Recensione di Sabrina De Bastiani
Autore: Maurizio de Giovanni
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi. Stile libero big
Genere: noir
Pagine: 345 p.
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi.
Anche le vite all’apparenza più piene possono nascondere un vuoto incolmabile. Ed è in questo vuoto che devono affacciarsi i Bastardi.
Un’insegnante di liceo scompare nel nulla e i Bastardi di Pizzofalcone, che a dispetto dei tanti nemici interni al corpo di polizia sono ormai una delle migliori squadre investigative della città, hanno il compito di ritrovarla. O almeno di ritrovare il suo corpo. Nella completa assenza di indizi, Lojacono e i suoi colleghi saranno costretti a indagare negli angoli oscuri di esistenze che sembrano del tutto normali, portando alla luce, infine, le ragioni di un odio mortale.
RECENSIONE
Vuoto/vuò·to/ Aggettivo: privo di contenuto / sostantivo maschile: spazio nel quale nessun corpo solido si frappone
Il problema del vuoto, (…) è nelle cose che ci sono dentro. Sì perché il vuoto non è mai completamente vuoto, (…) altrimenti sarebbe solo deserto e perciò tranquillo, altrimenti non ci sarebbe dolore, nel vuoto. Immaginavi che il senso di vuoto fosse colpa di chissà quale territorio mai raggiunto, di una mancanza di forza. E’ l’abisso che ti attira, quello sul quale ti affacci sentendotene irrimediabilmente attratto, quel ventre caldo e sconosciuto che vuole inghiottirti, produce il rumore del passato, ma contiene anche il male del futuro.
Come è pieno il Vuoto in cui ci conduce Maurizio De Giovanni in questo nuovo pezzo di vita dei Bastardi di Pizzofalcone. Come è singolare che un Autore così attento e così padrone delle parole riesca a conservarne il senso ribaltandone completamente il significante per consegnarci un vuoto pieno di contenuti, uno spazio nel quale più corpi solidi si frappongono ed interagiscono tra loro, ma non per questo meno vuoto.
E’ spontaneo rifarmi al titolo di un romanzo di Michael Connelly, Vuoto di luna, per approcciare il sentimento del vuoto, perché né di sostantivo, né di aggettivo si tratta qui, che mette in scena l’Autore. Dove per vuoto di luna si intende una condizione particolare che in astrologia si definisce quando la luna non si trova in nessuna casa e, secondo le credenze popolari, ciò è causa di difficoltà e criticità in ogni ambito.
E’ in questo metaforico vuoto di luna che ritroviamo i Bastardi. Sempre più oltre il fare squadra, sempre più l’essere famiglia, con quanto annette e connette questa sorta di legame non di sangue ma di nervi, vene e cuore
Tutti hanno una famiglia, amico mio. Tutti. E’ la forza di ognuno, no? Ma pure la debolezza
Dove ritroviamo un Marco Aragona che si dice figlio di Pisanelli per poter stare più tempo all’ospedale al suo capezzale, un Pisanelli che di questo mal cela l’orgoglio che prova. Dove una Ottavia Calabrese ha negli occhi la sua condizione famigliare come un ergastolo, lo stesso che Palma accoglierebbe in toto come un Paradiso. Dove un Lojacono è alle prese con una figlia che sta diventando donna, quella Marinella che sorprendentemente cercherà una complicità amichevole, ma di retrogusto materno, con una donna fin lì osteggiata. Dove un Guerra, che mai come adesso è vicino all’avere una famiglia, nel suo cuore ne sta spostando gli addendi. Dove una Alex Di Nardo, prima anche solo di pensare ad una famiglia sua, deve risolvere il nodo che al contempo la stringe e la separa da quella di origine.
Ed in questo nucleo, così forte seppur così frastagliato, si innesta un elemento nuovo, che intuiamo avrà molto da apportare in futuri sviluppi, che porta il nome di Elsa Martini, temporaneamente distaccata dal commissariato di Torino in sostituzione del Presidente Pisanelli, fino al suo ristabilirsi. Una donna che porta con sé l’urgenza di essere distaccata, allontanata dalla sua vita, per agevolare la discesa nel dimenticatoio di alcune sue azioni in servizio, un po’ al limite; una vicecommissaria che non si pone il problema di integrarsi nella nuova squadra, che non si presenta diversa da come è
Lojacono notò che la Martini aveva uno strano modo di provocare l’avversario: ne stimolava le reazioni per saggiarne la forza.
E proprio in ragione di questo si integra alla perfezione, perché la squadra dei Bastardi, dove le differenze, la non omologazione, sono la forza, lei si sente al posto suo. E i nuovi colleghi finiranno essi stessi per sentirla tale.
Anche Elsa Martini ha una famiglia. Una famiglia che si chiama Vittoria, la figlia, saggezza nei panni di bimba, porto sicuro di una vita in tempesta. In comune l’amore che provano l’una per l’altra, la bellezza ed i capelli, rossi. Per la prima volta forse, Elsa, sente odore di casa a Pizzofalcone, avverte in sé la volontà di dare un’impronta diversa alla propria vita. E non è forse un caso, che parole di volontà, di possibilità, in tal senso, De Giovanni le faccia pronunciare ad un personaggio poco presente nelle pagine, ma fondamentale e imprescindibile nella storia
Io sono uno che nemmeno ci voleva entrare in classe. E adesso non riesco a dormire se non leggo. E pure se vivo qua, e sono amico di certa gente perché è la gente mia, vorrei avere un’altra vita.
