Le lupe di Pompei




 LE LUPE DI POMPEI


Autore: Elodie Harper

Traduzione: Isabella Zani 

Editore: Fazi

Genere: Narrativa 

Pagine: 440

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Le lupe di Pompei sono Amara, Didone, Vittoria, Berenice, Cressa. Ma nessuna di loro si chiama davvero così. Questi sono i loro nomi da schiave, costrette alla prostituzione nel bordello cittadino dal cinico padrone Felicio. Nella Pompei antica, che procede ignara incontro al proprio destino, vivendo contrasti abissali tra ricchezza e miseria, uomini e donne, cittadini liberi e schiavi privi di qualunque diritto, le ragazze che abitano il postribolo tentano ogni giorno di sopravvivere alla brutalità delle loro notti. Qualcuna, come Amara, ricorda un passato di libertà ed è decisa a riconquistarlo con ogni mezzo; altre, al contrario, sono nate schiave e non hanno conosciuto un’esistenza diversa. Ma nonostante il dolore di ogni storia personale e la continua gara per procacciarsi clienti, denaro e pane, le lupe possono contare le une sulle altre, farsi custodi delle reciproche debolezze e paure, proteggersi a vicenda ogni volta che è possibile, senza perdere la capacità di cogliere minuscole gioie quotidiane, ma soprattutto senza perdere la speranza: le strade di Pompei sono piene di opportunità e perfino chi non ha più nulla può trovare un’occasione per rovesciare la sorte in suo favore.
Con Le lupe di Pompei, primo capitolo di una trilogia imbastita sullo sfondo di una realtà lontana nel tempo ma brulicante di vita, Elodie Harper mette in scena un denso, avvincente racconto di resistenza umana e femminile, riuscendo a dar voce alle donne le cui storie sono rimaste ai margini della Storia.


Le lupe di Pompei

A cura di Laura Bambini


 Recensione di Laura Bambini

«Eccoti lì, all’asta come una puttana qualunque, ma a giudicare dal portamento ti credevi Diana dea della caccia. Pareva che da un momento all’altro potessi chiamare a raccolta i cani e fargli sbranare qualsiasi uomo osasse guardarti nuda.»

Si alza e fa il giro della scrivania. Amara lo guarda avanzare e si impone di stare ferma, anche se l’istinto la farebbe indietreggiare. Quando è vicinissimo, le posa delicatamente le mani intorno al collo.

«E lo faresti, dico bene? Sbranarli tutti.»

A Pompei, dice l’autrice in testa al libro, in epoca romana la parola lupanar aveva due significati: “tana di lupi” e “bordello”; allo stesso modo, lupa poteva significare sia “femmina di lupo” sia “prostituta”.

Una schiava costretta al meretricio veniva appellata con il nome di un animale selvatico, e con un altro nome ancora assegnato dal proprio dominus che cancellava il proprio, vezzo dell’epoca per sottolineare che fossero res, cose, dunque il loro nome, il loro segno di riconoscimento, doveva essere dato dal padrone.

Lupa, prostituta, cosa. Strano accostamento, eppure significativo del periodo.

Le lupe di Pompei di cui narra il libro sono Amara, Vittoria, Didone, Cressa e Berenice. Di Amara sappiamo da subito che non è nata schiava, ma libera, che è greca, figlia di un medico caduto in disgrazia. Colta, istruita e ben educata a sfuggire agli sguardi maschili, finché la madre non l’ha venduta come serva a un uomo per fame, e la moglie di quest’ultimo l’ha rivenduta come prostituta.

La storia di Amara si lega a quella delle altre lupe, che nella brutalità del bordello si spalleggiano a vicenda e si fanno forza, in un intreccio narrativo che affronta i temi con cui una donna dell’epoca doveva fare i conti: fingere che il proprio corpo non avverta nulla, evitare gravidanze indesiderate, comportarsi come vuole la società, e nel loro caso al contrario di come vuole la società.

Ogni lupa reagisce a modo suo: c’è Vittoria, abbandonata alla nascita nell’immondizia e che finge piacere per compiacere a sua volta il loro padrone, il liberto Felicio. Didone, nata libera come Amara, che rifiuta la propria schiavitù; Cressa, protagonista della parte più dolorosa del romanzo; Berenice, che tenta di mantenere i piedi per terra ed è la prima a tendere una mano in caso di necessità.

I personaggi sono tutti dipinti magistralmente, compresi quelli secondari come Paride, unico schiavo all’interno del bordello (curioso come “prostituto” non equivalesse a “lupo”, non è vero?), o Felicio, liberto dispotico ma con quell’accenno di buone azioni che lo rendono “grigio” e credibile.

Quest’ultimo, per quanto mi riguarda, è stato il personaggio più interessante: nonostante il suo unico credo fosse il denaro e il rimarcare il proprio dominio, soprattutto fisico, è anche il portatore della componente romantica nella vicenda, in maniera del tutto inaspettata. L’autrice,  infatti, inserisce delle questioni che rimangono irrisolte e che verranno con ogni probabilità sciolte nei restanti volumi della trilogia, di cui Le lupe di Pompei è il primo episodio.

Felicio è proprio il personaggio che, in un romanzo di voci femminili, mantiene quella vena di curiosità che non rende la storia appannaggio di un femminismo escludente e non inclusivo.

Passando al testo in sé, l’accuratezza storica permette di immergersi nella lettura senza difficoltà; l’autrice dipinge in maniera fluida Pompei, il comportamento delle lupe e il linguaggio, nonché l’assoluto menefreghismo per l’orientamento sessuale.

Il finale, lo ammetto, mi ha lasciata un po’ perplessa: mi aspettavo una chiusa più decisiva, visto l’andamento del romanzo, ma rimane una grande storia d’amicizia e di speranza, attuale come se potesse essere accaduta oggi. 

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Elodie Harper


Elodie Harper: Giornalista e scrittrice inglese, ha studiato Letteratura latina come parte del suo corso di laurea in Lettere all’Università di Oxford. I suoi racconti hanno vinto diversi premi, tra cui il Bazaar of Bad Dreams nel 2016, assegnato da Stephen King. Le lupe di Pompei, primo libro di una trilogia sulla vita delle donne nella Pompei antica, è il suo romanzo d’esordio: in corso di pubblicazione in sedici paesi, in Inghilterra ha avuto un successo clamoroso, raggiungendo i vertici delle classifiche di vendita e conquistando la critica, i librai e, soprattutto, i lettori.

A cura di Laura Bambini

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