New Iberia Blues




Sinossi. Nel mondo del detective Dave Robicheaux non si può dire che abbondino le storie felici, ma quella di Desmond Cormier, che ha fatto fortuna con il cinema, lo è certamente. Robicheaux ha incontrato per la prima volta Cormier per le strade di New Orleans, quando il minuto ragazzo sanguemisto sognava di diventare un regista di Hollywood. Venticinque anni dopo, Robicheaux bussa alla porta di Cormier, ma non per congratularsi con lui per le nomination ai Golden Globe e agli Oscar. Robicheaux sta per ripescare in mare il corpo di una donna crocifissa, primo di una serie di casi di omicidio che Robicheaux, insieme al giovane agente Sean McClain e alla detective Bailey Ribbons, dovrà risolvere. Né Cormier né il suo enigmatico amico Antoine Butterworth dicono molto, ma Robicheaux non abbocca. Come sempre, Clete Purcel e la figlia di Dave, Alafair, gli coprono le spalle. Clete assiste all’evasione di un detenuto texano, Hugo Tillinger, che potrebbe avere la chiave della sequenza di omicidi che sembra ispirata dalle carte dei tarocchi. Mentre si addentrano nelle indagini, finiscono nel mirino della mafia, dello squilibrato Chester Wimple, già apparso nel precedente Robicheaux, e degli oscuri fantasmi da cui Robicheaux è fuggito per anni. Alla fine, toccherà a Robicheaux fermarli tutti, ma dovrà evocare una luce che non ha mai visto o sentito per salvare se stesso e coloro che ama.

 NEW IBERIA BLUES

di James Lee Burke

Jimenez 2023

Gianluca Testani ( Traduttore )

poliziesco, hard boiled, pag.488

 Recensione di Claudia Cocuzza

New Iberia, capoluogo della parrocchia di Iberia, Louisiana. Profondo sud degli Stati Uniti d’America.

Qui è nato e sempre vissuto il detective Dave Robicheaux, che in questo episodio della longeva serie creata da J.L. Burke si trova a indagare su una sequenza di delitti, cruenti e scenografici, che sembrano avere a che fare con un malato disegno punitivo dalla forte impronta esoterica.

L’indagine si muove tra i bassi fondi di una città in cui gioco d’azzardo, prostituzione, violenza di strada e razzismo sono retaggio culturale di una divisione sociale che risente ancora della separazione tra bianchi e neri, feudatari e schiavi, che dai tratti somatici e dai cognomi evocativi si riverbera a zone d’ombra e grumi di odio camuffati ma mai cancellati.

A questo setting, nero e crudo, fa da contraltare il luccichio sfavillante di Hollywood: il regista Desmond Cormier, un sanguemisto che è riuscito a riscattarsi e a fare successo, ritorna a New Iberia per girare un film che farà la Storia del cinema.

Luce e ombra, essenza e apparenza, tangibilità e illusione: al di là del poliziesco, qui  è la forza di un romanzo che costringe il lettore a fare un viaggio tra le pieghe dell’animo umano, su una continua altalena emotiva che si spinge fino a toccare la consistenza della caducità.

Dave è vecchio: ha perso tre mogli, ha combattuto in Vietnam, si è affacciato sul baratro del male e molte volte ha rischiato di caderci. Il suo mondo è popolato tanto da vivi quanto da morti che lo assillano, reclamando giustizia:

– Ho un debito nei confronti di alcune persone che non hanno voce – dissi. – Perché sono in un cimitero. O perché sono sepolte in un sacco per cadaveri in una foresta pluviale dall’altra parte del mondo.

Quello della morte, del cammino sul viale del tramonto, è uno dei temi portanti del romanzo: Dave sente che il suo tempo sta per finire e a più riprese informa il lettore, come in uno scambio metaletterario, della sua stanchezza:

Non ero semplicemente stanco dell’iniquità del mondo. Ero stanco in particolare dell’avidità e dell’ostentazione della ricchezza che caratterizza i nostri tempi, e delle giustificazioni per la depredazione della terra e del male fatto ai nostri simili. Il grande dono dell’età è la consapevolezza che ogni mattina è una benedizione, di natura votiva come l’ostia della comunione alzata al cielo. Avevo preso l’abitudine di lasciar andare il mondo giorno per giorno, ma purtroppo il mondo non vuole lasciare andare me.

L’incontro con Bailey Ribbons gli dà l’illusione di un ritorno alla giovinezza, che però lui stesso relega nei confini dell’impossibile, negandosi forse l’ultima occasione di felicità.

Forte, tra le righe, è la denuncia sociale: dalle sorti della Louisiana, che fino alla Grande Depressione, conservava molte caratteristiche del mondo antidiluviano, inviolato dall’era industriale, alla riflessione globale su coloro che amano la guerra fin quando non devono parteciparvi.

Di New Iberia Blues non ricorderò, forse, tutte le vittime, le false piste e i passi avanti nell’indagine; di certo, però, rimarrà una grande lezione di scrittura e la tenerezza e il rispetto per un uomo e per le sue battaglie interiori.

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James Lee Burke


Burke è nato a Houston, in Texas. Ha studiato alla University of Louisiana at Lafayette ed alla University of Missouri, ricevendo rispettivamente un Bachelor of Arts e un Master of Arts in Letteratura inglese. Vistosi a lungo rifiutati i suoi dattiloscritti, ha lavorato nell’industria petrolifera, nel giornalismo e come assistente sociale in una zona disagiata di Los Angeles. Dagli anni Ottanta ha insegnato Scrittura creativa alla Wichita State University. La sua carriera di narratore ha avuto un inizio assai travagliato: alcuni dei suoi primi romanzi sono stati rifiutati decine di volte da case editrici grandi e piccole. Solo la creazione del personaggio di Dave Robicheaux, nel 1987, gli ha fatto conseguire notorietà internazionale. Burke è uno dei pochissimi autori ad aver vinto due volte l’Edgar Award: nel 1990 e nel 1998, oltre al premio alla carriera (il Grand Master Award) a lui assegnato nel 2009. Burke e sua moglie, Pearl, vivono attualmente tra Lolo, in Montana e New Iberia, in Louisiana. Anche sua figlia Alafair Burke, già vice procuratore distrettuale nell’Oregon e oggi professore universitario di Giurisprudenza, è una nota scrittrice di polizieschi e thriller. Dave Robicheaux, il personaggio più famoso di Burke, è stato portato sugli schermi due volte: da Alec Baldwin (in Omicidio a New Orleans, 1996, diretto da Phil Joanou) e da Tommy Lee Jones (L’occhio del ciclone – In the Electric Mist, 2009, con la regia di Bertrand Tavernier).

A cura di Claudia Cocuzza  

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