Intervista a Clara Negro




A tu per tu con l’autore


A partire da Luigia/Gilda, Ersilia, Carolina e tutte le ALTRE donne con storie importanti di questo romanzo, tu hai proposto delle figure femminili con storie solidamente disperate, da ultima spiaggia, a rischio deriva, ma che hanno lottato con le unghie e con i denti per guadagnarsi un pezzetto di felicità, indifferentemente dall’età o dal ruolo. Come è nata la storia di questo romanzo? C’è anche un fondo di verità al suo interno?

Questa storia è nata qualche anno fa quando ho partecipato come spettatrice a un festival del giallo al Palazzo Ducale patrocinato dal Secolo XIX e in quell’occasione ho letto un libro Cinque donne, scritto da quattro giornalisti del quotidiano genovese. Si tratta di cinque delitti avvenuti nella nostra città o in luoghi limitrofi che sono rimasti impuniti, omicidi di donne di varie età, alcune accumunate dallo stesso destino: essere costrette a prostituirsi nel centro storico. Delle storie una mi ha colpito, quella di Luigia Borelli, un’infermiera dalla doppia vita. La notte infatti diventava Antonella e vendeva il suo corpo per far fronte ai debiti lasciatigli dal marito morto. La Borelli fu uccisa il 5 settembre del 1995 in un basso di vico Indoratori a colpi di trapano, e non si è mai conosciuto il colpevole. Il caso è stato riaperto grazie al racconto della figlia di una collega della Borelli e grazie ai passi avanti fatti dalle tecniche della polizia Scientifica. Mi aveva colpito la storia di questa donna, le traversie che l’hanno portata a vendersi in un basso, anche se ho voluto cambiare il suo destino. Infatti la mia Luigia non sarà la vittima, al suo posto morirà un’altra donna, Edlira Rosko. Anche lei ha un corrispondente nella realtà: una ragazza dell’Est, diventata prostituta e poi uccisa nei vicoli della nostra città.

Ersilia, parlando francamente con Luigia, ad un certo punto della storia, per altro molto toccante, le dirà: “Sei da compiangere e da ammirare…”, poche parole ma di grande effetto, che la dicono lunga sui valori di Ersilia e sul legame indistruttibile fra queste due donne, che nella loro vita hanno condiviso molto, nel bene e nel male. Avendo dovuto entrare nell’intimità di queste due donne, così chiuse ma anche così pratiche nell’andare incontro a ciò che la vita ha riservato loro, che tipo di legame si è venuto a creare fra te e loro? Come donna, quanto è stato difficile affrontare le loro traversie senza poterle veramente aiutare?

Premetto che il rapporto che si crea tra me e i miei personaggi è una delle ragioni del mio scrivere. È un rapporto simbiotico, al quale è difficile che riesca a sottrarmi. Ersilia e Luigia hanno stretto un legame che va al di là del legame di sangue. È più solido e fatto di rispetto reciproco, così come quello che mi lega a entrambe. Lo stesso tipo di rapporto che ho conosciuto io stessa nella mia vita. Una donna che mi è stata madre, pur non avendo nessun legame di parentela, è stata zia e nonna per i miei figli che le hanno voluto bene come una di famiglia. E io l’ho sempre considerata tale. È da questo sentimento che ho tratto il legame tra le due protagoniste e me stessa. Il modo di aiutarle? Penso sia stato l’aver trasformato Luigia da vittima nella realtà a protagonista del mio romanzo. Un modo per riscattarla, se vogliamo.

A partire dal marito morto prematuramente, passando per il figlio difficile, Luigia sulla sua strada incontrerà anche altre figure, alcune decisamente viscide e interessate e altre, come il commissario Pedemonte, una figura controcorrente, con un bagaglio alle spalle molto pesante che riuscirà a guardare oltre i pregiudizi. Puoi farci una breve presentazione di queste figure?

Le figure che ruotano attorno a questa storia sono diverse, diverso è il loro carattere e il loro modo di agire. Tra i personaggi positivi metto senz’altro Jurij Pedemonte, il commissario. La vita ha decido della sua solitudine e lui l’ha accettata, se ne fa scudo per proteggersi da altri dolori. Un rappresentante della giustizia atipico, fuori dagli schemi e che degli schemi non sa che farsene. Non ha pregiudizi di nessun genere, non crede nella legge del manganello né in quella del più forte, per questo ha bisogno di una spalla, di una specie di schermo che lo protegga da se stesso. Questo ruolo l’ho affidato all’ispettore Domenico Primo, siciliano di cuore e di lingua. Domenico sa ascoltare gli sfoghi del suo capo, pensa in tandem con lui e insieme arrivano alle giuste deduzioni. I personaggi negativi fanno parte della Genova “bene”, di quella borghesia del denaro che pensa di poter sempre godere dell’immunità che amicizie altolocate gli possono offrire. Anche per questi personaggi ho tratto ispirazione dalla realtà, ma ovviamente mi guardo bene da ulteriori specifiche.

Tema del libro è indubbiamente la disperazione che non permette di vedere altre possibilità, cadendo nella spirale della prostituzione e dello sfruttamento per necessità. Quanto è ancora radicato questo fenomeno nella nostra società?

Come ho avuto occasione di dire il centro storico di Genova è cambiato molto dal secolo scorso. Il contrabbando di sigarette è stato sostituito con lo spaccio di ogni genere di droga e la prostituzione, pur rimanendo uno degli introiti più cospicui della malavita, è anch’essa cambiata. Sono cambiati gli attori e le attrici. Lo sfruttatore singolo è stato sostituito dai racket e le donne arrivano quasi tutte da paesi stranieri, America del sud, paesi dell’est e Africa. In comune con il passato hanno vite disperate e spesso lo stesso tragico destino. Il fenomeno della prostituzione è passato attraverso i secoli, attraverso varie forme, ha indossato maschere diverse, uscendo allo scoperto o restando nell’ombra, comunque presente a ogni latitudine. Mi chiedo se servirebbe eliminare l’offerta, o forse sarebbe meglio estirpare la cultura della domanda.

