NON SPARARE
Autore: Roberto Pegorini
Editore: iDobloni Edizioni
Genere: Noir
Pagine: 360
Anno di pubblicazione: 2025

Sinossi. Marco Polenghi ha 63 anni, lavora in una tipografia dove sposta bancali, è solo, non ha amici, non ha una vita sociale e da anni convive con un segreto. Gli unici contatti li ha con un tenente dei carabinieri in congedo alcolizzato che saltuariamente gli dà il tormento. Nulla sembra scuoterlo dalla sua apatia e indifferenza, quando un giorno un collega più giovane lo avvicina, lo chiama Nebbia e gli dice di essere a conoscenza del suo segreto. Marco nega, cerca di evitarlo, ma alla lunga dovrà fare i conti con il suo passato. Già, perché il Nebbia è stato un militante delle Brigate Rosse, ha trascorso trent’anni in galera e ora si trova nella delicata posizione di persuadere alcuni ragazzi, tra cui la giovanissima Manuela, a rinunciare all’idea di riportare in auge la lotta armata senza per questo rinnegare il suo passato.
SPECIALE

Al Covo de IDobloni, in data 9 maggio, ho avuto il piacere di assistere alla presentazione del nuovo libro di Roberto Pegorini dal titolo “Non sparare”, edito iDobloni Edizioni.
A moderare la serata, il giornalista e scrittore Gabriele Cantella.
Che ne dite di addentrarci in questo noir dalle tinte cupe e misteriose?
Sicuramente non ve ne pentirete…
Roberto, come è nata l’idea di scrivere un romanzo noir, dalle tinte fosche quale è “Non sparare”, in cui si tratta un tema delicato, difficile, spinoso come quello delle Brigate Rosse, soprattutto se ambientato ai giorni nostri?
Questa storia nasce sei, sette anni fa, quando con Mariana, al tempo libraia, ci siamo conosciuti e, chiacchierando, le ho parlato di una trama che avevo in mente e che mi sarebbe piaciuto sviluppare. Lei ne è rimasta affascinata e mi ha chiesto, nel caso avesse mai avuto una sua casa editrice, di poterlo pubblicare. Le ho risposto di sì. La cosa si è concretizzata da entrambe le parti, e d’accordo con Veronica (della Todaro edizioni) l’idea di pubblicare un romanzo con iDobloni è diventata reale.
Non è così scontato che una casa editrice si prenda la responsabilità di trattare un romanzo, per quanto noir, che tratti un tema così delicato, oltretutto se ambientato ai giorni nostri, poiché parleremo di Brigate Rosse ma non di anni ’70, quindi a loro va il mio grazie.
Quello che ho colto tra le pagine, è l’impossibilità di ricostituire una colonna funzionante delle Brigate Rosse e quindi l’impossibilità di ripetere quel tipo di operazione, figlia di un determinato periodo storico e di un preciso contesto sociale.
Come è scaturita l’idea di provare a ricostituirla?
L’idea era proprio quella di raccontare le BR a distanza di anni, non di scrivere un libro che sviscerasse quanto successo negli anni ’70, poiché è un argomento sul quale si è già scritto tanto. Al tempo del rapimento Moro avevo solo nove anni, quindi sono cresciuto senza una coscienza politica, come invece potevano avere i ragazzi di diciotto, vent’anni di allora e le ho vissute, più che altro, da un punto di vista scolastico, fino al momento in cui sono andate scomparendo e non se ne è più parlato.
Quindi mi sono chiesto come si collocherebbero nella società odierna, i brigatisti di una volta. Da qui nasce l’idea di Marco Polenghi, sessantatreenne che lavora in fabbrica, vive da solo, non ha amici, non ha rapporti sociali e ha trascorso trent’anni in galera. Rinuncia ad integrarsi, isolandosi, infliggendosi una specie di sua personale “seconda pena”.
La trama si avvale di due i personaggi fondamentali iniziali: Marco e un ex tenente dei carabinieri in congedo, il quale saltuariamente gli dà il tormento, lo infastidisce, non si esime dal farlo sentire controllato. Successivamente, Marco verrà avvicinato da un suo collega di lavoro, più giovane, il quale gli confesserà di sapere il suo segreto, chiamandolo “Nebbia”. Marco negherà di sapere a cosa si riferisca, indifferente al fatto che sia stato il suo nome di battaglia, dimostrandosi completamente disinteressato alla notizia che il giovane stia ricostituendo una colonna delle Brigate Rosse, una delle tante, poiché ce ne sono altre in più punti d’Italia, ragion per cui vorrebbe che Marco vi partecipasse.
Marco, nonostante non rinneghi il suo passato, non è più intenzionato a riviverlo. Sarà, quindi, combattuto tra il prendere totalmente le distanze o il far capire a questo gruppo di giovani che non possono assolutamente “scimmiottare” quelle che sono state le Brigate Rosse, ma piuttosto considerare di rivendicare i loro diritti in altri modi.
