Frattura




Recensione di Sara Pisaneschi


Autore: Andrés Neuman

Traduzione: Fulvio Ferrari

Casa Editrice: Einaudi

Genere: Narrativa

Pagine: 408

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Il kintsugi è un’antica pratica giapponese che prevede l’utilizzo dell’oro – o di un altro metallo prezioso – per saldare i frammenti di un oggetto rotto. Grazie a queste pregiate riparazioni, l’oggetto rovinato diventa un’opera d’arte. Il kintsugi è la celebrazione delle cicatrici, l’elogio delle linee di frattura. Il signor Yoshie Watanabe è un uomo anziano, silenzioso, solitario. Anche lui, come un vaso rotto, porta i segni dei soprusi del tempo e della brutalità degli eventi. La sua vita prende una piega drammatica quando è solo un bambino. Sopravvissuto per una concatenazione di banali casualità all’esplosione della bomba atomica di Hiroshima prima, e scampato a quella di Nagasaki poi, Yoshie non ha più nessuno. Dei genitori, delle sorelle, del Giappone in cui ha vissuto fino a quel momento, non rimane altro che un cumulo di ricordi e macerie. Yoshie cresce a Tokyo con una coppia di zii, ma appena può lascia il paese e si trasferisce prima a Parigi, poi a New York, a Buenos Aires, a Madrid, complice l’assoluta dedizione a un lavoro che gli permette di viaggiare. A scortarlo in quel vagabondare irrequieto non c’è solo la trama di bruciature che gli percorrono la schiena e le braccia: tracce invisibili, ricordi in dissolvenza, una sofferenza senza nome sono il bagaglio più ingombrante di cui non può disfarsi. E così, dopo decenni passati a saldare e spezzare legami tanto intensi quanto effimeri, raggiunta la pensione, Yoshie torna a vivere a Tokyo, forse nella speranza di riconciliarsi con la sua identità. Ma nel 2011 il terremoto che precede l’esplosione di Fukushima lo costringerà a confrontarsi con i fantasmi del passato. A raccontare di Yoshie sono Violet, Lorrie, Mariela, Carmen, le donne che lo hanno amato, una per ogni città. Le loro versioni si somigliano appena, ma rivelano un’unica storia: quella di un uomo ferito, alla ricerca instancabile dell’oro che possa risanare tutte le fratture di una vita.

Recensione

Ci sono avvenimenti catastrofici che ci fanno immediatamente mettere a fuoco il dolore delle persone, le loro perdite, le innumerevoli vite spezzate. E poi ci sono quelli come la bomba di Hiroshima in cui l’immagine predominate è il fungo che ne è scaturito e tutte le immagini ad esso associate. Eppure di persone ce n’erano anche lì, ce n’erano tantissime. Uno di questi è Yoshie Watanabe che, ancora molto giovane, è sopravvissuto alle due bombe che hanno distrutto Hiroshima e Nagasaki. Lo hanno sfiorato, senza colpirlo, ma hanno distrutto tutta la sua famiglia. È una sorta di miracolato? Lui non la vede assolutamente così. Va a vivere con gli zii a Tokio.

Li adora e non sa davvero come avrebbe potuto fare senza il loro appoggio, ma sente qualcosa che lo trascina via e coglie la prima occasione di studio per andarsene. Vuole iniziare una nuova vita, lontano da tutto quel dolore, dalla distruzione, dalla mancanza di senso. Si rifugia a Parigi, impara costumi e lingua. Ama. Eppure dopo un po’ non gli basta più e si sposta di nuovo. Ricomincia a New York, a Buenos Aires, a Madrid, ogni volta immergendosi in una nuova lingua e in nuovi costumi.

Ancora ama, ancora si sente “mancante” e se ne va lontano, lasciando a metà tutto ciò che ha costruito. Il lavoro lo appaga molto, la sua collezione di benjo gli riempie le serate, ma le cicatrici delle scottature riportate a Hiroshima bruciano sempre allo stesso modo, nonostante gli anni che passano, gli amici, le gioie e gli amori. Sono le donne importanti della sua vita che ci raccontano quella di Yoshie. Violet, Lorrie, Mirela e Carmen. Una donna in ogni porto, come un marinaio che però non trova mai il luogo ideale di attracco.

Ce ne danno versioni differenti, un Yoshie diverso per ogni relazione, un Yoshie che matura, che cresce, che invecchia, che continua a chiedersi perché è ancora vivo e perché non ricorda più la voce delle sue sorelle perdute. Giunto alla pensione decide di tornare nel suo paese di origine, ed è lì quando il terribile terremoto del 2011 scatena uno tsunami e la conseguente esplosione della centrale nucleare di Fukushima.

Ancora sopravvissuto è ora di fare i conti col passato e con i suoi fantasmi. Vuole andare a visitare i luoghi dell’ultima catastrofe, vuole incontrare le persone, cercare di capire, darsi un senso. È un uomo “rotto”, sparso in mille pezzi, e chissà se il kintsugi, l’antica arte di risanare gli oggetti con oro o metalli preziosi mettendo in evidenza le crepe, non funzioni anche per le persone. Yoshie ha subito grandi e profondi danni, potrà mai uscirne impreziosito?

Questo libro non è esattamente un romanzo. O meglio, lo è, ma riassume in sé anche una approfondita indagine storica e giornalistica. È un viaggio nel viaggio. È la continua ricerca di qualcosa che sfugge al protagonista come a tutti noi: il senso di certe cose.

Amo molto Andrés Neuman e questo libro è stato per me una grande conferma.

 

Andrés Neuman


Andrés Neuman è nato a Buenos Aires, dove ha trascorso l’infanzia. Si è poi trasferito a Granada, dove ha insegnato letteratura latinoamericana. In Italia sono stati pubblicati i romanzi Frammenti della notte, Una volta l’Argentina, Il viaggiatore del secolo, Parlare da soli e le raccolte di racconti Le cose che non facciamo e Vite istantanee. È stato selezionato dalla rivista “Granta” tra i maggiori giovani scrittori di lingua spagnola. Ha vinto, tra gli altri, il premio Hiperión de Poesía nel 2002, il premio Alfaguara de Novela nel 2009 e il premio della Crítica nel 2010. È stato finalista al Premio Herralde, al Premio Rómulo Gallegos e nel. 2014 è entrato nella shortlist dell’International IMPAC Dublin Literary Award

 

Acquista su Amazon.it: