Valerio Aiolli
Editore: Voland
Collana: Intrecci
Pagine: 368
Anno edizione: 2025

Sinossi. Libro presentato da Laura Bosio nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2025. Ricostruendo come in un puzzle questa vicenda intricata e mai chiarita fino in fondo di amori e disamori, di droghe ed eredità milionarie, di yacht da sogno e flussi di denaro da incubo, che spazia dalla Liguria alla Lombardia, dalla Svizzera alla Tunisia, da Miami ad Acapulco, Valerio Aiolli scrive un romanzo inquietante come un noir e prova ad afferrare una risposta che sfugge, alternando il punto di vista dei principali personaggi coinvolti, le dichiarazioni rilasciate e gli articoli che hanno coperto la vicenda. In un serrato dentro e fuori da Villa Altachiara, rivive dunque non solo Francesca Vacca Agusta ma anche la storia industriale, politica e di costume del nostro paese.
«In inverno la luce in Costa Azzurra… ha una limpidezza che sbriciola i pensieri ricorrenti e mette addosso qualche brivido.»
«Una storia con un centro flessibile dal quale si diramano raggi narrativi che accompagnano il lettore in un viaggio “italiano, molto italiano”. Se dovessi trovare per forza un’etichetta a Portofino blues, direi appunto che è un romanzo storico dalla trama stellare. Un romanzo emozionante, da leggere.» – Marco Vichi, La Nazione
«È come avere tra le mani il migliore James Ellroy, re del noir americano, intriso nelle provocazioni di Truman Capote ma passato al setaccio della letteratura italiana novecentesca.»– Simone Innocenti, La Lettura
Lunedì 8 gennaio 2001, verso le sette di sera, nel giardino di Villa Altachiara a Portofino, scompariva la contessa Francesca Vacca Agusta, per anni protagonista del jet set italiano e internazionale. Prendeva il via quella sera un’indagine che avrebbe riempito le cronache di giornali e tv per settimane, mesi e anni, senza soluzione né requie neppure quando, una ventina di giorni più tardi, il cadavere venne ritrovato in mare, a pochi metri da una baia in Costa Azzurra. Come e perché cadde dalla rupe la contessa? Chi c’era con lei quella sera? Qualcuno la spinse o si trattò di una fatalità?
Proposto da Laura Bosio al Premio Strega 2025 con la seguente motivazione:
«Leggo Valerio Aiolli da quando l’ho scoperto in Nero ananas, dove si è immerso nella nebbia lasciata dalla strage di Piazza Fontana, come se la nuvola di quell’esplosione non si fosse mai diradata del tutto, ricostruendo vicende e sentimenti dal 1969 a quel 1973, anni incandescenti della storia d’Italia che ne hanno cambiato il volto. L’ho seguito poi in Radio Magia al fianco dei suoi ragazzi, quattro adolescenti che crescono nel pieno degli anni Settanta, in un contesto storico complesso, segnato da profonde trasformazioni dell’ecosistema mediatico. E ho ritrovato felicemente la sua stessa voce chiara, l’ostinazione nel non indietreggiare davanti alle contraddizioni, ai dubbi, ai misteri del nostro paese in questo Portofino blues, che si addentra in un’altra indagine senza soluzione né pace come la scomparsa, nel 2001, della contessa Francesca Vacca Agusta, precipitata in mare dalla sua villa a Portofino. Un puzzle dove sembra mancare sempre qualche tassello per completarlo, fra amori e risentimenti, jet set internazionale e droghe, immensi flussi di denaro e ambigui amici, nei quali leggiamo, attraverso dichiarazioni, articoli di giornale e racconti a cuore aperto dei protagonisti, la vita di una donna ricchissima e controversa, alla fine prigioniera del proprio mondo, e insieme la storia industriale e politica che abbiamo vissuto nel periodo tra Craxi, Tangentopoli e Berlusconi. Le pagine di Aiolli hanno ogni volta qualcosa di insolito e per me coinvolgente: ad attirarmi credo siano la precisione dei suoi meccanismi narrativi e l’implacabile scavo interiore dei personaggi, spesso con raffinata ironia, la luce nuova sulla realtà, sugli attori, sui costumi, sulla nostra società in cerca di risposte e senso.»
