Intervista a Adelaide Barigozzi




A tu per tu con l’autore


 

Adelaide, intanto ti faccio i miei complimenti e ancora una volta ti rinnovo il mio grazie. Ho avuto modo di leggere i tuoi libri uno di seguito all’altro e credimi, sono stati una piacevolissima e briosa compagnia all’insegno delle chiacchere, delle risate e del mistero. Tu scrivi da tempo, ma a che punto della tua vita hai deciso di dar vita ad un vero e proprio libro e poi, perché hai scelto di dargli proprio questo taglio humor-mistery-noir che fa tanto salottino inglese (almeno per me) e che risulta, da sempre, essere una di quelle letture rilassanti e intriganti in egual misura?

Cara Loredana, ti ringrazio molto per le tue parole: divertire e intrattenere piacevolmente creando un piccolo mondo di fantasia, ma capace di entrare in sintonia con chi legge, è il mio desiderio più grande. È vero, scrivo da anni come giornalista ma naturalmente la fiction è tutta un’altra cosa. L’idea di scrivere un romanzo mi è venuta in un momento di difficoltà personale, più che altro per darmi conforto.  È così che è nato il mio primo giallo, Vico dell’Amor Perfetto. La casa editrice dove lavoravo era fallita e avevo perso il lavoro, in più mi ero appena separata malamente ed ero rimasta sola con una figlia piccola. Rifugiarmi in un mondo leggero, dove tutto – anche i delitti più efferati – accade per finta mi ha aiutata a superare giorni bui che poi per fortuna mi sono lasciata alle spalle. E poi sono sempre stata una grande lettrice di gialli, quindi mi è venuto naturale scegliere questo genere. Anche perché, come tutti sappiamo, il giallo classico, quello che si conclude con lo scioglimento di un mistero e lo smascheramento del colpevole, ha un enorme potere consolatorio, quasi terapeutico: c’è un mondo apparentemente perfetto che va in pezzi, ma grazie a un’indagine viene ricomposto. Viene ristabilita la verità e, spesso, anche la giustizia.

Parliamo di loro, le miss dei tuoi racconti: Patti la riccioli d’oro dal carattere deciso e prepotente, Rosanna la mora con la testa fra le nuvole e perennemente innamorata delle delusioni d’amore e poi lei, Clara la rossa che potrebbe fare concorrenza alle migliori Miss Marple della storia. Come sono nate queste tre figure così diverse fra loro, ma che in fin dei conti con le loro diversità si compensano alla grande? Da chi hai tratto ispirazione? Fra Patti, Rosanna e Clara, chi preferisci e a chi hai dato più di te?

Ciascuna è un mix di diverse caratteristiche che ho “rubato” dalla mia esperienza personale, da amiche, parenti, conoscenti, incontri… Sono un’appassionata collezionista di storie e mi piacciono molto i lati eccentrici delle personalità. In Patti, Rosanna e Clara ho voluto soprattutto celebrare l’amicizia femminile, quel legame che è empatia ma anche confronto, e che a volte sembra spezzarsi ma riesce sempre a ricomporsi passando dalla chiacchiera pettegola ai discorsi seri, sempre con leggerezza. Auguro a tutte di avere delle amiche come loro. In tutte, quindi, c’è un po’ di me, ma non mi sento di poter dire di riconoscermi in una di loro in particolare. Anche perché le altre potrebbero offendersi…

Patti, Rosanna e Clara non passano di sicuro inosservate ma la cosa che più le contraddistingue è sicuramente il fatto che non si vergognano del loro corpo, lo accettano e anzi cercano di valorizzarsi al meglio, perché come dicevano in “Vico dell’amor perfetto”: “Più carne hai, più vale la pena mostrarla!”. Neanche io sono proprio un’acciughina e mi piacerebbe avere metà della loro capacità di adattamento, da qui la mia domanda: come mai l’idea di creare tre donne così diversamente enormi, ai tempi del più magro è meglio? E ancora, perché hai scelto di collocarle proprio in una boutique?

Nemmeno io sono un’acciuga e oltretutto lavoro in un settore, quello del giornalismo femminile, che è sempre stato pesantemente influenzato dai diktat della magrezza, specie nella moda. Basti pensare alle copertine delle riviste dove campeggiano modelle filiformi e ai tanti articoli di diete. Sono messaggi che spingono tante ragazze normalissime a sentirsi “sbagliate”. È quindi un tema che mi sta a cuore e ho voluto trattare con ironia. Mi sono divertita a rovesciare lo stereotipo della donna che per sentirsi bella e sexy deve essere per forza magra. Da qui l’idea di tre amiche diversamente rotonde che aprono una boutique dove l’ideale di bellezza non ha limiti di taglia e il trionfo di un corpo abbondante viene celebrato con abiti coloratissimi e sensuali, invece di essere censurato da punitivi strati di camicioni informi, come spesso si è indotte a fare. Ultimamente, comunque, tante cose stanno cambiando anche grazie al movimento body positive e a tante attiviste, tra cui modelle curvy impegnate nel rivendicare la bellezza over size. Ho idea che le mie protagoniste ne possano far parte.

“La vera conquista era un’altra. La vera conquista era sentirsi bella, perché di diventarlo erano capaci tutte.”. Questa frase mi ha colpita molto e, allo stesso modo mi ha fatto riflettere. Secondo te, qual è il segreto per riuscire in una simile impresa, quando parti da una situazione che definisco di “calimerite” incalzante, per cui ogni mattina già guardarsi allo specchio potrebbe rivelarsi una mission impossible?

