Resto qui




Recensione di Manuela Fontenova


Autore: Marco Balzano

Editore: Einaudi

Genere: narrativa

Pagine: 192

Anno di pubblicazione: 2018

C’era una volta un paese, si trovava in Val Venosta, sulle rive del lago di Resia. Era un paese di contadini ed agricoltori, si viveva nei masi, si “governavano” gli animali, tutti si conoscevano tra di loro. Di quel paese oggi non rimane che un campanile che svetta dall’acqua che l’ha ricoperto: dal 1950 Curon non esiste più, la costruzione di una diga ha provocato una lenta ma costante inondazione, che ha dato vita ad un bacino artifici ale per la produzione di energia elettrica. Se siete stati in vacanza in Alto Adige, molto probabilmente lo avrete visto, ma è un’immagine comunque  molto nota.“Nel giro di pochi anni il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. I villeggianti ci passano all’inizio stupiti e poco dopo distratti. Si scattano le foto con il campanile della chiesa alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita”

Resto qui di Marco Balzano, (Premo Campiello nel 2015 con L’ultimo arrivato), è la storia di come la vita a Curon è cambiata nel ventennio fascista, di come gli abitanti del paese hanno attraversato la guerra e di come poi hanno dovuto rinunciare alla propria terra. Ma sarebbe banale parlare semplicemente di romanzo storico, perché proprio dalla storia scaturisce il racconto attraverso il quale l’autore ci parla delle persone, della forza e dell’attaccamento alle proprie radici. Questa è la storia di famiglie, di uomini e donne che hanno lottato, hanno amato e perso molto.

La voce narrante è quella di Trina, grande protagonista del romanzo, che sceglie di raccontare alla figlia Marica, scomparsa poco più che bambina, i fatti successi in paese e la vita dopo la guerra.
È una giovane studentessa che sogna di insegnare dopo il diploma quando si innamora di Erich, ma con l’avvento del Fascismo, la situazione per i territori di confine diventa sempre più difficile: l’Alto Adige fa parte dell’Italia e il tedesco non è più tollerato. I nomi delle strade, delle città, dei negozi vengono italianizzati, nelle scuole l’italiano è l’unica lingua studiata. La vita continua tra le notizie della guerra e la minaccia della costruzione della diga che dal 1911 attanaglia gli abitanti di Curon.

Trina si sposa e diventa madre di due figli, perde la piccola Marica, Erich parte per la guerra e il primogenito Michael sceglie di unirsi ai nazisti (venne data una duplice scelta: rimanere cittadini italiani, con la paura del confino o di essere spediti in qualche luogo sconosciuto del Meridione, oppure diventare cittadini del Terzo Reich con la speranza di rimanere nei territori di lingua tedesca).
Trina decide di seguire il marito disertore pur di non vederlo tornare a combattere; mesi passati nei rifugi tra i boschi, nascondendosi dai soldati pronti a fucilare i fuggiaschi.

La guerra finisce, la gente torna alle proprie case, ed ecco di nuovo l’incubo della diga con la ripresa dei lavori interrotti per via del conflitto. L’incubo diventa realtà nel 1950, quando le abitazioni, i masi, le scuole e i negozi vengono rasi al suolo, la diga viene aperta e Curon si trasforma nel lago artificiale che è oggi. Il campanile si salva, è un monumento di interesse storico, a testimonianza di un paese che non c’è più.

C’è molto da dire su questo meraviglioso romanzo. Le emozioni si accavallano, la commozione spesso si alterna alla rabbia a all’impotenza che sentiamo crescere dentro pagina dopo pagina.
Marco Balzano ha raccontato una parte di storia del nostro paese che non tutti conoscono, una brutta, bruttissima pagina che si è scelto di non leggere. La costruzione della diga fu vista da molti come uno scempio, i cittadini di Curon si opposero e lottarono ma a nulla servirono le loro proteste.

“Era una terra ricca e piena di pace, la nostra. Sacrificare tutto questo per una diga era semplicemente selvaggio. Una diga si può costruire altrove, un paesaggio una volta devastato non può rinascere più. Non si può rimediare, né replicare, un paesaggio”

Come accennavo sopra però, la forza del libro risiede soprattutto nei personaggi. Protagonista indiscussa è Trina: spicca l’abilità dello scrittore che si cala nei panni di una donna  e riesce a far emergere una personalità quasi ibrida. Balzano ha dato voce ad una figura unica e indimenticabile: Trina è moderna, è forte. Non è una donna sofisticata seppur molto colta ed istruita, è risoluta, è pronta  a tutto. Ha degli spigoli grezzi nel suo carattere, tratti a volte marcatamente maschili, e una capacità di amare vasta come le montagne che l’hanno vista crescere. Allo stesso tempo è attraversata da debolezze e fragilità.

“Tua nonna era spigolosa e severa, aveva le idee chiare su tutto, distingueva facilmente il bianco dal nero […] Io invece mi sono persa in una scala di grigi.

Ma Trina a mio avviso è inscindibile da Erich, altro pregiatissimo personaggio. Poche parole  e tanti fatti, poca cultura ma tanta fedeltà.
Con il suo racconto, Balzano mira al cuore del lettore ma anche alla sua coscienza: ci ha regalato la storia di una famiglia, di una comunità e delle vicende politiche che le hanno sconvolte. Purtroppo è triste constatare come la storia insegni poco o nulla, ma tutti abbiamo un’arma con cui reagire al sopruso: le parole.

“Sembrava in quei giorni che le parole potessero smuovere le montagne. Che l’errore più grosso fosse stato non interrogarle, non cercarle, non farle parlare prima. Le parole”

Ho amato profondamente questo libro, l’ho sentito in ogni parte del corpo, ho provato un insolito coinvolgimento. So di essere di parte, adoro l’Alto Adige, ci vado quando posso. Sono stata a Curon, un luogo dove ancora oggi si percepisce la vita che è intrappolata sotto l’acqua, o almeno è quello che mi piace pensare. Mi piacciono i romanzi che mi aiutano a conoscere quei risvolti della storia meno noti, mi è piaciuto tanto Io resto qui e non posso che consigliarvelo con tutto il cuore.

Marco Balzano


È nato a Milano nel 1978, dove vive e lavora come insegnante di liceo. Ha esordito nel 2007 con la raccolta di poesie Particolari in controsenso (Lieto Colle, Premio Gozzano). Nel 2008 è uscito il saggio I confini del sole. Leopardi e il Nuovo Mondo (Marsilio, Premio Centro Nazionale di Studi Leopardiani). Il suo primo romanzo è Il figlio del figlio (Avagliano 2010, finalista Premio Dessì 2010, menzione speciale della giuria Premio Brancati-Zafferana 2011, Premio Corrado Alvaro Opera prima 2012), tradotto in Germania presso l’editore Kunstmann.
A questo primo romanzo hanno fatto seguito. Pronti a tutte le partenze (Sellerio 2013), L’ultimo arrivato (Sellerio 2014), con il quale vince nel 2015 il premio Campiello.