Sortilegi




Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Bianca Pitzorno

Editore: Bompiani

Pagine: 144

Genere: Narrativa

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Mentre infuria la peste del Seicento, una bambina cresce in totale solitudine nel cuore di un bosco e a sedici anni è così bella e selvatica da sembrare una strega e far divampare il fuoco della superstizione. Un uomo si innamora delle orme lasciate sulla sabbia da piedi leggeri e una donna delusa scaglia una terribile maledizione. Il profumo di biscotti impalpabili come il vento fa imbizzarrire i cavalli argentini nelle notti di luna.Bianca Pitzorno attinge alla realtà storica per scrivere tre racconti che sono percorsi dal filo di un sortilegio. Ci porta lontano nel tempo e nello spazio, ci restituisce il sapore di parole e pratiche remote – l’italiano secentesco, le procedure di affidamento di un orfano nella Sardegna aragonese, una ricetta segreta – e come nelle fiabe antiche osa dirci la verità: l’incantesimo più potente e meraviglioso, nel bene e nel male, è quello prodotto dalla mente umana. I personaggi di Bianca Pitzorno sono da sempre creature che rifiutano di adeguarsi al proprio tempo, che rivendicano il diritto a non essere rinchiuse nella gabbia di una categoria, di un comportamento “adeguato”, e che sono pronte a vivere fino in fondo le conseguenze della propria unicità. Così le protagoniste e i protagonisti di queste pagine ci fanno sognare e ci parlano di noi, delle nostre paure, delle nostre meschinità, del potere misterioso e fantastico delle parole, che possono uccidere o salvare.

Recensione

Che cos’hanno in comune Caterina, Vittoria, Remedia, la signora della Domo Manna, Lenedda, Monica?

Sono donne e bambine, orfane o legate a una famiglia numerosa e sparsa, guidate dal corpo che ricorda, dall’istinto di sopravvivenza, dalle migliori intenzioni, dalla fantasia, dalla volontà o dalla disperazione. Figure diverse, belle o terribili, acerbe o accoglienti, ma tutte circonfuse di incanto e di parole – che poi, neanche tanto in fondo, sono la stessa cosa.

Qualcuna è dotata di poteri magici, è in comunione con la natura o nasconde libri proibiti e pericolosi, a qualcun’altra quella forza è attribuita dalle dicerie e, sempre per maldicenza, odora di zolfo e si muove su piedi caprini, per un’altra ancora l’incantesimo, unico e inimitabile, risiede nella mano che mescola zucchero e uova. E poi c’è il linguaggio: interdetto o fatto di sguardi e di orme sulla sabbia, dominato con superbia o acceso di curiosità, risate argentine ed espressioni dialettali.

Insieme, magia e lettere intessono un sortilegio reale o soltanto temuto – ma è più temibile la minaccia vera o la sua idea? E se l’immaginazione fosse già evocazione? – una coltre di fortuna e protezione o un anatema che precipita tra le fiamme dell’inferno e di un cuore spezzato che ruggisce e attacca.

Insomma, con le cose occulte, cose di inchiostro, di fiato e di vento, c’è poco da scherzare, e guai a chi si imbatte in una cosiddetta “strega”: c’è da innamorarsi, da sentirsi vili, insignificanti e in colpa per sempre, c’è da non riuscire più a dormire la notte (né di giorno, se è per questo) per la paura, la passione o un profumo che si è insinuato tra il naso e il cervello e non ha paragoni. Mentre la lingua si scioglie, scatta a sproposito o, al contrario, pare svanita tra le fauci di un gatto, cosicché le parole fluiscono come un rivo in piena, esondano o si bloccano in gola come un pezzo di biscotto stantio che non va né su né giù.

Per fortuna c’è chi è più maga delle maghe e padroneggia incantamenti, lemmi e ricette con maestria, coscienza e cura, così tutti i babau tornano cheti sotto i letti – mica spariscono, ma pure loro hanno bisogno di una storia – e resta la pura bellezza della narrazione: sto parlando naturalmente di Bianca Pitzorno, che con Sortilegi ci regala tre racconti meravigliosi, a loro volta con una storia, nati per accompagnare tavole illustrate e altri progetti e poi ripresi, approfonditi, cesellati per questo volume prezioso, senza tempo e sempre calzante.

Perché ogni volta che apriamo un libro, sia che le sillabe rappresentino ancora un mistero sia che siamo già avvezzi, ma mai stanchi, al voltar delle pagine, il prodigio si rinnova, uguale a se stesso e ogni volta diverso; torniamo piccoli o ci vediamo già centenari e saggi come forse non saremo mai, diventiamo merli indiani, cani gialli e capre pazienti, scopriamo e riscopriamo vampe e luci, potenze ctonie ed energie che si agitano in noi, pronunciamo nella mente o a mezza voce frasi che pesano, si imprimono e trasformano… forti come una malia, belle come un libro nuovo, letto, riletto, amato.

A cura di Francesca Mogavero

 

Bianca Pitzorno


Bianca Pitzorno (Sassari 1942) ha pubblicato dal 1970 a oggi circa cinquanta opere tra saggi e romanzi, per bambini e adulti, che in Italia hanno superato i due milioni di copie vendute e sono stati tradotti in moltissimi Paesi.
Ha tradotto a sua volta Tolkien, Sylvia Plath, David Grossman, Enrique Perez Diaz, Töve Jansson, Soledad Cruz Guerra e Mariela Castro Espín. Tra i suoi titoli più noti: Extraterrestre alla pari, 1979; Vita di Eleonora d’Arborea, 1984 e 2010; Ascolta il mio cuore, 1991; Le bambine dell’Avana non hanno paura di niente, 2006; Giuni Russo, da Un’estate al mare al Carmelo, 2009; La vita sessuale dei nostri antenati (spiegata a mia cugina Lauretta che vuol credersi nata per partenogenesi), 2015 e Il sogno della macchina da cucire, 2018.

 

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