Fiori sopra l’inferno




Recensione dell’autore

Antonio Lanzetta


Autrice: Ilaria Tuti

Editore: Longanesi

Genere: Thriller

Pagine: 350

Data pubblicazione: Longanesi (4 gennaio 2018)

Fiori dai petali sporchi di sangue, emergono dal terreno screziato di bianco. Neve e fango, una poltiglia sotto i piedi del lettore che arranca, facendosi largo in mezzo a rami affilati come lame, nei boschi di Travenì.

Al suo fianco, gomito a gomito, il commissario Teresa Battaglia tiene gli occhi incollati sul pendio. Una donna minuscola sotto l’imbottitura del parka, un groviglio di pelle, muscoli e nervi.

Le rughe sul volto sono tasselli di un mosaico in continuo movimento, scivolano come gocce d’acqua sul vetro, accompagnando il vortice di pensieri che le riempie la testa.

È questo lo stato d’animo che mi ha guidato nella lettura di Fiori sopra l’Inferno. Empatia, una profonda connessione mentale con la protagonista Teresa Battaglia in una caccia all’uomo, un killer ancestrale emerso da una dimensione lovercraftiana, diversa da quelle a cui siamo stati abituati dalla letteratura di genere.

Fiori sopra l’Inferno è un thriller che ti prende allo stomaco e te lo rivolta.

La trama, costruita in modo magistrale da un’autrice che ha forgiato la sua penna con il sacrificio della gavetta, non ruba luce alla caratterizzazione dei personaggi. Non solo Teresa Battaglia, animata da un eterno contrasto tra durezza, sicurezza di sé e fragilità interiori, ma anche quella degli altri attori chiamati in scena dalla Tuti, umani e non.

Già, perché questo romanzo è ambientato in montagna e, oltre a essere un thriller, si colloca in quel filone di libri-tributo alle catene montuose italiane. La natura è una protagonista aggiunta alla storia, se non la principale.

La Tuti mostra la provincia del profondo nord, quella in cui è nata e cresciuta, e la rende immortale con la sua prosa. Le foreste millenarie, gli odori dei boschi di Travenì, i laghi alpini e le caverne scavate dal tempo nella roccia sono vivi, hanno anima e memoria nascosta nelle pietre e nella terra. Una cornice così perfetta da mettere quasi in secondo piano l’impronta crime del romanzo, la morte.

Alla redazione di Longanesi il merito d’aver liberato dal limbo degli emergenti una bravissima autrice. Come dicevo, la scrittura di Ilaria Tuti è raffinata, convince, ma soprattutto è espressione di sacrificio e di studio, tanto studio.

L’approccio del commissario Teresa Battaglia all’indagine è da manuali di psicologia e di criminologia che la Tuti dimostra d’aver divorato. La narrazione prende spunto da fatti realmente accaduti, quali lo studio sugli effetti devastanti della sindrome di deprivazione affettiva sui neonati, condotto tra il 1945 e il 1946 da René Spitz.

Esperimenti assurdi condotti sui bambini che sono il fulcro della storia ma non aggiungo altro, il resto dovete scoprirlo da soli.

Fiori sopra l’Inferno è stato già venduto in diversi paesi esteri e sono convinto che sarà un successo.

Acquistatelo, leggetelo e poi ditemi che non mi sbagliavo.

Ilaria Tuti


Ilaria Tuti vive a Gemona del Friuli, in provincia di Udine. Da ragazzina voleva fare la fotografa, ma ha studiato Economia. Ama il mare, ma vive in montagna. Appassionata di pittura, nel tempo libero ha fatto l’illustratrice per una piccola casa editrice. Ama i romanzi di Donato Carrisi. Nel 2014 ha vinto il Premio Gran Giallo Città di Cattolica.

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