L’Alto Nido




Recensione di Loredana Gasparri


Autore: Roxane van Iperen

Traduzione: Francesco Panzeri

Editore: Bompiani

Genere: Narrativa contemporanea

Pagine: 464

Data di pubblicazione: 22 gennaio 2020

Sinossi. È una fredda notte di febbraio del 1943 quando la famiglia Brilleslijper arriva all’Alto Nido, una villa nascosta nel bosco poco fuori dal villaggio di Nardeen, a est di Amsterdam. È al riparo delle sue mura che le giovani sorelle Brilleslijper, Lien e Janny, organizzeranno una delle operazioni di salvataggio più audaci della resistenza olandese all’occupazione nazista, proprio sotto il naso dei leader dell’NSB, il Movimento nazionalsocialista olandese, che abitano a poche centinaia di metri dalla grande casa. L’Alto Nido diventa infatti il nascondiglio per decine di ebrei clandestini, che là trovano non solo un posto sicuro dove vivere ma anche il calore di una famiglia allargata e la vitalità di una comune di artisti: mentre la guerra infuria, la villa si riempie di gioia di vivere e della musica che Lien e i suoi ospiti compongono e suonano tra le risate dei bambini. A giugno del 1944 però la sicurezza dell’Alto Nido viene compromessa. Lien e Janny sono arrestate insieme alle loro famiglie e portate nel campo di concentramento di Westerbork. È lì che incontrano Anne e Margot Frank, con cui verranno deportate ad Auschwitz e poi a Bergen-Belsen, dove Janny e Lien, che saranno fra i pochissimi a sopravvivere all’inferno dei campi e a fare ritorno ad Amsterdam, si prenderanno cura delle sorelle Frank nei loro ultimi giorni di vita.

Recensione

Avete mai sentito l’espressione: non lasciarsi mai fermare da nessuno?

Volete una spiegazione e illustrazione esaurienti di quello che significa?

Leggete questo libro.

Potete anche ripensare al Diario di Anna Frank, o al film Schindler’s List, che ne sono degli esempi fulgidi, incoraggianti. E poi ritornate alle due sorelle olandesi Brilleslijper, Lien e Janny, e tirate un sospiro di sollievo se, in mezzo a esseri cosiddetti umani della caratura morale di uno stercorario, nascono e si sviluppano persone con la loro resistenza infinita e indomabile. È quello che ho pensato io, alla fine delle pagine.

Sia ringraziato il cielo per le persone come Janny e Lien, altrimenti ci saremmo estinti poco dopo l’uscita dalle caverne e il raggiungimento della stazione eretta. E non sono del tutto convinta che non sia stato un bene, essere sopravvissuti a quello stadio per poi precipitare tanto in basso con la sola creazione dei campi di sterminio, diversi secoli dopo.

Non è un romanzo, ma la narrazione intensa e molto documentata della vita tumultuosa della famiglia Brilleslijper nell’Amsterdam dei due grandi conflitti mondiali.

Le prime pagine si aprono con i fatti che portano alla costruzione dell’Alto Nido negli anni ’20 da parte del musicista Dirk Witte per la propria famiglia: una dimora maestosa e rassicurante, circondata da giardini e boschi che si fondono insieme.

Lasciamo questa fotografia placida di anni dolci e ci apprestiamo a seguire i caratteri e le vite intense delle due sorelle ebree Lien (Rebekka) e Janny (Marianne) Brilleslijper. Le seguiamo mentre crescono insieme al fratello Jacob (Japie), circondate da una rete famigliare robusta e unitissima. Forse non appartengono alla parte “bene” della società, e qualcuno li evita perché sono ebrei, e insomma, poco rispettabili, ma sono ricchissimi di amore, indipendenza, fiducia e intraprendenza.

I genitori educano i piccoli Brilleslijper a tirare fuori testa, opinioni, talenti e a non indietreggiare mai davanti a nessuno. Ed è una lezione e una promessa che soprattutto Janny interiorizzerà e manifesterà in tutta la sua potenza negli anni orribili della detenzione ad Auschwitz.

Ma prima di sprofondare all’inferno, le sorelle si battono bene nel Purgatorio che il regime nazista sta creando per loro e per tutti gli ebrei in Olanda. Sin da giovanissime si oppongono con tutte le loro forze ai portatori di croci uncinate, siano tedeschi, siano i loro compatrioti olandesi che tentano di compiacere l’aggressivo regime teutonico sempre in agguato, sempre con il fiato sul collo. Belle ragazze giovani e spigliate, madri di famiglia e spose sorridenti, e poi stampatrici e portatrici di documenti falsi, di giornali e pubblicazioni anti-regime.

Indefesse, indomite, abili, bravissime a cercare collaboratori fidati e a riconoscerli per tempo. Sono tanti i giovani olandesi che non tollerano di essere schiacciati e vilipesi sotto gli stivali con le svastiche, e che non esitano a lavorare nell’ombra per salvare vite e per incoraggiare chi è più debole. I loro stessi mariti sono sostegni poderosi per le loro attività clandestine, e uno di loro è un giovane compositore tedesco che non esita a buttar via il proprio nome pur di non sottostare a ideologie nauseanti come quella nazista.

L’autrice è molto precisa nel seguire gli itinerari tortuosi delle sorelle per non farsi scoprire, nel rintracciare tutti i legami nascosti con i loro amici e collaboratori, e anche nel ricapitolare gli eventi storici e i provvedimenti legali che portano al progressivo inasprimento della vita degli ebrei in Olanda.

Ad un certo punto, pare che la vita diventi veramente soffocante per la famiglia Brilleslijper e i suoi amici. Tanti di loro vengono rapiti, uccisi con esecuzioni sommarie con accuse semi-inesistenti, cadono vittime dei rastrellamenti, partono per non ritornare mai più. Janny e Lien sfiorano il disastro un paio di volte, per poi cavarsela all’ultimo secondo. Sono forti, le sorelle. Inarrestabili e forti.

Ma anche l’essere umano più forte non può nulla contro la debolezza del carattere altrui, che cede al tradimento.

Qualcuno parla alla persona sbagliata di quella casa tra i boschi, passata quasi inosservata nonostante la sua prorompente e vistosa bellezza, e un bruttissimo giorno le sorelle, la loro intera famiglia e il gruppo di ebrei clandestini che erano con loro, vengono prelevati dai famigerati cacciatori di ebrei e portati via.

Ancora non lo sanno, ma Janny e Lien si trovano nel mezzo della cosiddetta Soluzione finale, approvata da poco dagli aberranti vertici del comando nazista. Resisteranno con tutte le forze possibili e immaginabili. Prima di sparire sui maledetti treni, la madre delle due sorelle le aveva esortate a restare insieme sempre. E per mantenere quella promessa disperata, Janny tirerà fuori tutto l’immenso cuore che la contraddistingue.

Non si stancherà mai di sostenere la sorella, le infonderà la voglia di vivere nel bel mezzo dell’inferno più nero, anche quando entrambe sono ridotte a poco più di fantasmi. E Lien farà lo stesso. Entrambe si sforzeranno di farlo anche con un’altra coppia di sorelle, Anna e Margot Frank, con cui condivideranno lo stesso maledetto campo.

Sarebbe bastato ancora un altro poco, davvero un altro poco… e sarebbero ritornate tutte e quattro. Sappiamo com’è andata, e scopriamo com’è ritornare dall’inferno e poterlo raccontare, quando Lien e Janny ritrovano almeno una parte della famiglia perduta.

Una storia epica. Raccontata con partecipazione e preparazione, obiettività sobria senza freddezze da laboratorio, mantenendo un buon equilibrio sopra gli orrori e le contraddizioni di una guerra confusa, crudele, che ha fatto emergere abissi e altezze negli esseri umani, e che è ancora una ferita dolorosa, pur se lontana.

A cura di Loredana Gasparri

https://www.delfurorediaverlibri.it

 

Roxane van Iper eh


Roxane van Iperen, ex avvocato, è scrittrice e giornalista. Nel 2016 è stata corrispondente dal Brasile per De Correspondent e ha pubblicato il suo primo romanzo. Vive a Nardeen, nell’Alto Nido.

 

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