Recensione di Anna Sonatore
Autore: Antonio Iovane
Editore: Mondadori
Genere: Narrativa
Pagine: 132
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Sanremo, 26 gennaio 1967. La Riviera è pronta a ospitare il Festival della Canzone Italiana: i giornalisti già parlano di un’edizione rivoluzionaria, perché sul palco si sfideranno la vecchia guardia guidata da Claudio Villa e Domenico Modugno e le voci nuove, come I Giganti, Little Tony, Lucio Dalla. E Luigi Tenco. Tenco è più conosciuto come autore che come interprete ed è lì perché vuole che il grande pubblico impari ad apprezzarlo: ha deciso che d’ora in poi nelle sue canzoni parlerà di problemi sociali, di disoccupazione, di legge sul divorzio, di mafia, e vuole che tutti lo ascoltino, anche il pubblico delle canzonette, perché “le idee non valgono da sole, valgono solo se qualcuno le recepisce”. Insieme a Dalida, la diva francese con cui ha avuto un’intensa ma breve relazione, canterà Ciao amore, ciao che racconta la grande emigrazione dalla campagna verso la città, una canzone orecchiabile ma impegnata. Mentre si avvicina il momento dell’esibizione, però, Tenco capisce che sta tradendo se stesso, che lui non ha nulla a che fare con quel mondo. È nervoso, beve, le ultime prove sono un disastro, e quando sale sul palco appare già rassegnato; l’esibizione è pessima, le giurie bocciano la canzone, che non viene nemmeno ripescata. La delusione lo rende furioso, non segue Dalida e gli amici della casa discografica al ristorante, torna in albergo. Alle 2,10 viene ritrovato morto, disteso sul pavimento della sua camera. Attraverso testimonianze e una meticolosa ricerca d’archivio, Antonio Iovane ricostruisce in un lunghissimo piano sequenza l’ultimo giorno di vita di Luigi Tenco ma anche le ore successive, quelle in cui si accavallano dichiarazioni terribili da parte di colleghi cantautori e giornalisti, quelle del più tragico e indegno “show must go on” che l’Italia abbia mai conosciuto. Un uomo solo non cerca di far luce sul presunto suicidio di Luigi Tenco, ma racconta con la forza immersiva del romanzo il tormento, le contraddizioni e i sogni di un artista fuori dal tempo.
Recensione
“Il più meraviglioso fallimento”
“Un uomo solo” di Antonio Iovane fa luce sull’ultimo giorno di vita dell’immenso Luigi Tenco, un artista che non è mai voluto scendere a patti con la società e i suoi meccanismi corrotti; l’unica volta che ci provò gli costò la vita.
Festival di Sanremo, 26 gennaio 1967, è tutto pronto, è letteralmente tutto pronto, anche il vincitore. Tutto è stato deciso e Luigi Tenco lo sa, lo ha capito subito… che senso ha essere lì? cosa cambia se la sua performance sia ottima o scarsa, tutto è stato già deciso.
La scrittura di Antonio Iovane corre senza sosta dietro i fatti, dietro i pensieri mai detti ad alta voce, corre dietro il tempo che avanzando scava e logora l’anima del poeta.
“Magari lui può rivoluzionare il Festival di Sanremo, può davvero cambiare le cose in questa Italia instupidita, quest’Italia rassegnata. Ma è davvero possibile arrivare a tutti penetrando nelle coscienze, scalfendo le certezze anziché essere rassicuranti? È possibile guadagnarsi il grande pubblico invitandolo sull’orlo dell’abisso, mostrandogli la voragine, il nero, la desolazione? E se è possibile, come arrivarci?”
Antonio Iovane ci mostra il lato fragile di un artista che nemmeno dopo la sua morte verrà mai capito. Passo dopo passo ci racconta quelle che furono le ultime ore di Luigi Tenco. Ultime ore fatte di tensione, rabbia, sconforto.
Sono cresciuta con la sua musica, tutt’ora mi fa compagnia e rispolverare le affermazioni dei suoi colleghi dopo il tragico gesto ha fatto crescere in me una rabbia e un disgusto indescrivibili. Conscia che i testi di Luigi non fossero per tutti, non erano le canzonette che gli italiani volevano, e basta guardarsi in giro per capire che a distanza di 55 anni poco è cambiato. Il festival di Sanremo si è rivoluzionato tantissimo ma quel “tutto è deciso” è davvero cambiato?
Non solo Luigi Tenco, troviamo anche la storia d’amore con Dalida. La diva, l’artista, la donna. Ogni lato della sua vita, della sua personalità fu travolta dall’amore che provava per Luigi.
Una storia di facciata?
Non per lei. La morte di Tenco segnò la fine e l’inizio della sua vita. Un’altra Dalida sorgerà, una Dalida segnata nel profondo… l’autore ci mostra ogni lato di quella relazione. Un’intensità che ha dell’assurdo.
Ma chi può essere in grado di dare un giudizio?
Ogni storia appartiene solo a chi l’ha vissuta, ogni opinione esterna è priva di ogni valore.
Un romanzo emozionante pieno di una verità che nessuno ha mai voluto affrontare e per questo dico GRAZIE ad Antonio Iovane. Luigi Tenco, con questo libro, verrà conosciuto da giovani che mi auguro abbracceranno la sua musica e verrà ricordato da chi l’ha riposto, anni fa, in un angolo nascosto della loro mente.
È un’opera che informa e omaggia un artista che non meritavamo e che, a mio parere, abbiamo contribuito a distruggere.
Antonio Iovane
è nato a Roma il 18 maggio 1974, come tutti. Ha lavorato come giornalista per Radio Capital e ora realizza podcast narrativi per Gedivisual, il settore multimediale del Gruppo Gedi. Per Barbera editore ha scritto il libro di racconti “La gang dei senzamore” (2005) e il romanzo “Ti credevo più romantico” (2006). Per minimum fax “Il Brigatista” (2019) e “La seduta spiritica” (2021). Per Albe edizioni “Il segreto di Mago Bubù“ (con Ellekappa, 2019).
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