La morte di Gesù




Recensione di Laura Salvadori


Autore: J.M. Coetzee

Editore: Giulio Einaudi Editore

Traduzione: Maria Baiocchi

Genere: narrativa straniera

Pagine: 184

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. David fa sempre molte domande. Durante le lezioni di danza si muove come vuole. A scuola si rifiuta di fare le addizioni e si ostina a leggere esclusivamente il Don Chisciotte. Ma è il calcio la sua vera passione. Un giorno Julio Fabricante, direttore di un vicino orfanotrofio, invita David e i suoi amici a formare una vera squadra di calcio. David ha deciso: lascerà Simón e Inés per vivere con Julio. La scelta getta la famiglia nello sconforto, ma David è inamovibile. I genitori acconsentono, loro malgrado, ignari di quello che succederà di lì a poco. Perché nella nuova sistemazione David si ammala di una misteriosa malattia… Coetzee torna a esplorare il mondo de L’infanzia di Gesù e I giorni di scuola di Gesù : con le sue atmosfere evocative, il richiamare e allo stesso tempo allontanarsi da un allegorico ri-racconto evangelico, gli enigmi e le inaspettate dolcezze, la trilogia di «Gesù» raggiunge con questo romanzo il suo culmine artistico e simbolico. Coetzee non ha intenzione di fornire risposte, ma di porre grandi domande: non è forse questo il compito più arduo della letteratura?

Recensione

Una storia scarna, se non fosse che ricalca la biografia di Gesù Cristo.

Senza fronzoli, né virtuosismi. Senza lusinghe. Lungi da ogni desiderio di gloria.

A ben vedere, una storia piatta. Della quale si conosce l’epilogo. Un epilogo che viene annunciato addirittura nel titolo, quasi a scongiurare qualsiasi fraintendimento.

Non mi aspettavo niente del genere. Immaginavo brevi ed efficaci incursioni nella poesia: immaginavo una prosa grassa di simboli, luccicante di emotività, evocativa.

Invece in “Morte di Gesù” l’autore scrive senza addentrarsi nel mondo delle sensazioni. Come in una cronaca, racconta i fatti limitandosi a riferirli, senza commentarli. Ce li fornisce così, senza ulteriori spiegazioni, quasi esortandoci al diletto di trovare punti di incontro tra David e Gesù.

Non è difficile trovarne, in realtà. A partire dal nome del bambino, David (figlio di Dio). A partire dai genitori putativi, Simon e Ines, decisamente inadeguati al ruolo che la Storia ha loro riservato. Genitori quasi per caso di un bambino che rappresenta per loro un vero e proprio mistero.

David non compie miracoli ma racconta buffe parabole, il cui protagonista è Don Chisciotte, che mai come ora incarna l’eroe dei derelitti. David non ha maestri, ma insegna lui stesso, come Gesù nel tempio. David ha i suoi discepoli e sono i bambini dell’Orfanotrofio Las Manos, dove lui si è rifugiato per recitare la sua parte di orfano. E ha anche il suo Pietro, un pazzo criminale di nome D’mitri, che millanta di possedere il messaggio che David ha lasciato ai posteri.

David vive la sua brevissima vita circondato da un’aura di mistero. E poi si ammala e muore. E la sua morte si ammanta subito di mistero. Perché forse non si è ammalato, ma è stato ucciso dagli “uomini in bianco” (i farisei?) che gli hanno prelevato il sangue per studiarlo.

David diventa una piccola leggenda tra i suoi accoliti. Viene acclamato e celebrato e la distanza con i suoi genitori adottivi diventerà una voragine. Proprio perché David non è di questo mondo. E’ qualcosa di insondabile, di astratto, di incomprensibile. E se quando era in vita in molti lo credevano diverso dai suoi coetanei, con la sua morte si compie la sua risurrezione, che non è una resurrezione della carne ma lo è solo dello spirito.

Un romanzo non romanzo. Che si legge in un attimo e che crea nel lettore uno stato di apnea, di claustrofobica ricerca della chiave di lettura dell’opera, che, inutile negarlo, sfugge ai più.

L’allegoria con la vita del Messia è strabiliante. Ultimo atto di una trilogia che  narra l’intera breve vita di David, Morte di Gesù è un impertinente racconto che non si vergogna di richiamare alla mente le divine gesta del Salvatore, senza tralasciare di descriverne l’arroganza e l’ingratitudine che rendono David un Messia atipico, senza storia e senza una missione ben precisa.

Il linguaggio utilizzato da Coetzee è pacato e senza pretese di sensazionalismo. Ed è proprio questo a rendere speciale la lettura che finisce per essere qualcosa di profondamente individuale, a cui ognuno dà il suo peso e la sua interpretazione.

A volte non è necessario sforzarsi di scegliere le parole più forti, più efficaci e di effetto. Sicuramente non serve se la storia che si racconta è di per sé sensazionale.

Quel che è certo è che sin dalle prime pagine risulta evidente di essere al cospetto di qualcosa di grande.

E quando non si temono confronti avviene il piccolo miracolo di riuscire a vedere tutto sotto la giusta prospettiva.

 

M. Coetzee


M. Coetzee è nato in Sudafrica e attualmente vive in Australia. Di lui Einaudi ha pubblicato: Vergogna, Aspettando i barbari, La vita e il tempo di Michael K, Infanzia, Gioventú, Terre al crepuscolo, Nel cuore del paese, Foe, Il Maestro di Pietroburgo, Età di ferro, Slow Man, Spiagge straniere, Diario di un anno difficile, Lavori di scavo. Saggi sulla letteratura 2000-2005, Tempo d’estate, Doppiare il capo, L’infanzia di Gesù, Qui e ora, il carteggio con Paul Auster, Scene di vita di provincia, I giorni di scuola di Gesù, Bugie e altri racconti morali e La morte di Gesù. Sempre per Einaudi ha pubblicato, con Arabella Kurtz, La buona storia. Nel 2003 è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura.

 

 

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