Il cielo può cadere




Recensione di Velia Speranza


Autore: Allen Eskens

Traduzione: Simona Fefè

Editore: Neri Pozza

Genere: Thriller

Pagine: 368

Anno di publicazione: 2018

Sinossi. Il detective Max Rupert e il suo più caro amico, l’avvocato difensore Boady Sanden, sono a un punto di rottura. Max è convinto che Jennavieve Pruitt sia stata uccisa da suo marito, Ben. Boady è ugualmente convinto che Ben, il suo cliente, sia innocente. Mentre il caso si svolge, i due sono costretti ad affrontare i propri demoni personali. Max sta ancora lottando con il dolore per la morte di sua moglie, deceduta quattro anni prima, e il caso Pruitt suscita vecchi ricordi. Boady non ha assunto più alcun caso di difesa dalla morte di un cliente innocente, un uomo che Boady credeva di poter salvare, senza però riuscirvi. Ora è di nuovo in tribunale, con la studentessa Lila Nash al suo fianco, ed è determinato a riscattarsi per aver fallito in passato.

Recensione

La prima impressione che si ha immediatamente, fin dalle prime pagine, è che “Il cielo può cadere” sia un giallo all’americana. Gli elementi ci sono tutti: un detective famoso costantemente seguito dall’ombra di un evento doloroso, un cadavere misteriosamente abbandonato, la lenta e inesorabile ricerca della verità.

Eppure, il romanzo dimostra di essere molto più di questo. Proseguendo nella lettura, smette i panni di un vecchio poliziesco anni ’30 in bianco e nero per accostarsi alle odierne serie tv crime, sul modello di “Law&Order”. Le due facce della giustizia, polizia e tribunale, si scontrano, ognuna sicura di trovarsi dalla parte del giusto, ognuna abbarbicata alla propria idea di verità. Le due parti trovano piena incarnazione nei due personaggi principali: il poliziotto Max Rupert e l’ex avvocato, ora professore, Boady Sanden.

Entrambi un’istituzione nel loro campo, entrambi competenti e più che onesti, entrambi accomunati da una tragedia nel passato che ha riscritto le loro vite; amici che ora però si fronteggiano da fronti opposti. Perché, se Rupert rimane più che convinto della colpevolezza di Ben Pruitt nell’omicidio della moglie nonostante prove non del tutto schiaccianti, Sanden è sicuro che il suo pupillo non c’entri nulla con l’efferato delitto.

Proprio perché i due protagonisti rappresentano le due facce della giustizia, lentamente lo schermo del lettore si sposta dalle stanze chiuse e frenetiche del dipartimento di polizia a quelle del tribunale. L’esperienza ventennale dell’autore in questo campo gli consente una descrizione precisa e senza sbavature delle varie fasi del processo americano, così come delle spiegazioni delle leggi.

Eppure, Eskens non cade mai nella pedanteria: lo stile asciutto e scorrevole, da sceneggiatura cinematografica, gli consente di non dilungarsi in dettagli inutili e di esporre procedure e leggi in maniera del tutto chiara e naturale, accompagnando il lettore attraverso i giochi di un’aula di tribunale.

Come in una scacchiera, le mosse vengono debitamente premeditate, tenendo in considerazione anche ciò che potrebbe andare male. Un gioco di potere, in cui i finali possibili possono essere due: vincere o perdere. Proprio per questo i colpi bassi non si sprecano. Ogni azione, ogni parola è studiata in modo tale che ognuno dei due possa esporre e sostenere la propria verità.

A differenza di quanto accade in uno show televisivo, non c’è solo il caso. Max Rupert e Boady Sanden sono prima di tutto uomini, la cui storia personale è parte integrante della narrazione. I fantasmi del loro passato sono presenze pesanti e ingombranti, ma se per il primo finiscono per diventare di carne e ossa, per il secondo sbiadiscono fino a scomparire. Per Boady, in fondo, si tratta semplicemente di senso di colpa per un vecchio caso finito male. Max, invece, lotta invano con la morte della moglie, avvenuta quattro anni prima in un incidente stradale. Le somiglianze fra la defunta moglie e Jennevieve Pruitt, la vittima dell’omicidio, sono tali da portare molti a dubitare dell’obiettività del detective.

I colpi di scena si susseguono pagina dopo pagina, rendendo difficile fermarsi alla fine di ogni capitolo, in un crescendo di eventi, supposizioni e azioni che si avviluppano tra loro prima di dipanarsi nelle ultime pagine. È qui che si palesa l’abilità dell’autore nel proporre trame intricate ma verosimili e personaggi a tutto tondo, nonché la sua capacità nel trascinare il lettore all’interno delle scene.

Eskens riesce a creare uno dei pochi finali che può considerarsi al tempo stesso definitivo e aperto. Se, infatti, da un lato viene messo un punto fermo al processo, dall’altro la trama secondaria portata avanti in sordina per tutto il romanzo rimane inconclusa, catalizzando l’attenzione e la curiosità del lettore. Vengono così gettate le basi per un futuro (e prospettabile) seguito, senza però nulla togliere alla trama originaria, che rende il libro fruibile e godibile anche come stand-alone.

Allen Eskens


Allen Eskens è stato avvocato difensore per venticinque ani. Laureato in giornalismo, negli anni ha affnato la propria scrittura partecipando a numerosi corsi e festival. Con Neri Pozza ha pubblicato tre libri: Verità sepolte (2015), Al posto di un altro (2016), Il cielo può cadere (2018)

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