L’odore della morte




Recensione di Alessio Balzaretti


Autore:​ Irene Catocci

Editore:​ O.D.E. edizioni

Genere: Thriller

Pagine: 205

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Gli abitanti della valle, sperduta tra le montagne svizzere, si domandano chi sia lo straniero che alloggia nella baita isolata. È schivo, taciturno e, ne sono sicuri, nasconde un segreto. Davide Profeta, ricercato dalle forze dell’ordine italiane, si è creato una nuova identità, indossando una delle sue innumerevoli maschere, che riescono a farlo sentire sicuro: un uomo come tanti, senza un passato e con il futuro da costruire. Davide ha un segreto che se rivelato manderà all’aria l’intera messinscena. L’arrivo in città di un giovane transessuale, però, cambierà le carte in tavola. Davide ripercorrerà una strada che credeva ormai superata, un viale insanguinato e intriso di ricordi che credeva di aver sepolto a stento nella memoria. La belva, anche se ridotta in catene, conserva lo spirito che la rende tale. E così farà Davide: per non essere divorato dalla nostalgia, farà riemergere dalle ceneri di un passato troppo vicino la sua natura più nascosta, uccidendo. Ancora

Recensione

Ossessione è una parola pericolosa, quasi una malattia, che può avere risvolti drammatici se viene associata ad altre parole che fanno rima tra di loro, come passione e attrazione.

Non è facile definire quali siano i confini che possono modificare questi tre sentimenti, apparentemente innocui, rendendoli le fondamenta su cui si erge l’ego di un criminale.

Serial killer sarebbe la definizione esatta per definire Davide, ma lui non è solo questo, o meglio, la sua consapevolezza non sfiora neanche lontanamente la cruda realtà dei fatti ma rimane sospesa in quelli che sono i suoi sentimenti verso Noah.

Ebbene sì, perché L’odore della morte è, innanzitutto, una storia d’amore.

Così ce la racconta Davide dal suo punto di vista. Lui che è un uomo in fuga, vittima delle sue stesse azioni, ma soprattutto di una famiglia dove non è mai stato amato e di una società a cui ha sempre dovuto nascondere la sua omosessualità.

Le convenzioni sono una prigione e Davide sa di doversi adattare per poter dare libero sfogo al suo desiderio carnale per Noah.

Per dimenticarlo lo ha cercato lontano, nell’anonimato di un paesino in Svizzera, avvicinandosi ad altre persone senza mai trovarlo del tutto.

L’unico modo per sentirlo vicino a se è uccidere di nuovo, perché nell’impotenza dei corpi senza vita, riesce a cogliere l’arrendevolezza e l’abbandono di Noah.

Ma chi è esattamente Noah?

Lui è tutto per Davide ma anche Davide è tutto per lui. Sindrome di Stoccolma la definiscono i criminologi. La vittima e il carnefice che legano le proprie anime e i propri destini al punto da perdere il senso di se stessi.

Il primo uccide per amore e gelosia, mentre il secondo accetta impassibile le devianze del suo amante, perché ne ha bisogno fisicamente, come cibo per nutrirsi o acqua per abbeverarsi.

La loro unione, malgrado tutto, vacilla e quando è sul punto di cementarsi nuovamente nella complicità degli omicidi, Noah scava dentro di se e ritrova uno spicchio di luce nell’oscurità, uno spiraglio di speranza, una via di fuga dal mondo di Davide che non è il suo.

Irene Catocci ci regala un romanzo dal linguaggio forte ed esplicito e dagli stimoli sensoriali che lasciano poco all’immaginazione.

C’è violenza, dramma, cruenta sessualità ma soprattutto una ceca necessità di possesso dell’altra persona come unico appagamento dei propri sentimenti.

Il testo è scorrevole e, pur trattandosi di un romanzo abbastanza breve, l’autrice ha dimostrato grande capacità linguistica nel disegnare un quadro ampio di eventi senza sprecare neanche una parola, senza diluire inutilmente una storia che deve pungere in maniera efficace, come la punta di un coltello che agisce velocemente procurando ferite lunghe da guarire.

Il mio giudizio su questo romanzo è molto buono e riserva un finale inaspettato che lascerà i lettori molto incuriositi, non aggiungo altro.

Soprattutto ci tengo a sottolineare come, da appassionato di thriller, mi sono approcciato frequentemente in questo periodo a testi che potremmo definire “consigliati ad un pubblico adulto”, trovandoli di gran lunga tra i migliori e più efficaci di questo genere.

 

 

 

Irene Catocci


Irene Catocci è nata a Grosseto nel 1985, vive in Maremma, immersa nel verde e nella tranquillità (il più delle volte), con il marito, le due figlie e un levriero con l’indole di un gatto. Ha iniziato a scrivere per dare corpo e anima alle voci dentro la sua testa. Dicono di lei che sia lunatica ma affidabile. Divoratrice di romanzi thriller e film splatter, ha anche un’anima romantica (per buona pace di suo marito) che riversa nei suoi protagonisti, facendogli compiere le dichiarazioni d’amore più disparate. Della stessa autrice: Il dono, Filo Spinato, Oltre le barriere, Cuore di Jagoda, Quel Mare Profondo, Doomed e Schegge di vetro, oltre a I geni della follia parte prima, che è il capitolo iniziale con protagonista Davide Profeta.

 

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