Un personaggio, il cui nome è, giustappunto, Caporosso.
Vuoto parrebbe anche essere il momento lavorativo per il Commissariato di Pizzofalcone, nessun caso rilevante, nessun caso in generale. Forse.
Poche ore, un litigio, la preoccupazione di una collega: niente. Non avevano in mano niente. In un periodo normale di lavoro, in un commissariato normale, una storia simile non sarebbe neanche stata presa in considerazione.
Forse. Perché non sfugge a nessuno che anche questo vuoto è un pieno dormiente, meno che mai ai Bastardi abituati ad annusare e ad interpretare l’aria delle loro strade, l’aria della città di mare che ora sapeva quasi di neve.
Ed è cosi e qui che si innesta la trama gialla, lineare e perfetta dal principio fino al sorprendente finale, in quello che si rivelerà essere uno dei casi più dolenti ma al contempo più pieni di amore, affrontati dai Bastardi.
Questo posto è vuoto. Di un vuoto più grande di quello che sembra, più grande di tutto. Vuoto di sogni.
E che ci rivelerà come, ancora una volta, i sogni non solo donino pienezza ad un vuoto. Ma implacabilmente, lo sconfiggano.
La meraviglia delle parole sono le concatenazioni. Come si mescolino, si raggruppino e cedano un po’ del loro significato, o lo cambino addirittura, quando si incontrano.
Stavo pensando alla parola “insieme”. E’ una di quelle parole che, pur non essendo una negazione o un’avversativa, è in grado di cambiare il segno a un’altra parola o a un’intera frase. “Insieme”.
La meraviglia di questo romanzo di De Giovanni, sta, una volta di più, in Maurizio De Giovanni stesso, e nelle profondità di talento, cuore, animo e motivazioni che riesce a trovare e a trasmettere ai suoi personaggi ed alle sue storie. Alla scelta precisa e calzante di ogni parola, tal da rendere descrivibile anche l’indescrivibile.
E come il vuoto, nel fine settimana, va affrontato. Per forza.
Questo romanzo, senza aspettare il fine settimana, va letto.
Per inesorabile, meravigliosa, pienezza.
Maurizio de Giovanni
Nato nel 1958 a Napoli, dove vive e lavora, è autore della fortunata serie di romanzi con protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta, su cui è incentrato un ciclo di romanzi, tutti pubblicati da Einaudi, che comprende finora: Il senso del dolore (2007), La condanna del sangue (2008), Il posto di ognuno (2009), Il giorno dei morti (2010), Per mano mia (Einaudi, 2011), Vipera (2012, Premio Viareggio, Premio Camaiore), Anime di vetro (2015) Serenata senza nome (2016), Rondini d’inverno (2017) e Il purgatorio dell’angelo (2018). Insieme a Sergio Brancato ha pubblicato due graphic novel sulle inagini del commissario Ricciardi: Il senso del dolore. Le stagioni del commissario Ricciardi (Sergio Bonelli 2017) e La condanna del sangue. Le stagioni del commissario Ricciardi (Sergio Bonelli 2018).
È anche autore di: Storie azzurre (Cento Autori, 2010), una raccolta di quattro racconti lunghi dedicati al Napoli, la sua squadra del cuore; Il metodo del Coccodrillo (Mondadori, 2012, Einaudi 2016; Premio Scerbanenco).
Con I bastardi di Pizzofalcone (Einaudi 2013) ha inaugurato un nuovo ciclo contemporaneo, sempre pubblicato da Einaudi, continuato con Buio per i Bastardi di Pizzofalcone (2013), Gelo per i bastardi di Pizzofalcone (2014), Cuccioli per i bastardi di Pizzofalcone (2015), Pane per i bastardi di Pizzofalcone (2016), Souvenir per i bastardi di Pizzofalcone (2017) che vede protagonista la squadra investigativa di un commissariato partenopeo.
Il suo racconto Un giorno di Settembre a Natale è incluso nella raccolta Regalo di Natale edita da Sellerio nel 2013. È uscita nel 2014 un’altra raccolta di racconti gialli dal titolo Giochi criminali dove il suo testo Febbre appare accanto a quelli di De Cataldo, De Silva e Lucarelli. Inoltre, il suo racconto Un telegramma da settembre è incluso nell’antologia Sellerio La scuola in giallo, del 2014. Nel 2015 pubblica Il resto della settimana (Rizzoli)e Skira Una domenica con il commissario Ricciardi (Skira).
Nel 2017 partecipa con un suo contributo alla raccolta di saggi Attenti al Sud, edito da Piemme, e con Rizzoli pubblica I Guardiani. Del 2018 è Sara al tramonto (Rizzoli), Sbirre (Rizzoli), scritto in collaborazione con Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo.