di Stephanie Mailer
Recensione di Sabrina De Bastiani
Autore: Joël Dicker
Traduttore: V. Vega
Editore: La nave di Teseo
Collana: Oceani noir
Genere: Noir
Pagine: 640
Anno di pubblicazione: 2018
SINOSSI. 30 luglio 1994. La cittadina di Orphea, stato di New York, si prepara a inaugurare la prima edizione del locale festival teatrale, quando un terribile omicidio sconvolge l’intera comunità: il sindaco viene ucciso in casa insieme a sua moglie e suo figlio. Nei pressi viene ritrovato anche il cadavere di una ragazza, Meghan, uscita di casa per fare jogging. Il caso viene affidato e risolto da due giovani, promettenti, ambiziosi agenti, giunti per primi sulla scena del crimine: Jesse Rosenberg e Derek Scott.
23 giugno 2014. Jesse Rosenberg, ora capitano di polizia, a una settimana dalla pensione viene avvicinato da una giornalista, Stephanie Mailer, la quale gli annuncia che il caso del 1994 non è stato risolto, che la persona a suo tempo incriminata è innocente. Ma la donna non ha il tempo per fornire le prove, perché pochi giorni dopo viene denunciata la sua scomparsa.
Che cosa è successo a Stephanie Mailer? Che cosa aveva scoperto? Se Jesse e Derek si sono sbagliati sul colpevole vent’anni prima, chi è l’autore di quegli omicidi? E cosa è davvero successo la sera del 30 luglio 1994 a Orphea? Derek, Jesse e una nuova collega, la vicecomandante Anna Kanner, dovranno riaprire l’indagine, immergersi nei fantasmi di Orphea. E anche nei propri.
RECENSIONE
Voglio scrivere, ma non posso scrivere. Chi sono?
Gli interrogativi come questo, che Monsieur Joël Dicker dissemina tra le sue pagine, sono di quel tipo che ti invischia, si insinua sotto la pelle, si fa strada nei pensieri e li convoglia lì, in quelle righe.
La scomparsa di Stephanie Mailer non fa eccezione a questa dinamica, anzi, porta la peculiare cifra dell’Autore al suo livello, a oggi, più alto.
E succede che, leggendo, ci si senta parte attiva in una corsa tesa e adrenalinica, alla scoperta, a rotta di collo, di tasselli e verità occultate.
E succede che, leggendo, ci si domandi se si può a tal punto calarsi e immedesimarsi nel racconto di fatti occorsi in una località degli Hamptons, Orphea, a cavallo di due piani temporali, il 1994 e il 2014; avvenimenti all’apparenza totalmente incongrui e distanti, ma che troveranno una spiegazione di una logica stupefacente e disarmante.
Non solo si può, anzi, nei romanzi di Dicker, l’unica cosa impossibile è evitare, anche volendo, che ciò accada.
L’incontro con quella Stephanie Mailer mi aveva scosso: riuscivo a pensare solo (…) alla frase che mi aveva detto: “La risposta è sotto ai suoi occhi…Solo che non l’ha vista.”
New York 2014, può Jesse Rosenberg, al netto della sua fama di aver risolto tutti i casi criminali su cui ha indagato, trascorrere i pochi giorni che lo separano dalla pensione riordinando la scrivania e facendo passare le ore senza farsi condizionare dalle parole della giornalista Stephanie Mailer, che rimette in discussione la soluzione di quel caso del 1994, dicendo di averne le prove?
No, non può. Meno che mai quando, pochi giorni dopo il loro incontro, Stephanie Mailer scompare.
Si riaprono i giochi, si riforma il duo Rosenberg-Scott che, in collaborazione con la polizia locale, in particolare di Anna Kanner, vicecomandante della polizia di Orphea, ripercorre, attraverso la rilettura degli indizi e le nuove conversazioni con i testimoni dell’epoca, gli eventi del 1994, scatenando ripercussioni drammatiche nel presente.
Ci si trova così avvinti dal meccanismo giallo, dai segreti che via via emergono, da accorgersi solo a fine lettura di quanto l’indagine di Dicker sia stata più sui caratteri dei personaggi che sul crimine in sé. Come e quanto abbiano pesato, nell’economia della storia, una serie di fattori, di inciampi, di azioni e reazioni non strettamente legate al crimine, ma che pure quel crimine lo hanno, in qualche modo, determinato.
“(…) la questione non è tanto scoprire cosa rivelerà questo spettacolo, quanto sapere cosa nasconde.”
Lo spettacolo, infatti, non è solo quello che sarà rappresentato nella nuova edizione in corso del Festival di Orphea, ma anche e prepotentemente, quello messo in atto dai personaggi con le loro vite, in una commedia umana che poco ha di commedia e tanto di compromessi e scheletri nascosti
“(…) E’ solo la porta di un teatro: potrebbe avermela aperta chiunque.”
Alice si affrettò a correggerlo: “Questa è la porta dell’Inferno.
Ecco che il talento di Dicker è quello di maneggiare una materia e una storia intricata e su più piani, solo in ultimo quello temporale, calamitando l’attenzione su un enigma giallo che agisce come collante a presa rapida sulle pagine, con spaccati di vita altrettanto ficcanti e magnetici, per arrivare a significare che talvolta si può essere causa di un qualcosa anche senza esserne direttamente responsabili, solo per il fatto di essere parte di quel meccanismo dinamico che si chiama vita
Ecco come La scomparsa di Stephanie Mailer riesce a essere un giallo di raro impatto e allo stesso tempo un’opera di pura narrativa, sviluppandosi su registri stilistici diversi senza perdere congruenza e omogeneità: ciò accade perché, prendendo a prestito parole che l’Autore ha dato a uno dei suoi personaggi, Joël Dicker…
(…) Sapeva parlare di tutto, sapeva fare quasi tutto – e ciò che gli mancava, sapeva ammirarlo.
Ed è proprio la sua capacità di “ammirare” Honoré de Balzac, Agatha Christie e Patricia Highsmith, senza volerli copiare né emulare che, riversata in un talento forte e originale, ci consegna un romanzo unico, dove quello che cerchiamo, lì, si trova.
Joël Dicker
è nato a Ginevra nel 1985. La verità sul caso Harry Quebert è il suo secondo romanzo. Il primo, Les derniers jours de nos pères, ha ricevuto il Prix des écrivains genevois nel 2010.