne e frenetiche, che bussano per poter entrare in un paese ancora non propriamente pronto ad accoglierle, poiché in continua transizione.
Saggiamo il suo punto di vista- a volte sostenuto da una nota polemica e una malcelata ironia- su una società che “potrebbe essere, ma non è”, momenti di riflessione per il lettore, un campanello d’allarme sulle conseguenze del sempre più incalzante individualismo, sul domandarsi e riflettere su chi sono, in realtà, i veri tiranni.
Ho molto amato questa lettura, grazie alla quale ho avuto la possibilità di conoscere e apprezzare un professionista poliedrico quale si è dimostrato essere David Trueba, che magistralmente spazia tra cinema, teatro, giornalismo e scrittura, oltre alla possibilità di addentrarmi, non senza permesso ovviamente, in quella che è stata una parte importante della sua vita tra le mura del focolare domestico, mostrando al lettore l’essere umano oltre l’artista.
Infine, excursus degno di nota la postfazione di Marco Ottaiano.
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David Trueba
Regista, sceneggiatore, scrittore e giornalista, è nato a Madrid nel 1969. Ha esordito in narrativa nel 1995 con Aperto tutta la notte, a cui hanno fatto seguito Quattro amici (1999), Saper perdere (2008) – con il quale ha vinto il Premio de la Crítica in Spagna – Blitz (2015), La canzone del ritorno (2017) e Cari bambini (2021). Con il film La vita è facile ad occhi chiusi nel 2014 si è aggiudicato sei premi Goya. Nell’aprile del 2024 ha debuttato anche a teatro con la sua prima pièce dal titolo Los guapos. I suoi libri sono tradotti in più di dieci lingue.
A cura di Sabrina Russo
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