Il giallo classico. Sigfried Kracauer: il romanzo poliziesco




Sigfried Kracauer: il romanzo poliziesco


 

 

Nel 1984 Editori Riuniti pubblica un saggio del 1925 di Kracauer sul romanzo poliziesco.

L’analisi che l’autore compie su questo tipo di narrativa è di particolare interesse perché mette a fuoco problematiche non tanto stilistiche o di genere quanto filosofiche. L’indagine di Kracauer è infatti puramente teorica e cerca di evidenziare le cause che hanno portato alla nascita e allo sviluppo del poliziesco.

 

Perché nasce in ambiente anglosassone, chi sono i primi autori, qual è il loro pensiero e la loro visione del mondo, che tipo di società raffigurano, qual è il significato della ragione trionfante. Queste e altre domande trovano una risposta plausibile all’interno del lavoro.

Nel primo capitolo, Sfere, l’autore delinea i contorni della società in cui nasce il genere:

“Il romanzo poliziesco pensa realmente, fino in fondo, l’immagine della società dominata dalla ratio autonoma, di una società che esiste unicamente in virtù dell’idea, ma perfeziona anche, di conseguenza, gli spunti da essa ricevuti, affinché l’idea si concretizzi concretamente in azioni e figure.”

Questa visione si rafforza nel capitolo Psicologia in cui osserva la stilizzazione dell’elemento psicologico finalizzata a un’assolutizzazione della ratio.

 

Sigfried Kracauer

Nelle pagine successive vengono analizzate le caratteristiche del detective, uomo solo per vocazione, quasi simile a un monaco, votato interamente alla sua missione investigativa alla ricerca della verità seguendo la ragione e osserva:

“Per poter cogliere a livello estetico la sua personificazione, il romanzo poliziesco di tipo anglosassone conferisce alla ratio tratti puritani, trasformandola in modello di ascesi mondana, che nel mondo riduce l’importanza del mondo, strappandolo completamente dalle cose.”

Prosegue quindi studiando il rapporto, spesso conflittuale, tra detective e polizia e passa inoltre a studiare figura e funzioni del criminale concludendo che la caccia al colpevole da parte dell’investigatore è un puro processo mentale svincolato da questioni inerenti alla legalità. Il detective inoltre agisce talvolta al di sopra della legge decidendo chi è da consegnare alla giustizia e chi può essere “perdonato”.

Nell’ultima parte del saggio troviamo osservazioni sul processo investigativo, con interessanti paralleli nel mondo filosofico che coinvolgono Kant e Kierkegaard. Al termine c’è il capitolo sulla fine del romanzo poliziesco che rappresenta “la vittoria incontrastata della ratio, una fine senza tragicità, ma fusa con quel sentimentalismo che è il costituente estetico del Kitsch.”

È incredibile come un saggio che ha quasi un secolo possa offrire degli spunti illuminanti per la comprensione di uno dei generi letterari più amati dal grande pubblico. La sua analisi resta attuale perché riesce a cogliere quello che è lo spirito essenziale di una struttura narrativa ricorsiva come quella poliziesca. Riuscire a vedere i nessi tra struttura, personaggi e società è un modo per capire come e perché un testo riscuota successo, in onore alle parole di Eco che suggeriva, per capire un fenomeno, di guardare alla società che lo aveva prodotto.

 

A cura di Cristina Bruno


 

Scaletta:

Riflessioni su alcuni saggi

Kracauer il romanzo poliziesco

Vernant Mito e tragedia nell’antica Grecia

Todorov La letteratura fantastica

Ginzburg Miti, Emblemi e spie

 

Alcuni autori classici e le loro creature

Edgar Allan Poe – Auguste Dupin

Arthur Conan Doyle – Sherlock Holmes

S. Van Dine – Philo Vance e le regole dello scrittore di gialli

Agatha Christie – Hercule Poirot Mrs. Marple

Gilbert Keith Chesterton – Padre Brown

Edgar Wallace – I quattro giusti