Mostruosa maternità




MOSTRUOSA MATERNITÀ 


Autore: Romana Petri

Editore: Giulio Perrone Editore

Genere: narrativa

Pagine: 200

Anno di pubblicazione: 12 maggio 2022

Sinossi. Romana Petri indaga uno dei sentimenti più complicati: quello che lega una madre ai suoi figli. Che unisce e disunisce, perché non per tutte mettere al mondo un figlio significa gioia e appagamento. Anzi, a volte sembra che queste protagoniste entrino nella terra del diavolo e che poi non sappiano più come uscirne. In una rinnegata possibilità, o incapacità, di intravvedere una redenzione prima della caduta, cominciano queste storie. Iniziando e chiudendo con il caso Franzoni, i racconti iniziano nel Medio Evo per poi finire ai nostri giorni. In quel parte della mente può andare a finire il pianto dirotto di un figlio? Quale senso di inadeguatezza estetica durante la gestazione può fare impazzire? E perché si può accettare violenza sul proprio figlio da parte di un uomo che ne sia o non sia il padre? Che tipo di insana gelosia può provare una madre verso una figlia? In questo territorio dove a rimetterci è ancora una volta il più debole, Petri cerca di capire osservando ogni dettaglio della più crudele delle violenze. Tra fatti di cronaca veri e storie di fantasia, Mostruosa maternità è un viaggio nella parte più oscura e indicibile dell’universo femminile.

Recensione di Sara Zanferrari



I
l “non visto. Chi è? Chi sono? A cosa può portare? cosa vuole dire non essere visti, o non vedere, essere invisibili, non esistere, non essere mai nati, non nascere mai nella mente di una madre?

Ciò che non si può dire, ciò che non si può spiegare, ciò che non si può nemmeno concepire: se di padri assassini in letteratura e cronaca ne troviamo, di madri assassine no, proprio no. Pensiamo, o anzi pensavamo, che non fosse possibile, perlomeno fino a questi nostri ultimi giorni terribili dove la cronaca ci sta sbattendo davanti agli occhi una realtà che mai avremmo pensato di poter concepire.

Concepire… concepiamo pensieri, così come concepiamo figli. In parte potrebbe star qui, la sventura, di quei figli non pensati, a volte non desiderati, ma concepiti e partoriti. E, infine, assassinati.

Come che te go fato, te desfo (Come ti ho creato, ti distruggo): è una frase che noi madri venete a volte usiamo quando ci arrabbiamo coi figli. Spesso la usiamo in modo scherzoso, bonario. Ma cosa succede nella mente di quelle madri che traducono in atto la possibilità, il pensiero più terribile?

Che mostro si annida dentro di loro (o di noi, tutti noi…)? Cosa è successo, ci chiediamo sgomenti.Un raptus, un blackout, una dimenticanza, una follia? Queste cose succedono solo ai mostri, ai folli!Forse sì. O forse no. Romana Petri attraverso i suoi dodici racconti ci ammonisce, o piuttosto ci instilla il dubbio che a parità di condizioni, chissà.

Chissà quali mostri genera la solitudine. Chissà a quali gesti estremi può portare.

Perché tutte queste donne di “Mostruosa maternità” se ammazzano per ragioni diverse (gelosia, vendetta, stanchezza, fragilità) hanno tutte in comune una desolante solitudine. E se invece avessero avuto qualcuno vicino? Se fossero state amate, viste, di più, chissà. Se in quell’istante in cui la follia assoluta della violenza scagliata contro il proprio figlio, così contro natura, così vicina alla violenza contro sé stesse (il figlio, in ultima istanza, non è forse uscito dalla loro pancia, sangue del loro sangue, carne nella carne?), se in quell’istante fosse arrivata una telefonata o la visita anche solo non dico di un parente, ma di un amico, un vicino, una qualunque persona entrata ad interrompere il tragico corto circuito?

Solitudine, dolore, rabbia, incapacità, contrapposte alla favola perfetta della mamma del “Mulino Bianco”, dove la mamma non è mai stanca, mai triste, mai sbagliata. Una favola raccontata mille volte, soprattutto durante la gravidanza, quando una nuova persona ti cresce dentro, ma poi deve uscire, e finché è dentro va tutto bene, ma poi cosa sarà?

Che gran cosa, la maternità, e che gran mistero.

Romana Petri pesca a piene mani (ahinoi) dalla cronaca, i suoi racconti sono spesso storie realmente accadute, e ci restituisce quadri talmente vividi, talmente reali, emozioni e sentimenti così profondi e ben descritti da farci tremare.

Non ci sono giudizi, non si tirano conclusioni, anzi, come nel caso dei due racconti su Anna Maria Franzoni che aprono e chiudono il libro, ciò che insinua fra le pieghe della nostra coscienza vuole essere proprio il dubbio.

I dubbi. Plurale. Dubbi su cosa sia realmente accaduto, dubbi su chi siano i mostri, dubbi sulle fragilità e le follie, dubbi sui nostri giudizi di benpensanti.

Ci racconta di madri. E di donne. E di come la società le vuole, le guarda, le giudica, le stritola.

Ci racconta dodici storie uniche, diversissime fra loro eppure segnate da cifre simili, facendocisentire chiara, definita, reale e personale la voce di ogni protagonista (tutte donne, tranne un uomo), epoca, luogo. Una scrittura che risulta quasi più appassionante delle trame, che pure basterebbero già da sole a spingere alla lettura, da tanto è bella e vera.

Una scrittura che ci risucchia nella vita e nell’anima stessa di madri, figlie, figli, ci mastica, ci tritura, ci risputa, non ci fornisce spiegazioni, giudizi, scuse, non consola, non stupisce con effetti speciali e adrenaline facili, ma semplicemente ci trascina in fondo al pozzo, ci dice “guarda qui dentro” Adesso, forse, sai.O, perlomeno, sai di non sapere proprio niente.

Io non voglio giustificare niente, ma non mi piace questo bisogno di andare sempre a cercare una causa, una spiegazione che faccia luce, senza accettare che certe cose avvengono anche perché seguono un destino loro e per motivi che non hanno spiegazione. Non la capisco questa necessità di sentirsi fuori pericolo dicendo che era pazza. Sembra ci sia qualcosa di orrendo nel concepire l’esistenza di una mostruosità ammettendo di ignorarla.”

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Romana Petri


Romana Petri, classe 1965, vive a Roma. Scrittrice, critica letteraria e traduttrice italiana dal francese, dallo spagnolo e dal portoghese. Tra le sue opere Ovunque io sia, Ti spiego, Le serenate del ciclone (Super Mondello e Premio Mondello Giovani 2017), “Tutta la vita” (Premio Bottari Lattes 2012), “Il mio cane del Klondike”, “Pranzi di famiglia” (Premio The Bridge 2019), “Figlio del lupo” (Premio Comisso e Premio speciale Anna Maria Ortese – Rapallo 2020), Cuore di furia e La rappresentazione. Nel 1998 e nel 2013 è stata finalista del Premio Strega. Collabora con Io Donna e il Corriere della Sera.

A cura di Sara Zanferrari

 poesiedisaraz.wordpress