Erba d’annata




Sinossi.

Aldo Pagano è un vero maestro del giallo e riesce a coniugare la passione per il genere e per le indagini con una magistrale interpretazione degli stati d’animo umani.

È un lunedì mattina di metà dicembre con un freddo cane e una gran tramontana quando il sostituto procuratore Emma Bonsanti arriva nella periferia di Bari, fuori da un capannone dove è stato segnalato il cadavere di un ragazzo della Bari bene. Il sovrintendente capo della polizia Michele Lorusso la informa che la vittima è Giorgio De Santis, ventitreenne, studente in legge, praticante notaio e figlio di noti ristoratori locali. La vittima è stesa a terra, fuori dal capannone, il corpo segnato da fratture multiple provocate dall’impatto al suolo dopo un volo di una decina di metri dal colmo del tetto. Disgrazia, suicidio, omicidio: il medico legale non esclude nessuna ipotesi. Spetta a Emma accertare la verità. Il fatto è che Emma non ha nessuna voglia di indagare su quell’ennesima morte in cui è incappata; è in un momento di fragilità, si sente sola, vuota, inutile e non ha energie da spendere per quello che pensa essere il gesto volontario di un ragazzo problematico. Quando, però, Lorusso scopre che ci sono molte cose che non tornano nella vita e nella morte di De Santis – un rave party svoltosi proprio nel capannone, una lite furiosa a pochi minuti dalla scomparsa, il progetto di un matrimonio da cui forse voleva tirarsi indietro e la coltivazione, non proprio legale, di marijuana – Emma capisce che è necessario svegliarsi dal torpore e mettere, di nuovo, tutta se stessa in un caso che di suicidio non sembra avere più neanche l’ombra.

 Un’indagine di Emma Bonsanti

di Aldo Pagano

Piemme 2023

Thriller, pag.304

 Recensione di Sabrina De Bastiani

Quello che vede, dopo un pò, è se stessa a bordo di una piccola barca a vela in mezzo a un canneto sconfinato dal quale lei prova a uscire scostando e tirando le piante per avanzare. Non ci sono canaletti, non ci sono chiari, ci sono solo canne che si piegano al passaggio della barca e si rialzano subito dopo alle sue spalle, ed è inutile salire sull’albero perché le piante sono molto più alte.

Dev’essere da un pezzo che si affanna perché è sudata e ha le mani lacerate. E stanca, disperata, si rende conto di non riuscire a tenere la stessa direzione, sono le canne che impongono la rotta, ma lei insiste, insiste febbrilmente.

Sino a quando le piante si diradano e una corrente improvvisa la trascina lentamente verso il margine del canneto, oltre il quale adesso scorge il corso di un fiume che incontra il mare.

E lei si prepara a issare la vela.

Storcendo un noto proverbio, Bonsanti non mente. 

E nemmeno il suo pregiato autore, Aldo Pagano che, della sua protagonista,  accoglie e restituisce in queste pagine, con la massima verità, ogni ansa, ogni piega, ogni smarrimento. 

Piantala di immaginare sempre il peggio per te. Tu li hai, ‘sti alti e bassi, lo sai che stai per risalire.

Nessuno può prevedere quando, ma accadrà anche stavolta. Prova a concentrarti su questo, non su quanto stai male adesso. Prova a pensare a quel tanto o poco che puoi fare per cambiare questa situazione.

Lo svelamento delle fragilità, custodite e accolte  in se stessa,  del sostituto procuratore Emma Bonsanti, il loro continuo cozzare contro la sua mente pensante, acuta, non addomesticabile all’accontentarsi, alla sciatteria, alla superficie, al livello base delle cose. 

Una protagonista annichilita nei sentimenti, in progetti di vita sradicati da una perdita incolmabile e incontrovertibile.

 Intrisa di dolore, intorpidita, è pur vero, Emma, all’inizio della vicenda narrata in Erba d’annata. 

Ma non spenta, non arresa, non sopita.

La coerenza è la virtù dei morti, d’altronde, e Bonsanti è più che mai viva.

E proprio il caso sul quale si trova ad indagare, sostenuta e affiancata dal sovrintendente capo Lorusso, capace di ironia, stabilità, attenzione ma anche di una tenerezza che affata, ha le caratteristiche e le qualità per essere un puntello, un punto di svolta emotivo.

Un giovane, morto dopo un volo da considerevole altezza. 

Una disgrazia, il primo pensiero. 

In fondo la vittima, Giacomo De Santis, non aveva nemici, pensa. Non aveva nemici al di fuori di se stesso.

D’altronde la vittima stava partecipando a un rave party e si sà che talvolta qualcosa possa sfuggire di mano …

… il coraggio di rischiare e seguire l’impeto ingenuo e caotico che aveva dentro per cercare se stesso e il proprio futuro. Lui era giovane, ma forse è proprio quando ci manca questo coraggio che cominciamo a diventare vecchi.

Che possa essere suicidio, invece, ad uno sguardo più attento, all’approfondire delle testimonianze di chi lo conosceva bene, forse non si voleva più sposare, magari per via di un amore non corrisposto per un’altra persona, forse il lavoro era una gabbia, forse la sua vita non gli corrispondeva più …

Non sono pochi quelli che scelgono il silenzio quando decidono di uccidersi. Alcuni vogliono fare scontare, a chi resta, la colpa di non essersi accorto della loro sete di vita.

