Intervista a Angelo Izzo




A tu per tu con l’autore


Parliamo del tuo personaggio di punta, Gabriele Valentini, un uomo sfregiato dalla vita e che, da quel momento ha fatto scelte precise, sacrificando il suo essere e il suo istinto, nel tentativo di proteggere i suoi cari e sé stesso, sia dal male che dalla brutalità degli uomini. Quando vi siete visti per la prima volta? Cos’hai donato a lui della tua personalità e della tua esperienza personale e, cosa lui alla fine ha lasciato a te?

Con Gabriele ci siamo incontrati qualche anno fa in piena notte, mentre continuavo a rigirarmi nel letto nella speranza di addormentarmi, senza successo. Così mi sono alzato per fumare una sigaretta e l’ho trovato seduto sul divano con un bicchiere di whisky tra le mani a rimuginare su come la sua vita fosse andata distrutta in mille pezzi per un caso che in realtà aveva risolto.

Sono del pensiero che un personaggio abbia bisogno della propria vita, della sua personalità e delle sue esperienze. Credo sia giusto che l’autore si allontani il più possibile dal suo protagonista, anche se ritengo che sia faticoso non inserire una piccola parte di sé all’interno del proprio romanzo.

Lui invece mi ha lasciato tanto, mi ha insegnato che solo con l’amore delle persone che ti amano si può sconfiggere il buio.

Anche Claudio Mainardi, braccio destro di Gabriele quando quest’ultimo era ancora in servizio, si presenta a noi determinato, ma anche bisognoso di quella pacca sulla spalla, che da un giorno all’altro gli è venuta a mancare. Vuoi raccontarci un po’ di lui?

Mainardi è un poliziotto leale, onesto e ricco di valori. Ama la sua famiglia ed è pronto a tutto pur di proteggerla. Ha una forte abnegazione per il suo lavoro e un rispetto solenne verso l’amicizia con Valentini. Ma le brutture che è costretto a vedere nel suo lavoro lo stanno logorando pian piano, minando la sua stabilità e cambiando il suo essere.  

In questo libro ad essere presi di mira saranno i bambini e ovviamente, il tema se possibile, appare ancora più scioccante, proprio per la vittimologia ma anche per il come e il chi. Come mai hai scelto di intraprendere proprio questo tipo di percorso? Vista la costruzione ti chiedo inoltre: sei un appassionato di profiling e true crime?

La scelta è stata dettata in parte da influenze letterarie, ma soprattutto da un’esperienza lavorativa appena arruolato. Mi ritrovai per esigenze di servizio, a dover adempiere a un compito (preferisco non specificare quale) con un noto serial killer italiano. Sapevo bene chi fosse, ma appena lo incontrai con il viso disseminato da rughe, la schiena incurvata per via del tempo, mi ritrovai davanti un anziano signore, e la prima cosa che pensai fu: “È solo un uomo, proprio come me”, eppure si era macchiato di crimini tanto feroci. Sembrava assurdo, quasi irreale associarlo a quei delitti.  

Assolutamente, mi piace tantissimo cercare di capire quali siano le spinte psicologiche dei soggetti con comportamenti devianti e soprattutto la veridicità delle storie. 

“Nel dolore si rimane soli.” si legge nel tuo libro, di fronte ad un passaggio molto toccante. Nei sei veramente convinto, o ritieni che comunque un legame profondo possa aiutare a riemergere dalla sofferenza e soprattutto dal senso di vuoto improvviso?

Un legame profondo può di sicuro aiutare a riemergere dalla sofferenza, ma ciò non toglie il fatto che il dolore sia un qualcosa di recondito, di personale. E per quanto si possa avere intorno persone che ti amano e provano a farti riaffiorare dal dolore, con quella sofferenza ci rimani da solo. Quando poggi la testa sul cuscino e chiudi gli occhi sei solo con lui.  

A un certo punto, uno dei tuoi personaggi si esprimerà così: “Il male è una catena, bisogna alimentarlo. È il dolore che crea il male dentro di noi.” Tu sei d’accordo con questo pensiero o ritieni che ad un certo punto, uno riesca a riconoscere il limite oltre il quale è sempre bene non spingersi?

Diciamo che questa frase rappresentava bene la visione del personaggio, serviva a dargli credibilità. Da un punto di vista criminologico, sono molteplici le cause di comportamenti devianti. Attualmente, infatti, si ritiene che più fattori di natura biologica, psicologica e sociale, interagendo tra di loro, possano facilitare lo sviluppo del comportamento criminoso. Quindi non è solo il dolore a creare il male, ma bensì una moltitudine di eventi e circostanze. 

Del resto non tutti riescono a riconoscere il limite, altrimenti non avremo le prime pagine dei giornali stracolmi di notizie di omicidi efferati e brutali. 

Nel tuo libro, ad un certo punto, Velentini e suo padre, anch’esso poliziotto fino a prima della pensione riescono a parlare in modo chiaro e sincero e hanno uno scambio molto intenso sui pro e i contro di essere agenti di polizia. I benefici alla comunità ma, in contrapposizione il logoramento che necessariamente, si manifesta col tempo, a causa dell’impotenza nel non riuscire sempre a risolvere tutto e in modo positivo piuttosto che, attimi che non potrai più cancellare dalla tua memoria o quell’aridità, che magari si manifesterà per autodifesa e che andrà a minare il tuo carattere. Anche tu, per lavoro, sei a contatto con umanità differenti, con bagagli personali di scelte, sofferenze e reati commessi per le più svariate motivazioni. Come riesci, ammesso che sia possibile, a contenere il tutto, quando dismetti la divisa a fine turno e torni ad essere Angelo, marito, padre, figlio, amico… ?

Il lavoro è solo una piccola parte della mia vita, cerco di non farmi influenzare, di non farlo entrare nella mia sfera privata, infatti non ne parlo quasi mai. Il segreto sta nel coltivare passioni (io ne ho fin troppe, per fortuna), essere circondato da persone vere e sincere che ti vogliono bene. E poi, come hai detto anche tu, prima di essere un operatore di polizia, ho la responsabilità di essere un figlio, un fratello, un amico, un marito e – da circa un anno – anche un padre. Ormai mi basta vedere mio figlio venirmi incontro e abbracciarmi quando rincaso dal turno per mettere ogni cosa al suo posto. 

Hai già in mente una nuova storia o, magari, ci darai ancora notizie di Valentini e Mainardi?

Sì, certo, sto scrivendo un nuovo romanzo, una storia diversa da “Come ombre nella notte”, a cui tengo davvero tanto. Non mi era mai successo di essere così coinvolto durante la stesura del testo. Il romanzo è ambizioso, non riesco a staccarmi, lo penso in continuazione e in qualsiasi momento della giornata, non vedo l’ora di finirlo, ma ci vorrà tempo.

Per quanto riguarda Valentini e Mainardi, hanno bisogno di riposare, sono esausti, è stata una lunga e faticosa caccia. Ma torneranno, ritornano sempre. Hanno un conto in sospeso. 

Vuoi raccontarci com’è nata la tua passione per la scrittura? Oltre a scrivere, dedichi del tempo anche alla lettura e se sì, puoi farci qualche nome fra i tuoi autori e generi di riferimento? Leggi anche nordici?

La passione per la scrittura è nata dalla lettura, senza di essa non avrei mai avuto la voglia, l’ambizione e la necessità di provare a scrivere qualcosa. Sono convinto che se da domani smettessi di leggere, si annienterebbe anche la mia voglia di narrare storie. E poi, non credo si possa ambire a diventare autori senza essere prima dei lettori voraci. Ritengo che leggere è una scuola di scrittura a portata di tutti e, soprattutto, fonte di ispirazione primaria. Bisogna cercare di capire come i professionisti creano le loro storie, i loro meccanismi di scrittura, come fanno vivere i loro personaggi. Insomma, se vuoi cercare di scrivere, bisogna leggere.   

Come autori nordici leggo Jo Nesbø e Stieg Larsson su tutti, anche se, a dire il vero, sono più orientato verso autori americani del calibro di Don Winslow, Dennis Lehane e James Ellroy: scrittori suntuosi, narratori unici. Quando leggo i loro romanzi non mi sembra di leggere un crime o un noir, c’è talmente tanta vita nelle loro storie che quell’aspetto passa in secondo piano. E poi, non posso non citare Donato Carrisi: Il Suggeritore è un autentico capolavoro.    

A nome mio e di tutta la redazione di Thrillernord, grazie per il tempo che ci hai dedicato.

Loredana Cescutti!

Grazie a voi per avermi dato la possibilità di farmi conoscere meglio attraverso le vostre domande.

 Grazie.

 Grazie.

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