Il figlio del tempo




Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Deborah Harkness

Traduzione: Irene Annoni

Editore: Piemme

Pagine: 528

Genere: Narrativa

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Restare giovani per sempre, sfuggire alla tirannia del tempo: essere un vampiro vuol dire anche questo, e quando Matthew de Clermont fa la sua bizzarra e inquietante proposta al giovane Marcus – diventare, come lui, un non-morto – sta facendo molto più che salvargli la vita sul campo di battaglia. Gli sta offrendo l’opportunità di sconfiggere il tempo. È la fine del Settecento, e Matthew incontra il giovane chirurgo Marcus in piena Rivoluzione americana. Da quell’incontro provvidenziale comincia il suo viaggio nella storia e nell’eternità, sotto lo sguardo amorevole di Matthew e Diana, sua moglie e strega immortale, che lo considerano un figlio: è stato Matthew, in fondo, ad averlo fatto “rinascere”. Ma diventare un vampiro vuol dire lasciarsi indietro una parte di sé, e liberarsi dalla mortalità significa rinunciare a ciò che, in fondo, ci rende umani. Due secoli dopo, a Parigi, sarà questo il tormento di Phoebe: umana, innamorata perdutamente di Marcus, dovrà decidere se accettare la meravigliosa e dolorosa transizione, e diventare vampira per seguire il suo cuore. Perché l’eternità è il dono più straordinario, ma anche più difficile, che si possa ricevere. Deborah Harkness torna a intrecciare meravigliosamente amore, storia passata e dilemmi morali in un nuovo romanzo con i protagonisti de La Trilogia delle Anime, che dopo il grandissimo successo in libreria è diventata un’acclamata serie TV.

Recensione

Cosa faresti se avessi a disposizione tutta l’eternità?

Ti toglieresti qualche piacevole (e non sempre legale) sfizio? Viaggeresti per mare con una ciurma di topi ed epidemie? Oppure ti lasceresti prendere dalla tristezza, ragionando sull’amor perduto e attendendo la sua reincarnazione?

I vampiri della famiglia de Clermont non fanno nulla di ciò: loro… vivono. Con tutte le implicazioni e le conseguenze del caso.

E qui entra in gioco uno dei due termini del titolo italiano: “tempo”. Come afferma la grand-mère Ysabeau, “la vita, anche la più lunga, è un soffio”, dunque è necessario mettere il proprio tempo a servizio di quello altrui, coltivarlo, far sì che dia buoni frutti, garantendo protezione e pace alle creature di sangue caldo. Una missione nobile, certo, una sorta di contrappeso ai poteri fisici e mentali che la mutazione in wearh conferisce, ma c’è di più: il tempo, appunto, o, per meglio dire, lo spirito del tempo.

Anche se il battito cardiaco rallenta, la pelle si raffredda e la propria fine viene proiettata molto più in là, dove acciacchi e malattie sono solo un ricordo, quando si è immersi nel tempo è inevitabile esserne posseduti e influenzati. Così, un demone di nome Marat (proprio lui) e una vampira possono essere abbagliati dagli ideali rivoluzionari, un giovane revenant può ammirare e apprendere i progressi della medicina, una donna dai canini affilati serbare il codice principesco della sua epoca e una strega preoccuparsi dell’arredamento di una casa secondo le mode attuali.

I vampiri di Deborah Harkness hanno appeso il classico mantello foderato di rosso per indossare abiti dal taglio sartoriale e contemporaneo, sorseggiano vino, cioccolata e caffè (a volte mescolati al sangue) parlando di attualità, pettegolezzi, studi universitari e fondazioni benefiche e riposano in cripte polverose solo quando sono (completamente) morti. Ma soprattutto hanno sete di vita: “per essere vampiri bisogna scegliere la vita – la propria, non quella di un altro – ancora e ancora, giorno dopo giorno: anteporla al sonno, alla pace, alla sofferenza, alla morte. Alla fine è la nostra irrefrenabile spinta a vivere che ci definisce: senza quella, non siamo altro che un incubo, un fantasma, l’ombra degli umani che siamo stati” dichiara ancora la matriarca Ysabeau.

Vi renderete conto che, in un tale “vampirismo illuminato”, la noia e la malinconia non trovano spazio, ma sono anzi un pericolo da cui guardarsi.

D’altra parte, immortalità, forza e potenza sono una responsabilità e pertanto ogni gesto – che dev’essere misurato come un passo di danza, a meno che non si voglia rovinare il parquet o distruggere la poltrona preferita – ogni atto e quasi ogni pensiero sono regolati da un cerimoniale complesso e all’apparenza incomprensibile. Per questo un de Clermont non è mai solo, ma ha alle spalle, e intorno e ovunque, una famiglia… che non è un branco, né un circo di dannati che raccoglie girovaghi e disperati strada facendo, bensì un gruppo di individui legati da vincoli di parentela e di affetto. Nonni, zii, cugini, padri, madri… e figli, come ci ricorda l’altro termine nel titolo.

Cosa ci rende figli e cosa ci lega ai genitori? Chi dovremmo chiamare madre e padre? Sono questi gli interrogativi su cui si interrogano tutti i personaggi del romanzo, mortali e manjasang, ciascuno secondo il proprio filtro, visione, esperienza: il capostipite, mano invisibile che tutto muove, il padre umano preoccupato per il destino della figlia, la figura presa a modello per le sue qualità, l’antico e severo zio, la madre strega alle prese con i suoi figli gemelli un po’ succhiasangue e un po’ incantatori, il vampiro in attesa che la sua compagna completi la trasformazione e lo scelga di nuovo, per sempre.

Una famiglia come tante, in fondo, con liti e riappacificazioni, feste, abitudini e tradizioni, con animali, bambini, amici e pranzi interminabili: una casa in cui talvolta (letteralmente) ci morde, ma dove la porta è sempre aperta… senza limiti di tempo.

Con uno stile scorrevole, vivace e attento ai particolari, la scrittrice spalanca al lettore una nuova frontiera della letteratura vampiresca, che fonde precisa documentazione storica (nel romanzo si trovano citazioni di documenti originali, tra i quali un sillabario del New England del 1762), un pizzico di gotico, humour, romanticismo e fantasy: un nuovo genere che li comprende tutti, variegato e colorato come lo sono la vita e il tempo… anche quelli dei vampiri.

A cura di Francesca Mogavero

 

Deborah Harkness


Deborah Harkness, americana, è specializzata in storia, in particolare storia della magia in Europa tra il 1500 e il 1700, e insegna alla University of Southern California, a Los Angeles. Ha esordito con Il libro della vita e della morte, primo volume della serie La Trilogia delle Anime, pubblicata in Italia da Piemme, cui sono seguiti L’ombra della notte e Il bacio delle tenebre. La saga ha avuto un immenso successo, è stata pubblicata in più di 30 Paesi ed è diventata una serie TV prodotta da Sky con il titolo A Discovery of Witches. Con questo nuovo, attesissimo romanzo, Il figlio del tempo, Deborah Harkness è tornata a raccontare quel mondo narrativo.