Oppenheimer




Sinossi. Ci sono voluti cinquant’anni a Jeremy Bernstein per scrivere del fisico Robert Oppenheimer, e quando è riuscito a misurarsi con la sua ossessione lo ha fatto in questo libro geniale. Oppenheimer fu il primo responsabile della bomba atomica e scriveva poesie. Sarebbe potuto arrivare al Nobel, ma la sua tendenza ad auto-sabotarsi finì per rovinargli la carriera. Bernstein riprende il dialogo con questo personaggio inspiegabile – che dalla pagina sfugge in mille direzioni – molto tempo dopo aver seguito le sue lezioni, preso il treno con lui, frequentato le stesse feste. A partire dalle domande che in vita, col suo carattere intrattabile, avrebbe certamente sviato: sentiva ancora di avere «le mani sporche di sangue» per Hiroshima e Nagasaki? Come si ritrovò «a flirtare con il Partito Comunista», trovandosi poi vittima della caccia alle streghe dell’FBI? Come spiegava i «suoi sentimenti ambigui sull’essere ebreo»? Il ritratto è quello di un uomo così tormentato che «ci si meraviglia di come abbia potuto fare scienza».

Ma le corde toccate da Bernstein appartengono a un mistero più profondo: possiamo davvero conoscere gli altri e noi stessi, o siamo destinati a convivere con l’enigma? «Con Oppenheimer non c’è mai fine a niente».

 Ritratto di un’enigma

di Jeremy Bernstein

Castelvecchi 2023

Giuseppe Mussardo  ( Traduttore )

Biografia, pag.224

 Recensione di Salvatore Argiolas

Il successo del film di Christopher Nolan ha riportato l’attenzione del mondo sulla figura di Robert Oppenheimer, uno dei più influenti scienziati del secolo scorso, responsabile del Progetto Manhattan che sviluppò le bombe atomiche che furono sganciate sul Giappone nell’agosto del 1945.

Tra i numerosi libri pubblicati in questo periodo sul celebre fisico spicca “Oppenheimer. Ritratto di un enigma” di Jeremy Bernstein, sia perché l’autore, anche lui fisico di professione, ha conosciuto personalmente Oppenheimer, sia perché non è una biografia classica dove viene seguita cronologicamente l’esistenza della celebrità oggetto del libro, ma è un’indagine concepita per conoscere meglio la personalità di un uomo tanto controverso, ponendo l’accento su alcuni episodi di grande importanza.

Come esplicitato dal sottotitolo Bernstein cerca di risolvere l’enigma Oppenheimer, un uomo tormentato che disse al presidente Truman

Sento che abbiamo le mani sporche di sangue” per la costruzione di un arma così distruttiva ma giustificava anche il ruolo dello scienziato alla ricerca della conoscenza.

Ma quando si arriva al punto in cui siamo, la ragione per cui abbiamo svolto questo lavoro è perché ha rappresentato una necessità organica. Se sei uno scienziato non puoi fermare una cosa del genere. Se sei uno scienziato ritieni sia un bene scoprire come funziona il mondo; che sia bene consegnare all’umanità in generale il più grande potere possibile di controllarlo e affrontarlo in accordo con le sue leggi e i suoi valori”

disse infatti Oppenheimer nel discorso di saluto ai collaboratori, l’ultimo giorno come direttore del laboratorio di Los Alamos, la località del Nuovo Messico in cui fu progettata e costruita la prima bomba atomica.

Jeremy Bernstein struttura il suo ritratto di Oppenheimer facendo perno su due momenti fondamentali, il gruppo di lavoro a Los Alamos, cominciato nel 1943 con poche persone e chiuso nell’autunno del 1945 quando vi lavoravano tremila addetti e il processo dove, nel 1954, gli fu revocato il nulla osta di sicurezza che gli consentiva di conoscere i segreti degli studi e degli esperimenti in corso.

Una delle accuse mosse ad Oppenheimer nell’audizione del 1954”

scrive Bernstein

fu di non essersi mai dimostrato sufficientemente “entusiasta” riguardo alla bomba all’idrogeno”

e forse fu questo il motivo per cui fu messo sotto processo perché si oppose allo sviluppo di questa nuova super bomba per motivi etici, per non accelerare la corsa agli armamenti con l’Unione Sovietica.

Bernstein mette in rilievo il fatto che ad Oppenheimer fu revocata l’autorizzazione nel 1954 sulla base delle stesse informazioni contenute nel dossier che nel 1947 lo scagionarono dalle accuse di avere forti simpatie per il comunismo e una buona parte del libro esplora le documentazioni originali del processo, dove il maggior nemico di Oppenheimer fu proprio lui, dando risposte ambigue e fraintendibili.

Anche se il libro di Jeremy Bernstein non riesce a risolvere completamente il “mistero Oppenheimer” contribuisce a farci conoscere meglio uno scienziato di grande livello macerato da riflessioni etiche molto attuali anche oggi.

In un discorso del 1959 Oppenheimer disse:

Mi trovo profondamente angosciato per il fatto che nessun discorso etico di qualsivoglia nobiltà o peso sia stato dedicato al problema delle nuove armi, delle armi atomiche… Cosa dobbiamo fare per una civiltà che ha sempre considerato l’etica come parte essenziale della vita umana (…) cosa dobbiamo pensare di tale civiltà che non è stata in grado di parlare della possibilità di uccidere quasi tutta l’umanità se non nei termini di un gioco teorico?”

Questi interrogativi conservano tutta la loro validità malgrado siano passati tanti anni e l’umanità non ha ancora preso atto della pazzia di una rincorsa nucleare sempre più accelerata mentre rimane inascoltata la voce di fisici come Oppenheimer che hanno capito in breve tempo la pericolosità del vaso di Pandora che hanno contribuito a costruire.

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Jeremy Bernstein


Professore emerito di Fisica presso lo Stevens Institute of Technology di Hoboken, New Jersey. Per oltre trent’anni ha collaborato col «New Yorker». È autore di numerose pubblicazioni di divulgazione scientifica. In italiano sono già usciti L’uomo senza frontiere. Vita e scoperte di Albert Einstein (il Saggiatore, 2019), Uomini e macchine intelligenti (Adelphi, 1990) e Salti quantici (Adelphi, 2013).