Non è facile, perché siamo condizionate dal giudizio degli altri, ma soprattutto dal nostro. In altre parole, è davvero una conquista che nasce dentro di noi e ha a che vedere più con l’autostima che con l’aspetto fisico. Ci sono donne affascinanti che per i canoni estetici dominanti risulterebbero brutte, e altre bellissime che non si sentono mai all’altezza. Siamo noi che dobbiamo darci valore, mettendo in luce le nostre specificità, ciò che ci rende uniche. Cercare di essere diverse da ciò che siamo non può che renderci infelici. Per alcune è un percorso lungo, per il quale è necessario l’aiuto di uno psicologo, per altre più breve, ma in ogni caso credo che noi donne dobbiamo imparare a essere più generose con noi stesse.

Attraverso questo tuo nuovo libro, seppur sempre con un taglio ironico, hai affrontato un tema abbastanza forte e sicuramente attuale, ovvero la vita in passerella e dietro le passerelle, fra lustrini e spesso falsi sorrisi, ovvero, ciò che vediamo e ciò che in verità ignoriamo. Come mai hai deciso di affrontare questo argomento?

Non mi sono mai occupata di moda come giornalista ma lavorando nella redazione di un femminile ho avuto spesso occasione di conoscere vari aspetti anche meno conosciuti di questo mondo, il backstage per così dire: le agenzie di pierre, i servizi fotografici, la preparazione alle sfilate… È un universo talvolta isterico ma affascinante, che dà molti spunti narrativi. E poi, essendo le mie protagoniste proprietarie di una boutique, prima o poi dove succedere che almeno una di loro fosse invitata a una sfilata nella Settimana della Moda milanese. Evento che, tra l’altro, con l’epidemia in corso sembra appartenere a un’altra epoca.

Quello che stiamo affrontando è sicuramente un momento molto particolare della nostra storia, ricco di sacrifici, di riscoperte soprattutto nella vita di tutti i giorni con cambi routine, ecc. ma insomma, speriamo che tutto questo impegno servirà a farci riemergere, anche più forti di prima. Dover riorganizzare i nostri ritmi non è stato sicuramente semplice: ne abbiamo guadagnato su certi aspetti come più tempo per fare ciò che ci piace, ad esempio leggere (parlo di me ad esempio), più tempo con marito e figli (che magari però non sono sempre una passeggiata), ma altresì vi è stata una riduzione di quei momenti della privacy di cui ognuno di noi sente il bisogno e a proseguire, i compiti, lo smart working e via dicendo. Insomma, una rivoluzione. Ti chiedo, come immagini la quarantena delle tue tre donzelle e come sta vivendo, invece, Adelaide questo particolare momento?

È davvero difficile immaginarle in quarantena, socievoli ed esuberanti come sono. La boutique Tutta curve sarebbe chiusa e loro costrette a casa, Rosanna che è single da sola, le altre con la propria famiglia. Di sicuro si sentirebbero molto spesso in videochat bevendo un tè e sgranocchiando cioccolatini. Rosanna confezionerebbe mascherine in stoffe fantasia coloratissime e Patti, che già ama preparare torte, ne sfornerebbe a ripetizione, mentre Clara avrebbe il suo daffare con la sua numerosa famiglia. Ma dato che il loro è un mondo fantastico sul quale ho il potere assoluto, preferisco pensare che non ci sia alcun virus a limitare le loro vite. Patti, Rosanna e Clara in questo momento sono nel loro negozio a spettegolare allegramente e a fare progetti per un futuro senza disinfettanti e distanze di sicurezza. Quanto a me, abitando a Milano dove purtroppo invece il contagio è ancora alto, convivo con l’ansia di quando esco a fare la spesa e la tristezza per le tante persone che ogni giorno continuano a morire e ad ammalarsi. Detto questo, la solitudine relativa (non mi sono mai sentita così tanto con amici e familiari) della quarantena è una condizione che non mi dispiace. E per fortuna, ho mantenuto i miei ritmi di lavoro grazie allo smart working. Divido il resto delle mie giornate tra lettura e scrittura, senza dimenticare la cucina (è la Patti che c’è in me).

Il primo tuo libro era ambientato interamente a Genova, il secondo ha dato più spazio a Milano, capitale della moda. Documentandomi su di te ho visto che per anni hai viaggiato parecchio per lavoro. Partendo dal presupposto che mi auguro di ritrovarmi presto in compagnia delle tre “Charlie’s Angels” di Palazzo della Polena, hai già ricominciato a scrivere e se sì, sai già dove si svolgerà la nuova storia?

Per ora sto solo lavorando a un progetto di partenza su cui creare la prossima trama. Dopo la trasferta milanese di Una sfilata rosso sangue ritroveremo le tre amiche al completo a Genova, ma probabilmente con alcune puntate verso la riviera di Levante. Ma potrei anche cambiare idea e farle viaggiare più lontano. Devo ancora decidere.

Siamo giunte alla domanda di rito per chi passa dal salottino di Thrillernord ovvero, oltre a scrivere sei anche una gran lettrice? Quali sono i tuoi autori di riferimento? Segui anche il genere nordico e se sì, puoi farci qualche nome fra i tuoi preferiti?

Sì, come ho già detto, amo molto leggere. Non solo gialli in verità, ma senz’altro tra i miei scrittori di riferimento ci sono tanti grandi autori di noir e thriller. La lista è lunga, mi limito a sei più una coppia: Cornell Woolrich, Jim Thompson, James Ellroy, Ruth Rendell, P.D. James, Elizabeth George e poi Fruttero & Lucentini di La donna della domenica. Amo anche il genere nordico. Ho naturalmente divorato la serie Millenium di Stieg Larsson, ma il mio autore preferito è Jo Nesbo insieme alla meno conosciuta Kerstin Ekman: Il buio scese sull’acqua è bellissimo, peccato non abbiano più pubblicato altri suoi lavori.

Adelaide Barigozzi

A cura di Loredana Cescutti

 

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