La famiglia Aubrey




Recensione di Simona Vallasciani


Autore: Rebecca West

Editore: Fazi Editore

Genere: Narrativa

Pagine: 570

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. Gli Aubrey sono una famiglia fuori dal comune: una famiglia di artisti. Poveri ma molto uniti, fanno fronte alle difficoltà quotidiane con grande spirito. Si spostano in continuazione a seconda dell’impiego del padre, Piers: giornalista e scrittore molto stimato, vive in un mondo tutto suo, ha un problema con la gestione del denaro e un debole per il gioco d’azzardo. È la madre Clare a tenere le fila: pianista dotatissima, ha rinunciato alla carriera per i figli; logorata ma mai abbattuta, ha trasmesso la sua passione per la musica anche a loro. Le due gemelle Mary e Rose sono due talenti precoci, votate al pianoforte, sveglie e disincantate. Il fratellino minore, Richard, è adorato e coccolato da tutti; e infine c’è Cordelia, la figlia maggiore: molto bella e naturalmente non priva di velleità artistiche, non è dotata come le sorelle ma è troppo ottusa per accorgersene. In questo primo romanzo, che copre un arco di dieci anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, fra vicende più o meno importanti i figli cominciano a prendere ognuno la propria strada e così anche i genitori.

Recensione

Fin dalle primissime presentazioni “La famiglia Aubrey”, primo libro della trilogia tratta dall’autobiografia di Rebecca West (pseudonimo della scrittrice britannica Cicely Isabel Fairfield), è stato annunciato come l’erede dei “Cazalet”, la celebre famiglia creata da Elizabeth Jane Howard; ma fin dal primo approccio questa condizione risulta essere un po’ fuorviante.

Pur appartenendo a pieno diritto al genere “saga familiare”, gli Aubrey non sono i Cazalet, Rebecca West non è Elizabeth Jane Howard e la storia narrata non ha nulla di banale o già sentito; un grande pregio, nonostante il paragone di alto livello.

Le prime differenze iniziano già dal periodo in cui la storia è ambientata: ci troviamo, infatti, in un’Inghilterra a cavallo tra due secoli, l’Ottocento e il Novecento, un’epoca fumosa, tenebrosa e caratterizzata da profondi squarci tra le varie classi sociali, in cui l’autrice ha di fatto vissuto.

A raccontare è la piccola Rose che, attraverso i suoi occhi di bambina in principio e di ragazza poi, ci mostra la quotidianità di una famiglia di ceto medio composta dal padre Piers, giornalista e direttore di una piccola redazione, dalla madre Clare, ex pianista di grande talento, dalla primogenita Cassandra, dalla gemella di Rose, Mary, e dal piccolo Richard Quin, l’unico maschio e quindi adorato da tutti.

La vita della famiglia scorrerebbe placidamente se non fosse per il vizio del gioco del padre, che portano la famiglia sull’orlo della bancarotta e che la costringono a trasferirsi continuamente, alla ricerca di una condizione più stabile.

Nonostante i debiti e le restrizioni, gli Aubrey conservano la loro voglia di rivalsa e un’unione molto stretta che li porta a prestare aiuto a chi appare addirittura più sfortunato di loro; questo fa sì che il loro salotto faccia da sfondo ai più strani personaggi che mostrano, uno dopo l’altro, le loro particolari personalità.

“La famiglia Aubrey” è un vero e perfetto esempio di narrativa, un’opera che non chiede altro che raccontare una storia, senza pretendere stravolgimenti o fatti di qualsivoglia importanza ma solamente dando luce alla quotidianità di una famiglia. La prosa volutamente lenta permette al lettore di prendersi del tempo per ammirare e venire coinvolto dalla più semplice routine dell’epoca, fatta di lunghi pomeriggi oziosi, di fantasiosi giochi e di ore passate a esercitarsi agli strumenti, per cercare di crearsi una propria identità e un proprio futuro.

Indubbia è la fedeltà a quelle che erano le convinzioni e gli usi del periodo storico prescelto; appare assolutamente interessante scoprire quanto fossero importanti la fantasia e le superstizioni, entrambi elementi fondamentali su cui si basa l’infanzia del bambini, raccontati attraverso un’ironia che può essere non percepita immediatamente ma che emerge lentamente, una volta presa confidenza con l’opera.
In conclusione, “La famiglia Aubrey” è uno di quei romanzi che può o meno piacere ma che di certo non può passare inosservato.

Rebecca West


Rebecca West, nata Cicely Isabel Fairfield a Londra, prese il suo pseudonimo dall’omonimo personaggio di Ibsen, un’eroina ribelle. Nel corso della sua lunga vita travagliata e romanzesca è stata scrittrice, giornalista, critica letteraria, instancabile viaggiatrice, femminista ante litteram e politicamente impegnata. Amica di Virginia Woolf e amante di H.G. Wells, Rebecca West viene considerata una delle più raffinate prosatrici del ventesimo secolo. La trilogia degli Aubrey, ispirata alla storia familiare dell’autrice, è stata indicata da Alessandro Baricco in risposta alla domanda «Quale libro ti porteresti su un’isola deserta?».

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