Ad altri, semplicemente, appare tutto così chiaro da trovare inutile spiegarsi.

Caso chiuso, potrebbe facilmente essere. Non fosse che Emma Bonsanti, così come non riesce a smettere di interrogare se stessa, cercare risposte, 

Rovistare dentro di sé per cercare l’irrisolto, aprirlo e guardarci dentro ponendosi le giuste domande. Forse, questa volta ne è valsa la pena ma ha rischiato, lo sa. Lo sa che in certi momenti, con il buio pesto intorno a sé e il freddo infinito dentro, quando tutto le sembrava senza senso e davvero troppo

stupido per sopportarlo anche solo un secondo di più; lo sa che in certi momenti, dicevamo, l’unica risposta che pare ragionevole alla tua paura per un domani senza speranza è chiuderla li, adesso, subito. Non vuole più trovarsi da sola di fronte al suo pozzo.

comprende che anche la vicenda di Giacomo non è così semplice, che qualcosa potrebbe essere stato trascurato, che forse oltre alle prime due ipotesi, ce ne potrebbe essere una terza. 

Omicidio. 

Che quella faccenda della marijuana, che coltivava ai margini risicati della legalità, abbia  pestato qualche callo eccellente? 

«Smontiamo ogni fatto e lo ricostruiamo sino a quando non ci sembra di averci letto dentro un senso vero.»

Emma Bonsanti non è mai finita, ma allo stesso modo  possiamo dire che ricomincia da qui. 

E poi ripensa a quel buio vuoto che era la sua vita sino a pochi giorni fa. Il pozzo cieco nel quale precipitava senza potersi fermare mentre la luce là in alto si rimpiccioliva sino a scomparire. Non riesce a crederci. Che quel pozzo ci sia mai stato.

Che le pare di esserne uscita. Lo sa che il pozzo dentro di lei c’è, uguale a prima, presto ma o tardi lo rivedrà. Ma adesso vuole solo adesso. Adesso vuole vivere.

E riprendere a lavorare come ha sempre fatto.

Torna sui suoi passi, ascolta, prende coscienza di qualche trascuratezza nell’indagine, senza flagellarsi, perchè non è cosa ed è una perdita di tempo piangersi addosso, ma ponendovi rimedio, a testa bassa, con determinazione, fino all’esito finale.

Erba D’annata è un noir di eccellenza. 

Lo è per la scrittura così scabra e poetica, ruvida e fiorita, peculiare e incisiva. 

Lo è per la storia, nera, viscerale eppure capace di un respiro talmente ampio, ariosa. 

Lo è per i protagonisti, Emma su tutti, ma non solo Emma. Non solo, non sola. Ciascuno in sè e per gli altri. Lo è per Bari, per come abita le righe e le pagine, un contesto, un ambiente che meno che mai è sfondo, più che mai è culla.

E mezzogiorno e la frastagliata piazza Mercantile esplode di turisti scivolati giù dalle navi in cerca dell’anima più vera di Bari Vecchia, un’anima che in realtà si inabissa durante il giorno, sepolta sotto il suq materialista, per riemergere a notte fonda come un fiume carsico.

Per dire, piazza Mercantile è una suggestiva sfilata di palazzine più o meno antiche che torreggiano su.

Bar, pub, birrerie, pizzerie, friggitorie, pasticcerie, ristoranti, semplici o nelle versioni osteria, trattoria, locanda, vineria, cicchetteria.

Ognuno con la sua protesi esterna a forma di gazebo sigillato da pareti di vetro o plastica. Pullula di locali, insomma, e in questo periodo anche di casette in legno per il mercatino natalizio in puro spirito tirolese.

Quindi.

Esattamente il contrario di ciò che ricorda una persona che viveva a Bari tipo

quarant’anni fa.

(…) in altre parti del mondo prende il nome di movida ma qui a Bari possiamo definire gebellère, una situazione di grande confusione e divertimento.

Un’umanità variegata, dai quindici ai settant’anni, che passa la sera a raccontarsela uniti fuori dai locali, uniti dall’unico scopo di fermare il ritmo alienante della vita per concedersi un tempo sospeso e leggero.

Noi siamo il mondo che vogliamo vivere.  

E’ vero. E siamo anche le storie, e sono queste, e sono scritte così magistralmente, che vogliamo leggere.

Perdonandoci il coraggio e la paura.

Che è ciò che farà Emma, infine. Che è ciò che ce la fa amare, ritrovando qualcosa di noi, in lei.

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Aldo Pagano


Nato a Palermo nel 1966, ha vissuto a lungo a Roma, Bari, Milano, Como. Ex giornalista ed ex sommelier, fra le tante altre cose che ha fatto gli piace ricordare gli anni nelle pubbliche relazioni e il lancio di un fichissimo chiosco da spiaggia. La protagonista di Motivi di famiglia, il pubblico ministero Emma Bonsanti, è apparsa anche nel suo primo romanzo, La trappola dei ricordi, pubblicato nel 2015 da Todaro e in corso di ripubblicazione per Piemme.