Così crudele è la fine




Recensione di Sabrina De Bastiani


Autore: Mirko Zilahy

Editore: Longanesi

Collana: La Gaya Scienza

Genere: thriller

Pagine: 420

Anno di pubblicazione: 2018

SINOSSI. Scritto con maestria, carico di tensione narrativa e letteraria e forte dell’ambientazione in una Roma inesplorata, Così crudele è la fine è un’entusiasmante e vorticosa sfida al lettore, che accelera senza sosta sino al finale indimenticabile. «Mi chiamo Enrico Mancini e sono un poliziotto. Un profiler. Il mio lavoro è dare una forma al buio, dare un’identità a chi per averne una deve uccidere. Il mio lavoro è attraversare lo specchio oscuro per dare la caccia ai riflessi del male. Ma questa volta la preda sono io. E la caccia avrà un’unica, inevitabile fine crudele.»

In una Roma attraversata da omicidi silenziosi ed enigmatici, che gettano una luce nera sulla città, il commissario Mancini per la prima volta dopo molto tempo accoglie la sfida con nuova determinazione. Perché ora Enrico Mancini non è più l’ombra di se stesso: supportato dalla psichiatra della polizia che l’ha in cura, e affiancato dalla fedele squadra di sempre, si lancia alla ricerca di indizi che gli permettano di elaborare il profilo del killer. Costretto a rincorrere l’assassino passo dopo passo, vittima dopo vittima, tra i vicoli e le rovine della Roma più antica e segreta, il commissario capisce ben presto che il killer è anomalo, sfuggente come un riflesso. E in un gioco di specchi tra presente e passato, tra realtà e illusione, la posta finale non è solo l’identità del serial killer, ma quella dello stesso Mancini.

RECENSIONE

Con Così crudele è la fine, Mirko Zilahy ci consegna l’atto finale della parabola di Enrico Mancini, commissario e brillante profiler, ma ancora di più un thriller di fortissimo impatto, che dosa adrenalina e tensione, proprie dell’indagine su una serie di omicidi tanto crudeli quanto apparentemente slegati tra loro e inspiegabili, con la prepotenza di momenti, spazi personali, che non possono più essere accantonati, dando vita a una resa dei conti che diventa imprescindibile e urgente sia a livello poliziesco che a livello individuale.

Pochi, per non dire nessun Autore, al pari di Mirko Zilahy riescono a restituire una città – Roma, così presente nell’immaginario e nel vissuto delle persone – in un modo del tutto “nuovo”, efficace, inaspettato per certi versi, con una precisione e un rigore assoluto, senza risultare al contempo freddi o eccessivamente didascalici. I riferimenti alla Storia, al Mito, all’Oggi, non sono “solo” (e non lo intendo in senso riduttivo) cultura, erudizione, usati o filtrati con intento pedagogico; sono una vera e propria macchina del tempo che ci porta a respirare questi luoghi, eterni ma mai uguali a se stessi, a “esserci”, a capire perché lì e perché ora.

Sopra la sua scorza coriacea, Roma occulta segreti e misteri e non c’è sasso, rovina o monumento, splendido e fastoso, che non abbia ricevuto il battesimo del sangue.

La squadra: Walter, Caterina, Alexandra, Antonio, il professor Biga, Giulia Foderà… Nessuno è in definitiva comprimario; a ognuno, anche attraverso pochi tratti, Mirko Zilahy riesce a dare spessore e forza, tanto che ciascuno di loro avrebbe la caratura per reggere sulle proprie spalle una storia sua; ciò nonostante, Enrico Mancini qui raggiunge lo status di personaggio indimenticabile. È palpabile, credibile, il suo percorso come uomo e come commissario; ad astra per aspera guida la sua squadra con solidità e fermezza mentre sta, al contempo, riappropriandosi di se stesso, riuscendo a essere un punto fermo per la squadra, proprio nel momento in cui sta individuando i suoi, di punti fermi, elaborando tutte le vicende che lo hanno portato a mezzo passo dall’abisso, facendo ciò che ogni buon profiler deve fare, ossia “guardarsi”, come davanti a uno specchio…

Fondamentale, in Così crudele è la fine, è il tema dello specchio, del guardarsi, della paura di farlo, dello scoprirsi; l’omicida seriale a cui Mancini dà la caccia, i cui delitti e segni cerca di decodificare, sono lo sprone ultimo per guardare anche se stesso, dentro, con la sensazione, prima vaga, poi sempre più concreta, che venire a capo dei propri vuoti e demoni lo porterà all’assassino.

“La discesa, la chiamo così”, cominciò Mancini. “Una specie di immersione nella palude mentale dei miei assassini.

E, infatti, sarà così che la soluzione arriverà per entrambi i versanti, ossia quando si giungerà al posto dove sono nascoste le paure; lì, tra le rovine archeologiche di Roma sotterranea, metafore di sentimenti ed esperienze rovinose; e se il ritrovarsi di Enrico Mancini dà la bella sensazione di passi mossi uno dopo l’altro che non potevano portare che a quello, scoprire l’assassino accade invece attraverso una sequenza di colpi di scena tanto intelligenti quanto da spezzare il respiro, come – e per chi non lo ha ancora visto, se posso, un consiglio, non aspetti oltre – guardare per la prima volta la scena finale del film I Soliti sospetti, dove tutto diventa chiaro proprio nel preciso momento in cui sta accadendo, non un secondo prima, lì sullo schermo, sulla carta in queste pagine.

È così che si uccide, La forma del buio, Così crudele è la fine: una trilogia, questa, che più di altre brilla per logiche consequenziali, perfettamente riuscita, congrua, profonda, il che non impedisce di rammaricarsi per essere arrivati a fine viaggio, ma consola l’assenza di puntini di sospensione, il progressivo svelamento di elementi, passi che non potevano portarci che lì. Dove tutto finisce, ma dove tutto ha (nuovo) inizio, anche se, forse, non più sulle pagine.

Salutiamo, dunque, Enrico Mancini, in questo thriller magistrale, certi che l’utilità – se ce n’è una – delle macerie, è essere pretesto per ricostruire.

Di sicuro non occorrono pretesti per leggere Mirko Zilahy.

Chapeau.

Mirko Zilahy


Mirko Zilahy è nato a Roma nel 1974. Laureato in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito un PhD in Italian presso il Trinity College di Dublino dove ha insegnato Lingua e Letteratura italiana. È cultore di Lingua e Letteratura inglese presso l’Università per Stranieri di Perugia.

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