Bunny Boy




Recensione di Roberto Forconi


Autore: Lorenza Ghinelli

Editore: Marsilio Farfalle

Genere: Thriller

Pagine: 176

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Dicembre 2018. La testa di un uomo a cui sono stati asportati gli occhi viene ritrovata in un sacco di plastica ai piedi di un cassonetto. Il resto del corpo, privato anche del cuore e delle mani, viene scoperto il giorno dopo dentro un pozzetto dell’acqua piovana, in stato di decomposizione. Nel frattempo Nina, undici anni, viene obbligata dai genitori a tornare in psicoterapia, per superare un trauma che sei mesi prima le è quasi costato la vita e a cui tutti imputano la sua attuale insonnia. In realtà, da quando è diventata sorda, Nina è afflitta da terrificanti visioni sonore, che altro non sono che presagi di morte; le sue notti sono tormentate da incubi ambientati proprio all’interno di un pozzetto dell’acqua piovana. Mentre il killer – un ragazzino spezzato che crescendo si è trasformato in un oscuro e spietato vendicatore chiamato Bunny Boy – continua a uccidere, la bambina a poco a poco si rende conto di essere in qualche modo connessa a lui, e soprattutto di essere la sola a poterlo fermare. Per riuscirci, con l’aiuto di vecchi e nuovi alleati, si vede costretta a calarsi nel pozzo nero e profondo dei ricordi dell’assassino: i suoni e le visioni che la perseguitano appartengono infatti al passato di Bunny Boy, dove si nasconde una frattura che non può essere sanata né ricomposta, ma alla quale Nina dovrà comunque dare ascolto. Insieme alle ormai diciannovenni Rasha e Nur e al diciassettenne Alfredo, suo fratello, la bambina si troverà catapultata in un’avventura che porterà ognuno di loro a confrontarsi con le ragioni del male. I quattro ragazzi si addentreranno in un territorio in cui l’infanzia può essere nera e cannibale, ma comunque degna di essere riconosciuta. Quello che non sanno è se gli sarà concesso di riemergerne indenni.

Recensione

Una testa in un sacco lercio blu della spazzatura.

Immaginate ora di essere un operatore ecologico e di fare una scoperta così sconvolgente. L’immagine che vi si presenta davanti è cruda, senza fronzoli, terribilmente malsana e crudele. Senza rifiniture del caso, e senza un ombra di rimorso da chi ha commesso il crimine.

Una scena così realistica in grado di sconvolgere chiunque e che non sarebbe difficile vederla passare come notizia di cronaca nei TG odierni.

Ecco la forza e la potenza della Ghinelli: il realismo con cui scrive e la potenza visiva dei suoi libri. Fin dai primi scritti ci siamo trovati davanti una scrittrice in grado di evocare le immagini che scorrono su uno schermo nel mentre che ci approcciamo alla lettura con un linguaggio neanche troppo ricercato ma incisivo. C’è angoscia e timore, e non è nel buio che si nascondono i demoni e gli assassini, ma nell’adolescenza e nell’infanzia, laddove le meraviglie tramutano il bianco in nero e si perde quell’innocenza che tutti cercano di glorificare.

Già, perché i bambini sono tessitori di storie e di paure, e se nell’arcaicità di un mondo fatto di giochi c’è spazio anche per il mistero di quelle cose immaginate che si realizzano. E’ il caso di Nina, che avendo un dono particolare riesce a catalizzare angosce e visioni e così, perde la tenerezza degli sguardi e apre un mondo in correlazione con uno spietato killer che uccide a sangue freddo.

Bunny Boy è un po’ il sunto di tutto ciò che la Ghinelli ci ha portato in scritto fino ad oggi: troviamo forti personaggi femminili colmi di energia e sensazioni contrastanti; personaggi che corrono il rischio di diventare stereotipi ma non lo sono e acquistano credibilità durante lo scorrere delle pagine.

Se nel precedente “Tracce nel Silenzio” troviamo una Nina più morigerata, innocente, in questo libro la sua indole è variata in qualcosa di più oscuro fatto di vita propria.

Bunny Boy è il male. Bunny Boy è il bambino che è nascosto in tutti noi. Bunny Boy è anche il perdono e le occasioni mancate. Bunny Boy è il momento di evasione dal mondo dei sogni verso una realtà senza happy ending.

Per certi versi ci troviamo davanti un libro che potrebbe essere un nuovo “il divoratore” in cui l’incubo e l’infanzia diventano protagonisti fondendosi in una spirale di terrore e redenzione.

Lorenza Ghinelli fa centro pieno con questo libro e non cerca l’emulazione, ma segue un preciso stile che libro dopo libro si è affinato fino a rendersi riconoscibile. Un merito pazzesco che fa capire il valore intellettuale che si nasconde dietro una scrittrice che con i suoi libri “non fa dormire la notte”.

E se nel libro c’è un abisso nero come la pece in cui si affonda, sta al lettore pagina dopo pagina riemergere accanto a quel lato infantile e diabolico di cui si è permeato.

In fin dei conti ci sono molti più “Bunny Boy” accanto a noi di quanto pensiamo.

Assolutamente una lettura fondamentale per chi ama il genere thriller.

 

 

Lorenza Ghinelli  


Lorenza Ghinelli ha scritto Il Divoratore (pubblicato da Newton Compton e venduto in sette Paesi), La colpa (finalista nel 2012 al Premio Strega), Con i tuoi occhi, Sogni di Sangue, Almeno il cane è un tipo a posto (edito da Rizzoli e vincitore del Premio Minerva, pubblicato anche in Francia da Editions Thierry Magnier), Anche gli alberi bruciano e Tracce dal silenzio (pubblicato da Marsilio e finalista al Premio Scerbanenco). Diversi suoi racconti sono presenti in antologie pubblicate da Guanda, Bompiani, Elliot, Newton Compton, Il Castoro, CTRL. È stata editor interna, soggettista e sceneggiatrice per la televisione. Da oltre dieci anni collabora con la Scuola Holden come docente e tutor. Vive a Rimini.

 

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