La pazienza del sasso




Recensione di Sara Zanferrari


Autore: Carmela Scotti

Editore: Garzanti

Genere: narrativa

Pagine: 240

Pubblicazione: 25 marzo 2021

Sinossi. Della madre, Argia ricorda lo sguardo sereno mentre fa danzare le dita sui tasti del pianoforte. Il suo profumo, nei pomeriggi in cui le insegna a intrecciare i fili con il tombolo nella soffitta calda. In quei momenti, Argia si sente il centro dell’universo materno e vorrebbe occupare quel posto per sempre. Ma il suo si rivela presto un desiderio impossibile. Quando sua sorella Dervia viene al mondo, la prima cosa che fa è toglierle quel primato. Senza alcuno sforzo. Del resto, Dervia è tutto ciò che Argia non è mai stata: bella, aggraziata e fragile. Di una fragilità che è naturale proteggere, ma è altrettanto facile colpire. Bastano piccoli dispetti, un rifiuto a una richiesta di aiuto, un silenzio troppo profondo, perché Argia sfoghi l’invidia e la gelosia che le si muovono dentro e, crescendo, si abbandoni a gesti e ripicche sempre più velenosi nei confronti di Dervia. Fino a raggiungere il punto di non ritorno. Da allora sono passati anni. Argia si è rifatta una vita lontano dall’aspra Sicilia dove è cresciuta. Lontano da un passato troppo pieno di rancore e frustrazione. Eppure, intorno a sé vede solo macerie. E si rende conto che i legami di sangue, per quanto non cercati e non voluti, restano eterni e ci definiscono. Per questo deve tornare nel Belice. Per riallacciare i fili di un’esistenza che altrimenti resterebbe soffocata dai fantasmi di un tempo che non esiste più. Carmela Scotti torna a sondare le zone d’ombra dell’animo umano con la penna affilata, precisa e tagliente che la contraddistingue fin dal suo esordio, “L’imperfetta”. “La pazienza del sasso” è una storia che ci parla di legami familiari. Di espiazione. E del perdono che si cerca quando la verità, avvolta dalle nebbie del tempo, diventa opaca e rischia di confondersi con l’ossessione.

Recensione

Un viaggio all’inferno e ritorno. Un viaggio di memoria, di dolore e di espiazione, in compagnia di Acheronte e Virgilio.

Carmela Scotti, che torna in libreria dopo il felice esordio de L’imperfetta, finalista al Premio Calvino 2014, e “Chiedi al cielo” nel 2018, con questo terzo romanzo, ancora una volta pubblicato da Garzanti, trascina il lettore nel viaggio fisico e catartico della sua protagonista, Argia, dalla Lombardia alla Sicilia.

Argia in compagnia del figlio Lucio, “traghettati” dall’ex compagno di classe delle elementari, ora impresario funebre, Nicola, intraprendono un lungo viaggio nella torrida Italia estiva per deporre le ceneri della di lei sorella Dervia accanto a madre e nonna, come da sue volontà.

Al lettore potrebbe non apparire come un plot particolarmente “pericoloso”, ma fin dalle primissime pagine scoprirà di essersi sbagliato, scoprirà i meandri tortuosi, bui e maleodoranti della coscienza di Argia. Questa donna non concede sconti, soprattutto non li concede a stessa, assolutamente, dolorosamente, consapevole di essere composta soprattutto di ombre e crudeltà.

Ma come potrebbe essere diversa dalla bambina che fu, che ebbe a crescere al pari di un’Eva cacciata dall’Eden?

Prima che nascesse la sorella, Argia aveva conosciuto la felicità perfetta, l’amore perfetto di una madre felice che le donava tutta l’attenzione esclusiva che potesse desiderare. Fino a quando non viene al mondo la sorella, che oltre a spodestarla (fra l’altro attraverso una bellezza e una fragilità di cui Argia non è dotata), ma è persino causa di un terribile incidente destinato a portare via ogni traccia di felicità e di serenità, financo l’esistenza stessa della madre. Come può Argia perdonare Dervia per tutto questo? Come può accettare chi ha cancellato la musica dalla vita della loro madre e della famiglia tutta? La madre non potendo più suonare perde la bussola, perdendo la sua stella polare, la musica, passione totalizzante che pure lasciava uno spazio all’amore per le figlie, impazzisce lentamente e inesorabilmente, si rinchiude in sé stessa, si dimentica delle proprie creature, togliendosi infine la vita.

Il padre infelice a sua volta e incapace di restare nel proprio ruolo, a sua volta si sfila: se ne va, abbandonando le figlie che verranno cresciute dalla nonna materna, donna dura e priva di capacità affettive. Argia e Dervia cresceranno dunque in una solitudine affettiva enorme, un buco nero dell’amore, che tuttavia non sembra inghiottire Dervia, la quale resta sempre un po’ sopra le righe, capace di una leggerezza e felicità interiore, che la rende ancora più invisa alla sorella.

Argia continuerà a coltivare quel sogno mortifero che spesso i primogeniti fanno nei confronti di coloro che arrivano dopo di loro, ma che in una famiglia sana è destinato a tramutarsi prima o poi in amore fraterno.

Non in questo caso: Dervia pagherà tutto in moneta sonante, un pezzo alla volta, con la propria vita(e non solo la propria, a dirla tutta). Ad Argia, però, resterà il peso da portare della propria malvagità, della necessità di un perdono che non può più arrivare da nessuno, perché non c’è più nessuno:

Mi sembra che la terra sotto i piedi si sgretoli senza un appiglio a cui aggrapparsi, e per la prima volta so chi sono davvero: la più cattiva, la senza cuore, quella che ha tutto da perdonare e da farsi perdonare.

È in Sicilia che arriva la catarsi, il fuoco destinato a bruciare il male e cauterizzare le ferite, fuoco acceso da Edda, la madre di Nicola, donna che incarna la maternità tutta intera, disposta a rischiare tutto per le proprie creature, così diversa dalla maternità conosciuta dalle sfortunate ragazze.

Non la merito questa madre inaspettata, questo cuore spalancato in cui annegare per tornare, anche solo per un attimo, a essere figlia. A sentirmi intera. Siamo tutti figli di Edda

E da quelle ceneri è destinata a nascere una nuova Argia, una nuova figlia e una nuova madre per il figlio Lucio, il quale si intuisce sarà colui che l’accompagnerà in questo nuovo viaggio dentro a sé stessa, verso la pacificazione, il perdono, forse la felicità. Magari con la fedele, silenziosa, preziosa compagnia di Nicola.

“La valle del Belice sembra la scorza di un mondo finito milioni di anni fa, un residuo di passato con cui è necessario fare i conti, se si vuole ancora avere un futuro. E io voglio averlo, perché Lucio e mio figlio”.

Mi sforzo di sorridere, di dare ragione a Nicola, quando mi ripete che devo imparare a lasciare andare, che il passato non è l’unica strada”.

A cura di Sara Zanferrari

 poesiedisaraz.wordpress

 

Carmela Scotti


Carmela Scotti si è diplomata in pittura e fotografia all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Ha vissuto a Palermo, a Roma e a Milano, facendo i mestieri più diversi. Oggi vive in Brianza e collabora con i settimanali «Cronaca Vera» e «Tu Style». L’imperfetta, il suo romanzo d’esordio, è stato finalista al prestigioso premio Calvino. Chiedi al cielo è il suo secondo libro.

 

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