Recensione
di
Sabrina De Bastiani
A parte i capelli (lunghi, rossi, materici) e l’altezza, che si notava anche da seduta, a colpirmi fu quella che potrei definire la sua indipendenza. Stava lì, in compagnia di quattro o cinque persone, e parlava o ascoltava o rideva o fumava o beveva così come facevano gli altri, ma era come se non volesse (o non potesse) mescolarsi completamente all’atmosfera di quel piccolo gruppo di amici, e neppure a quella un po’ decadente (o decaduta) del Covo di Nord-Est. Era lì ma non era lì, e questo suo modo di essere (o di non essere) costringeva gli altri a ruotarle intorno, pur rimanendo col sedere ben poggiato sulle poltroncine di midollino.
Pensai che potesse essere una donna capace di provocare felicità e dolore in misura quasi insostenibile, ma che forse la felicità e il dolore che poteva provare lei stessa erano ancora superiori.
In Italia il blues, forma musicale originaria del sud degli Stati Uniti, caratterizzata da andamento e contenuti malinconici, intrisi di moti emotivi, ha indossato a lungo la nomea di musica stonata, per via del suo discostarsi tecnicamente, per note e intervalli, dalla pura armonia classicamente intesa.
Valerio Aiolli, nel restituire la vicenda della Contessa Francesca Vacca Agusta, ha, in maniera sublime, appoggiato la sua scrittura a una partitura profondamente blues. E non solo perché lo dichiara il titolo del suo libro, Portofino blues, ma perché lo incarna la struttura antifonale, di canto e risposta, data al racconto, che fissa il perno di una data tragica, quella della scomparsa della Contessa, l’8 Gennaio 2001, attorno al quale muove la barra del tempo di un prima e di un dopo, di un dentro e di un fuori.
Leggere Portofino blues di Valerio Aiolli è, dunque, salire su una macchina del tempo, smaterializzarsi qui e ora per ritrovarsi in quella Portofino che è la miniatura di un sogno. Un luogo soltanto mentale. Un set messo su da un regista che non dice mai “Stop!”, per ballare sulle note di quella musica stonata, decisamente blues, che è stata la vita di Francesca Agusta, regina Sole, che all’improvviso diventava Luna, diventava Notte. Era sceneggiatrice e scenografa del proprio personaggio di signora ricca e disinibita, regista del proprio film pieno di sequenze sopra le righe.
Ma non si tratta, solo, di un film.
Il caso Vacca Agusta ha travalicato la cronaca nera, è diventato un caso nazionale (seguito anche all’estero) che coinvolge politica, economia, costume, modi di stare al mondo.
Aiolli, con passione, cura meticolosa, scrittura immersiva e avvolgente, oggettiva, asciutta eppure partecipe, ricostruisce e riporta contesti, luoghi, situazioni, atmosfere, vicende laddove se la fine è, purtroppo, tristemente, nota, il punto di partenza è di più difficile accesso.
Portofino d’inverno, in un giorno feriale senza sole, è una conchiglia vuota. Le poche centinaia di residenti stanno tappati in casa oppure scappano presto per raggiungere il luogo di lavoro a Santa Margherita o a Rapallo. I negozi sono aperti ma giusto come atto di presenza, nei bar i minuti si allungano senza un vero perché, il molo si anima solo nel momento in cui gozzi o pilotine scaricano il pescato. La corona delle ville sul monte e sul promontorio serve solo a sentirsi più piccoli, anziché essere motivo di vanto rovescia verso il basso ottimi appigli per darsi per vinti. Se non sei uno di loro, uno dei privilegiati che stanno lassù, la vita ti può apparire poca cosa, e allora ti aggrappi a quel poco e lo fai diventare importante, gli dai un senso, lo dilati, ma può non bastare. Devi distogliere lo sguardo ogni volta che si dirige verso l’alto, devi capire che chi sta sotto come te appartiene a una specie diversa rispetto a chi sta sopra, devi rassegnarti e fare del tuo poco il tuo tutto.
