Intervista a Tiziana Viganò




A tu per tu con l’autore


 

Bentrovata Tiziana, “Quando il delitto è arte” non è il tuo primo romanzo, hai una bibliografia non indifferente, come mai a un certo punto della tua vita hai deciso di intraprendere la strada del giallo con il noto “Sinfonia nera in quattro tempi”, che precede appunto questa uscita?

Sono un’accanita lettrice di gialli anche se i miei interessi spaziano in altri generi: quando avevo dodici anni un’amica di mia madre mi ha regalato”L’assassinio di Roger Akroyd” di Agatha Christie e da lì è partita la passione! Sono un’ex redattrice della Garzanti Editore, ma  per tanti anni ho scritto solo articoli per riviste o racconti conservati nel pc. Poi a partire dal 2012 ho pubblicato “Come le donne”, racconti, “L’onda lunga del Titanic” romanzo storico, “Viaggi di nuvole e terra” itinerari nel mondo, ho curato l’antologia “Noi e il Sessantotto”. Scrivere gialli mi diverte molto: bisogna usare la fantasia per attirare il lettore, ma anche tanta logica, perchè lo schema di base deve essere ben congegnato, studiato al dettaglio, si seminano indizi e tutto deve tornare nel finale, si devono  aggiungere suspense, climax….un vero cocktail ben equilibrato.

Ho sempre definito questo giallo “semplicemente perfetto” perché i delitti che rinveniamo tra le pagine sono “semplicemente perfetti”, sono delitti che assumono un valore artistico. Come si colloca l’arte in questa storia? Cosa ti ha ispirata?

Prima di tutto ti ringrazio per il complimento, sono contenta che un mio libro piaccia ai lettori soprattutto a quelli esperti, si scrive per questo, no? per comunicare, per essere letti. La perfezione deriva dall’abilità del killer, intelligente e diabolico, folle e geniale: non sbaglia mai, non lascia la minima traccia, tranne quelle che semina di proposito, è un hacker e sa come usare il web. I suoi delitti sono frutto di un delirio, quello di passare alla storia come colui che ha inventato una nuova forma d’arte, simile alla Performance Art, ma innovata usando le sue vittime, orrendamente vere, “sistemate” ispirandosi a opere d’arte antiche e soprattutto contemporanee. Sono Veneri, amate o odiate…L’ispirazione mi è venuta nel 2019, passando in piazza Duomo a Milano, dove era esposta un’installazione di Gaetano Pesce contro la violenza alle donne, sconvolgente. Da lì è venuta l’ispirazione per la trama, unita al mio amore per l’arte.

Il killer in questione comunica con il mondo anche attraverso il linguaggio dei fiori, un’altra peculiarità del personaggio, dimostra così di essere un soggetto competente sotto molti punti di vista e di avere una personalità intrigante. Come nasce questa figura così completa?

Una personalità gravemente disturbata come quella del mio killer può avere un’intelligenza superiore alla media, può non rivelarsi nella vita di tutti i giorni e chi lo circonda può non accorgersi della sua ben nascosta follia . È sempre interessante andare a cercare i perchè delle azioni criminose nella storia infantile, nelle relazioni, nelle esperienze di vita: una storia personale con violenze e abusi ha molto spesso un peso notevole nella nascita di un killer, assieme alla genetica e all’ambiente. La mia formazione in psicologia mi aiuta a costruire personaggi  realistici, con le caratteristiche “giuste” e nei miei libri argomenti e personaggi sono sempre ispirati dalla psicologia o dalla sociologia. Il linguaggio dei fiori…Il killer, prima di passare all’azione, manda un avvertimento alle vittime, un mazzo di fiori un po’ insolito o una pianta e un biglietto con un messaggio misterioso: purtroppo le donne che lo ricevono non colgono la minaccia.

Il libro si apre con un’ambientazione particolare, quella del Campo dei Fiori, una montagna che domina Varese, un posto bellissimo che ben si sposa con lo stato d’animo del capitano Adelio Rusconi.

Rusconi è un convinto salutista, ama lo sport e ha bisogno di sfogare le sue energie fisiche: una camminata o pedalata nella natura sono il suo passatempo preferito. Momenti ideali per riflettere e guardarsi dentro, soprattutto in momenti di crisi, lavorativa o personale. Nel libro precedente era un quarantenne scanzonato, narciso ma senza esagerare, sciupafemmine sì, ma il suo lavoro a contatto con situazioni di coppia finite male lo aveva fatto meditare: ora, passati tre anni, dopo alcune storie finite male si sente come un “galletto spennato”, lasciato dalle sue donne e per il momento single, in fase di ulteriore maturazione sentimentale.

Cosa significa per quest’uomo continuare a vivere a contatto con l’oscurità e le brutture del mondo? 

Rusconi non è il poliziotto sofferente o depresso o distrutto, magari alcolizzato o drogato come tanti protagonisti dei gialli. È un uomo positivo, nello stesso tempo razionale ed empatico, logico e intuitivo, molto bravo nel suo lavoro, guida la squadra come un leader. La sua “normalità” si contrappone alla follia degli assassini che insegue. Ma  in questo libro è in crisi, si sente contaminato dal male che vede quotidianamente, mette in discussione se stesso,  il suo lavoro e questo lo rende malinconico, insoddisfatto, ha voglia di cambiare vita. Oltretutto  questo caso così difficile e doloroso fa traballare la sua autostima, perchè si sente beffato dal killer e incapace di fermarlo in fretta. Il suo carattere positivo non si farà abbattere da un momento nero, riuscirà a trovare il modo di uscire dallo sconforto e vincere.

Tanti messaggi importanti in questo giallo, è indirizzato a qualcuno in particolare?

Rusconi e la PM si interrogano: qual è il confine tra vittima e carnefice, qual è il limite oltre il quale si capovolge il rapporto, chi è davvero colpevole quando storie di violenze e di abusi nell’infanzia segnano nel profondo, senza rimedio, per sempre? Un problema immenso: il mio libro – che è un giallo e non ha altre pretese –  vuol solo invitare a una riflessione su questi temi. La risposta è forse in un grande lavoro di prevenzione e di educazione, contro la violenza in ogni sua forma, psicologica o fisica.

Quale libro hai sul comodino in questo momento e quale libro consiglieresti?

Ne ho tanti, come sempre: i gialli novità di Lucarelli, De Giovanni e Michelides, l’ultimo di Margareth Atwood e “Il mare della Grecia” sui miti delle isole egee.

Stai già pensando a una nuova indagine?

Mi piacciono le trilogie, quindi vorrei chiudere il cerchio con una nuova avventura di Rusconi: ci sto pensando…

Grazie di cuore

A cura di Patrizia Argenziano

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