Il manicomio di Guillon




Sinossi. A Guillon, piccolo gioiello incastonato tra le montagne della Valle d’Aosta, scorre un fiume sotterraneo di inquietudini che minaccia di venire alla luce quando viene annunciata la costruzione di un ospedale psichiatrico per criminali in prossimità del centro abitato. Sono in molti a temere che quel ricovero per “matti” possa turbare la pigra monotonia quotidiana, e il malumore comincia a serpeggiare tra gli abitanti, sfociando in un’incontenibile tensione. Fino a che non accade l’impensabile. Il ritrovamento di un cadavere trasforma rapidamente la piccola località montana in una scena del crimine in cui paura e sospetto sembrano essersi impadroniti di ogni sentiero o abitazione. Nel condurre le indagini per assicurare il colpevole alla giustizia, il maresciallo Sebastiano Chavoux e il criminologo Victor Bernard dovranno prestare attenzione a ogni dettaglio, per evitare che, come in una slavina, un crimine efferato si trasformi in una valanga capace di spazzare via ogni cosa. Certi rancori possono sopravvivere per anni, inespressi, dietro una serenità solo apparente, per poi riemergere all’improvviso con una violenza inaudita. 

 IL MANICOMIO DI GUILLON

di Gabriele Raho

Newton Compton Editori 2023

thriller, pag.384

Il manicomio di Guillon

A cura di Marina Toniolo


 Recensione di Marina Toniolo

A Guillon abitano quattromilacinquecento persone: un numero tondo tondo, che piace a tutti. Guillon. Un paesino fuori dal tempo e dalle mappe’. 

Nella mia giovinezza ho passato molti agosti in un paese di montagna ancora più piccolo, circa novecento abitanti nei mesi fuori stagione e poco sopra i mille durante l’estate. Ricordo bene cosa significhi essere parte di una piccola comunità con gli usi consolidati nel tempo. Una località come Guillon, a chilometri dal primo centro abitato con servizi e negozi.

Nella località aostana lo sguardo dell’autore si rivolge verso alcuni personaggi:

il sindaco Fabien Noir che tutto dovrebbe essere fuorché il primo cittadino, i coniugi Vaser che gestiscono il bar del paese, fulcro di ogni pettegolezzo, Luigi Bourgeois, impiegato in pensione con la lava nelle vene e una innata capacità di disprezzare il prossimo, Daniele Rosualdi che è il custode del cimitero, Eugenio Classi che di professione fa il misogino e il fabbro e le vicine di casa Delphine e Lisa. Una ristretta cerchia di personalità che animano la scena della località incastonata nelle Alpi.

La loro esistenza subisce un notevole scossone quando stanno per terminare i lavori di un grosso centro di detenzione per criminali psichiatrici. Da questo momento gli animi si scaldano e, da veri montanari quali sono i protagonisti, cominciano i problemi. Perché, a detta loro, il mondo sarebbe migliore se i valori di Guillon fossero estesi al mondo intero. Non hanno bisogno che il mondo esterno arrivi da loro. Ogni abitante basta a tutti: dare del lei significa essere diffidenti se non addirittura cafoni. Un paradiso terrestre o, a seconda di come lo si guardi, uno zoo con animali e recinzioni. 

Finché il custode Rosualdi viene trovato morto fuori dal suo cimitero. Può essere un’azione premeditata contro il manicomio?

Oppure ci sono altri interessi sotterranei che hanno portato all’uccisione del quarantenne schivo e ligio al dovere?

Queste sono le domande a cui il maresciallo Chavoux e il criminologo Bernard dovranno dare risposta. Raho ha un tratto interessante per questi due personaggi complementari e opposti. Tanto uno è malato di amore e annichilito dalla furia distruttiva della fidanzata Delphine, tanto l’altro è un simil narcisista che non esita a manipolare l’albergatrice Maraini per scopi poco professionali. Non sono figure propositive e piacevoli e mi lasciano un certo qual amaro in bocca. Per la saccenteria del criminologo e per la poca professionalità del maresciallo. Eppure le loro intuizioni funzionano e in un crescendo di azione giungono a scoperchiare il vaso di Pandora che ribolle nei sotterranei di Guillon.

Il primo romanzo di Gabriele Raho ha centrato il punto anche se i personaggi per me non risultano memorabili.
Trama convincente e fluida, buona caratterizzazione degli attori e dialoghi inappuntabili costellano le pagine che scorrono veloci durante la lettura. Ottimo il risultato finale in cui si scopre il colpevole, dopo aver mentalmente accusato ogni persona.
Vivida la rappresentazione di un paese di montagna con la monotonia che accompagna inevitabilmente questi luoghi sperduti, con i giovani che non sanno che fare se non passeggiare nei boschi o sui prati e sognare di scappare; con la beghina moralista che si trincera dietro la fede per condurre una vita sensata e con gli uomini che vivono i loro sogni nella realtà.

Qui da noi, dottor Bernard, nessuno vuole veramente bene al prossimo. Esiste solo la cortesia ipocrita di chi in realtà è pieno di odio e frustrazione. I sorrisi finti sono peggio degli schiaffi”. 

Consigliato?
, per l’acuta analisi e per la capacità dell’autore di far amare o odiare i suoi eroi sulla scena.

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Gabriele Raho


È nato a Roma nel 1997. Ha compiuto studi classici ed è laureato in Filosofia. Si è diplomato come attore professionista presso l’Accademia STAP Brancaccio di Roma. È giornalista pubblicista e attualmente lavora per un canale televisivo a diffusione nazionale. ‘Il manicomio di Guillon’ è il suo primo romanzo.

A cura di Marina Toniolo 

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