Ma può non bastare.
E allora devi trovare il modo di scalarlo, quel monte o quel promontorio. Sembrerebbe impossibile ma qualcuno ogni tanto ce la fa, ce l’ha fatta. Partendo dal basso, e da lontano. Come tanto tempo prima era riuscito ai fratelli Agusta.
Parte dal basso e parte da lontano, dunque, l’Autore. Sconfina in Messico, per tornare a Portofino, attraversa gli inferni (artificiali?) di droga e alcool, per tornare al paradiso naturale di Portofino, descrive la bellezza artistica ricreata tra le pareti di Villa Altachiara dall’eccellenza dell’architetto Mongiardino per tornare alla bellezza fisica del mare, degli ulivi, dei monti che incorniciano Portofino.
L’Italia ti frega. C’è troppa bellezza. Se nasci nel posto sbagliato non ne esci più, quella bellezza ti tiene ancorato peggio di un magnete. Portofino è un posto così, piccolissimo e bellissimo, ti può soffocare, ti soffoca.
Così come possono soffocare gli amori o la loro fine, o forse no: i sentimenti tra le persone si fanno a volte invisibili, ma non è detto che perdano la loro persistenza, le amicizie che nascono così, con l’occupazione immediata e assoluta dello spazio disponibile, quelle interessate … questa nostra vita di pesciolini che nuotano a contatto con lo squalo, mangiando gli scarti del suo pasto …
Francesca Agusta e tutto ciò che ruota attorno a lei e a quel mondo che da fuori può apparire fatato e invece come tutti i mondi del mondo è pieno di pustole, di noia e di orrori, uomini, donne, denaro, passioni, droga, raccontano una storia di bisogni mai interamente soddisfatti, di spazi troppo pieni per non essere vuoti, di una bellezza così accesa da non tollerare il suo affievolirsi.
Fa meno male una luce che si spegne di colpo o il progressivo, agonico, rantolare della lampadina che si brucia?
La morte a volte è una bomba a frammentazione che scaglia le sue schegge lontanissimo, a volte è una catena che stringe ancora di più tra loro i superstiti.
A volte, sa essere entrambe le cose. Per i più diversi motivi.
Sa essere entrambe le cose la morte di Francesca Vacca Agusta, che lancia schegge lontanissime e allo stesso tempo incatena, come queste pagine.
Sono giornate movimentate, anche se in apparenza il borgo continua la sua vita secolare fatta di barche da pesca e di chiacchiere lente, nell’attesa che il polverone si posi e i locali sul molo si riempiano nuovamente di turisti ricchissimi anziché di giornalisti assatanati. Ciascuno degli attori in gioco vorrebbe trovare il miglior posizionamento, come i cavalli alla mossa del Palio di Siena. La corsa poi sarà breve e tumultuosa, non ci sarà tempo per pensare.
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Valerio Aiolli
nato nel 1961 a Firenze, dove vive, ha esordito nel 1995 con la raccolta di racconti Male ai piedi, finalista al Premio Assisi per inediti. Con il suo primo romanzo, Io e mio fratello (1999, edizioni e/o), tradotto anche in Germania e Ungheria, ha vinto il Premio Fiesole per narratori under 40 ed è stato ammesso alla Selezione Premio Strega. Sono seguiti Luce profuga, A rotta di collo (del 2002, con cui si è aggiudicato il Premio Giusti), Fuori tempo, Ali di sabbia, Il sonnambulo, Lo stesso vento.