Intervista a Antonio Lanzetta




A tu per tu con l’autore


 

Qual è stato lo spunto dell’uomo senza sonno, intendendo il personaggio? Non sembra qualcuno di facile da definire, ama molto sfuggire.

L’idea de L’Uomo senza Sonno ha iniziato a formarsi nella mia testa nel 2019. Io parto sempre da personaggi, è ho cominciato a tracciare il profilo di Bruno, a disegnarne la fisicità, nella mia testa. Solitamente poi costruisco la storia intorno ai protagonisti, il cui racconto di vita ha la precedenza sulla trama. Da lettore, i libri di pura trama mi annoiano, non mi lasciano niente, quindi cerco di non imitarli.

Che cosa sono il bene e il male, secondo te? Nel romanzo qualche volta si intrecciano così forte, da non riuscire a distinguerli nettamente.

Non credo agli assoluti. Non esistono i super buoni o i cattivi. Ogni essere umano è fatto di ombre, di zone di buio: nasciamo tutti con un’indole neutrale, poi cambiamo in base alle esperienze di vita, agli sbagli che commettiamo, alle emozioni e alle paure che ti scuotono. Il nostro modo di essere allora diventa una spontanea reazione alla vita, un meccanismo di difesa. Il bene e il male sono agli estremi, ma si scontrano su un confine labile.

Da una parte abbiamo l’uomo senza sonno. E dall’altra l’uomo con il cappello. Sono antagonisti, o fratelli?

Antagonisti, ovviamente. Sono nemici da sempre.

Questa storia, come altre precedenti, ha tinte forti, anche grottesche. Non temi di afferrare il lettore e girarlo verso le oscurità più temibili del cuore umano. Qual è il tuo intento nello scrivere con questo stile?

Mi piace l’idea di condensare nelle storie che scrivo quelle che ho letto, i film che ho visto, e tutto ciò che mi appassiona. Con L’Uomo senza Sonno sono riuscito a far leggere alle persone, non appassionate del genere, un libro che racconta la paura. Voglio spaventare, angosciare, ma anche intrattenere, raccontare la vita delle persone, far emergere i personaggi dalle pagine e creare nei lettori un senso di familiarità.

Se qualcuno volesse seguire le tue orme e ispirarsi a te, qual è il primo consiglio che gli daresti?

Parto con il dire che ne sarei lusingato. Come autore vengo dalla gavetta e continuo a fare gavetta. In quasi quindici anni di scrittura sono passato da un editore minuscolo non distribuito in libreria a un editore medio, sono stato tradotto all’estero e poi pubblicato in Italia da Newton Compton Editori. Io scrivo per divertirmi e perché mi piace: lavorare quelle due ore la sera a un romanzo, dopo una giornata in ufficio, è un po’ come farsi una partitella alla PlayStation per me, solo più faticoso. Scrivere è una questione di costanza, di studio, di tecnica e talento, oltre che di dedizione. Uno deve sentirsi le storie scorrere nelle vene, e leggere tanto. Un vero autore è prima di tutto un forte lettore. Poi, per il resto, ci vuole fortuna. Il mondo dell’editoria in Italia è un acquario di squali. Sono pochissimi gli autori che vivono solo con i diritti delle vendite dei propri romanzi, questo fa capire la drammaticità della situazione. Per questo è necessario essere realisti e credere in ciò che si fa, se scrivere è quello che si vuole dalla vita.

Ci consigli un libro che non ha fatto dormire te di notte? 

Il romanzo horror che dovrebbe essere letto, per me, è IT di Stephen King: oltre ad avere la forza di spaventare, togliere il sonno, è la storia americana per eccellenza. Uno spaccato nel tempo della storia di una nazione, della provincia con le sue contraddizioni. A parte IT, L’Estate della Paura di Dan Simmons merita assolutamente di essere scoperto: purtroppo era edito da un editore che ha poi chiuso, quindi spero venga presto ristampato da altri. La paura però non è fatta di soli mostri: in tema con la pandemia c’è il romanzo vincitore del Pulitzer, La Strada di Cormac McCarthy, che racconta il viaggio di un padre e un figlio alla fine del mondo. Un vero incubo… toccante, potente, un romanzo imperdibile.

Antonio Lanzetta

A cura di Loredana Gasparri

 

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