Una motivazione tra le tante per cui oggi non sarebbe più possibile intraprendere questo tipo di azioni è la latitanza. Sei splendidamente riuscito, tramite il protagonista, a far capire a questi giovani tutto ciò che comporta la lotta armata, soprattutto per questo ultimo aspetto, poiché oggi sarebbe estremamente difficile, se non impossibile, causa telecamere, social, una logistica di difficile attuazione…
Si. In un passaggio del romanzo in cui il protagonista ricorda, (particolare che ho appurato) come ogni più piccolo spostamento, ovviamente, veniva stravolto con percorsi resi più lunghi per paura di essere seguiti, o per far perdere le tracce. Oggi non sarebbe così facile attuare simili escamotage o garantire la latitanza, oltre a tutto il resto che implica la lotta armata in sé.
“Non sparare” è un titolo emblematico, potremmo dire, particolarmente attinente poiché racchiude tutta quella che è l’ideologia di Marco Polenghi trent’anni dopo. “Non sparare”, poiché oggi non c’è più una motivazione per sparare, manca il contesto in cui è maturata quell’esigenza secondo le Brigate Rosse di allora, per quanto, tuttavia, non sia mai auspicabile la violenza.
Si. Perché, quando ci si trova a dover sparare si è davanti ad un bivio dal quale non si torna più indietro.
Nel momento in cui decidi di armarti e premere quel grilletto, la tua vita non potrà essere più la stessa.
Gli stessi brigatisti che hanno pagato le loro colpe sapevano che la loro vita sarebbe cambiata per sempre.
Oggi viene a mancare una solida motivazione, poiché non vi è più quella forte coscienza sociale che ha spinto allora un’intera generazione a perseguire i propri ideali. Ne è la dimostrazione il fatto che parecchie persone, pur non facendone parte attivamente, capivano e appoggiavano quella che era l’idea di partenza, ovviamente non condividendone i metodi attuati in seguito. Prima che la lotta armata degenerasse negli omicidi, le BR godevano di tantissimi sostegni e simpatie, più o meno espliciti, soprattutto nelle fabbriche. Persone che fino a poco prima li sostenevano o coprivano, hanno cominciato a prendere le distanze solo nel momento in cui è scoppiata la violenza. Pensiamo anche come molti nell’ambito dei tutori dell’ordine non erano totalmente contrari all’ideologia delle BR, pur trovandosi a contrastarle e combatterle in quanto servitori dello Stato. Nel libro, parlando di Polenghi e dell’ex tenente Foschi, ne è la dimostrazione il rispetto che provano l’uno nei confronti dell’altro.
Non è semplice parlare di BR con le atmosfere e l’ambientazione noir a fare da sfondo. Complimenti Roberto per esserci riuscito.
Ti ringrazio. Il mio intento era appunto di scrivere un romanzo noir, minimamente storico, scevro della volontà di insegnare qualcosa a qualcuno, ma raccontare con la mia cifra letteraria dei personaggi intrisi di una situazione storico-politica italiana che non può, a mio avviso, finire nel dimenticatoio. Sono momenti storici, fatti, che difficilmente possono abbandonare la mente anche di chi li ha anche solo semplicemente sfiorati.
Rifacendoti ai giovani intenzionati a ripristinare una colonna delle BR, hai anche fatto riferimento ai comunicati, che come allora sono scritti a macchina, chiusi in una busta e consegnati brevi mano. Questo potrebbe essere un ulteriore motivo per cui quell’esperienza non potrebbe più essere replicata oggi?
Ho voluto anche qui, se vogliamo, non deridere, ma far notare la superficialità e l’ingenuità di questi giovani che vorrebbero emulare qualcosa di non emulabile. Polenghi non li esorta a smettere facendo leva sugli ideali ma sull’incapacità di combattere come loro hanno fatto in passato. Sia i tempi che le idee sono differenti, sono cambiati rispetto al suo vissuto. Per questo ho utilizzato il volantino in quanto un simbolo delle BR, al quale questi ragazzi non erano disposti a rinunciare.
I ragazzi di cui parli nel libro sicuramente esulano dai giovani ai quali si è abituati, in quanto neanche ventenni o poco più, hanno una coscienza sociale che li porta a sentire sulla loro pelle le ingiustizie sociali e volerle in qualche modo eradicare. E così, oppure ritieni stiano semplicemente cercando il loro posto nel mondo?
Una cosa li accomuna tutti e non è la lotta armata, ma è la rabbia. Sentono che nei loro confronti c’è un’ingiustizia di base, ma i motivi che li spingono a aderire alle BR sono differenti tra loro, distintamente dal passato in cui il motivo era uno solo e prettamente politico. La rabbia fa commettere errori, mentre la lotta armata ha bisogno di lucidità. Sono giovani destinati ad essere dei “romantici del brigatismo” pur avendo dei valori ed una coscienza sociale. Si sentono defraudati di qualcosa, lo Stato è in debito con loro ma, al contempo, non si si mettono in discussione domandandosi se loro, in primis, hanno delle colpe.
Manuela Desideri, una delle ragazze facente parte del gruppo di giovani, a differenza di Marco Polenghi che non rinnega mai il suo passato, sembra avere ogni tanto dei dubbi.
L’insicurezza è legata alla gioventù. Manuela è una ragazza di diciannove anni, e per quanto si ritenga vittima di ingiustizie, e di conseguenza sia piena di rabbia, furore, ideali, volontà, a mio avviso in lei prevarranno sempre dubbi e paure, che scaturiscono, ovviamente, dalla giovane età.
Mi viene in mente un’altra ragazza del passato, poco più grande di Manuela, che va incontro ad un destino (che non sveleremo), senza paura.
Si, poiché il suo vissuto è differente. Non ha paura perché c’ è qualcosa nella sua vita che ora le fa più paura. Ho voluto giocare su questa cosa: chi ha un destino come Manuela, ancora da costruire e quindi può permettersi di avere paura; chi, d’altro canto, non ha più un futuro e può solo pensare che niente potrebbe andare peggio della situazione attuale che sta vivendo.
Il personaggio che mi è sembrato avere motivazioni meno solide rispetto agli altri per aderire alle BR e colui che, invece, si adopererà di più per ricostruire la colonna.
Ho voluto costruire un personaggio che fa del suo egocentrismo il suo punto di forza rispetto all’ideale. Non vuole che sia messa in discussione la sua leadership, soprattutto agli occhi di una persona in particolare. Un leader non si autoproclama, lo proclamano gli altri in base all’ innato carisma. Ad un certo punto portare a termine il suo progetto sarà più una sfida personale che un’ideale strettamente attinente alla lotta armata.
Per quanto concerne invece, il tuo approccio nel descrivere le forze dell’ordine…
Mi sono approcciato alle forze dell’ordine valutando chi fa questo lavoro considerandolo uno tra tanti, e chi invece vi si approccia come un credo, una vocazione, con la giustizia come fine ultimo.
Ci tenevo a raccontare con rispetto un mestiere, che spesso viene denigrato, pur non prendendo nessuna posizione al riguardo, portando come esempi sia persone che hanno una coscienza, rispetto a coloro che non ne hanno.
Quanto è possibile, sempre se possibile, per un ex brigatista che ha agito in prima persona, scontando poi trent’anni di galera, uscire dal carcere e “sparire”?
Dovremmo chiederlo ad un ex brigatista!
A parte gli scherzi, in realtà qui ho dovuto fare una forzatura letteraria poiché è impossibile che un brigatista che ha fatto trent’anni di carcere, indi per cui si è macchiato di gravi accuse, possa tornare in libertà e passare inosservato, riprendere una vita normale nel totale anonimato.
Ritieni ci sia una redenzione?
Per quanto concerne il libro, invece, hai dei ripensamenti?
La redenzione penso sia una cosa personale, intima. Impossibile pensare di chiedere scusa e pretendere che le scuse vengano accettate poiché ci sarà sempre qualcuno che non può o non sarà in grado di accettarle. A tal proposito potrei utilizzare una frase di Vallanzasca che disse: “non ho mai chiesto scusa ai parenti delle vittime, non perché non mi sia pentito ma perché so che non servirebbe a nulla”.
Per quanto riguarda il libro, invece: è stato sicuramente stancante portarlo a termine, in quanto differente dai miei romanzi precedenti. Sono cosciente del fatto che potrei andare incontro a delle critiche, ma non me ne faccio un cruccio e non rinnego nulla di quanto scritto. Ci tengo, in particolar modo, a ringraziare la casa editrice che ha avuto la volontà di portare avanti questo progetto, sostenendomi sotto ogni punto di vista.
Io ci tengo in particolar modo a ringraziare Roberto Pegorini per questo noir intenso, che con uno sguardo al passato e attraverso personaggi carismatici e al contempo pregni di sentimenti, ci coinvolge in una narrazione ricca di colpi di scena, amore, passioni, ideali, vite e ineluttabilmente morte. Non può mancare, miei cari lettori, nella vostra libreria.
Il mio grazie va, come sempre, a iDobloni Edizioni per la splendida copia cartacea e l’ospitalità in casa editrice.

Roberto Pegorini vive a Casazza, un piccolo paesino della bergamasca, sul lago di Endine, anche se ha vissuto a Milano per 36 anni della sua vita (classe 1969) e dove tuttora lavora. Nasce come giornalista e svolge questa professione dal 1994. Come scrittore, invece, ha pubblicato i romanzi “Vita a spicchi” (con prefazione di Gianmarco Pozzecco), “Cuore apolide” (prefazione di Cesare Cadeo), “La doppia tela del ragno”, “Nel fondo più profondo” (che formano una trilogia), “Almeno non questa notte”, e “Lo hijab mancante”. Ha preso inoltre parte ad alcune antologie di racconti insieme ad altri colleghi. Da giugno 2020 a giugno 2023 è anche curatore della collana Cromo, per la casa editrice Caosfera, che seleziona romanzi noir, gialli, thriller e crime. Nel 2023 ha ricevuto una menzione al Festival Giallo Garda per “Almeno non questa notte” ed è arrivato quarto all’Undicesimo premio internazionale Città di Sarzana, sempre con questo romanzo. Dall’estate 2021 collabora con la Libreria Covo della Ladra per il format YouTube “Una valigia di libri”.
A cura di
Sabrina Russo
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