Genova, soprattutto il centro storico, in questo romanzo ne esce protagonista incontrastato e la stessa Luigia sarà costretta a riconoscere che “Nel centro storico ha incontrato un’umanità che raramente ha conosciuto nel posto dove è nata e vive …”. Come mai, secondo te, vi è una differenzacosì marcata fra i due ambienti e soprattutto, qual è fondamentalmente il tipo di legame che si acutizza fra le viuzze del centro e che viene a mancare fuori di lì? Da cosa dipende?

Questa è una domanda che richiede una risposta ben ponderata per non cadere nell’errore di dipingere il mondo dei caruggi con una pennellata di romanticismo. La vita nei vicoli è dura, non fa sconti a nessuno, eppure, anche se incontriamo rivalità e invidie, questi non sono mai travestiti da buoni sentimenti, come spesso accade tra chi appartiene a una classe, chiamiamola, più fortunata. I sentimenti e le pulsioni escono allo scoperto, spesso senza mezze misure, senza il filtro del perbenismo, della necessità di salvare la faccia. Non ha molto da perdere questa umanità. E proprio per questo riesce quando c’è la necessità a darsi una mano, ad attuare un passaparola laddove si manifesti un pericolo. Gente più umana, o forse semplicemente più vera.

Un tuo personaggio afferma: “Lasciar andare il passato per non perdere il presente, per conoscere il futuro.”. A prima vista può sembrare una frase contorta, ma in realtà rispecchia la realtà del momento del tuo personaggio ma anche una verità incontrovertibile che dovremmo tenere a mente tutti, per non privarci di vivere. Però, è facile a dirsi ma, talvolta, difficile a farsi. Clara Negro che ne pensa?

La frase che tu citi, sul passato, il presente e il futuro, clara negro l’ha scritta principalmente per sé. Una realtà incontrovertibile, tu dici, sono d’accordo, ma altrettanto difficile da attuare. Richiede un atteggiamento proiettato in avanti e questo è un pensiero che non sono ancora riuscita a far mio. I miei figli mi rimproverano di essere rivolta al passato, dimenticano che la mia bilancia è squilibrata verso ciò che è stato e non verso quello che deve venire. 

Viviamo senza fermarci a pensare, ci lamentiamo per quello che non abbiamo, invece di sorridere per il tanto o poco che ci è dato di avere.”, a queste conclusioni giunge Luigia, in uno dei suoi momenti di sconforto, quando vorrebbe abbattersi, ma sa che non può farlo se vuole continuare a lottare per ciò che resta della sua famiglia. Quanta verità c’è in questa frase?

Di verità ce n’è tanta in questa frase. Contiene il nocciolo, se non proprio della felicità, almeno la ricetta per vivere serenamente. Ma come disse uno che di umanità se ne capiva: fatti non fummo per viver come bruti ma per seguir…Laddove per viver come bruti s’intende accontentarsi e gioire per quello che il presente ci dà. Ma non siamo sempre alla ricerca di altro? Non guardiamo sempre al di là? Forse non è giusto, ma è la natura umana.

Nei ringraziamenti finali tu ricordi anche chi ha espresso incredulità alla tua voglia di scrivere: “A chi mi ha detto anni fa: troppo vecchia per fare l’esordiente. Chissà cosa direbbe.”. Ora che anche questo libro è uscito, si sta facendo piano piano conoscere e sta riscuotendo anche un meritato successo, cosa risponderesti?

A quella persona direi: grazie. Perché, essendo io una capa tosta, per usare un eufemismo, quella sua dichiarazione ha fatto sì che giurassi a me stessa che ce l’avrei fatta. Nel mio piccolissimo, naturalmente, e avendo comunque ancora tanta strada da fare. Se ne avrò la possibilità.

Parlandone qui, in privato, fra poche orecchie in ascolto, hai già qualche altra storia che ti sta tormentando per essere raccontata?

Parlando a quattr’occhi, forse anche otto, ti confido che questo giallo è il primo di una serie di quattro e che il secondo è già terminato. Poi in testa ho mille idee, storie di donne, una saga famigliare, ecc, ecc. Insomma dovrei avere la vita di Matusalemme per portarli tutti a compimento i miei progetti.

Oltre alla scrittura, dedichi del tempo anche alla lettura? Puoi farci qualche nome di libri o autori che per te significano sicurezza e poi, fra questi, dato che siamo su Thrillernord, c’è spazio anche per qualche nome di autori nordici?

Amavo leggere quando ancora non mi sfiorava neppure il pensiero di poter scrivere. Tra i miei maestri ispiratori primo fra tutti è Stephen King che considero un autore al quale è impossibile dare un’etichetta, è un maestro della narrazione, le sue trame e i personaggi sono stati per me una guida. Leggo Izzo, Andrea Vargas, il grande Simenon. E avendo alle spalle una storia di studi linguistici ho letto e amato i classici inglesi, francesi e spagnoli. Mi piacciono i contemporanei americani, Carver, Elizabeth Strout, Paul Auster, Cormac McCarthy. Il compianto Stieg Larsson, Jø Nesbo, Anne Holt, Peter Høeg. E poi ancora i giallisti italiani, Bruno Morchio che stimo e al quale mi lega una bella amicizia, Camilleri che amo incondizionatamente, De Giovanni, Scerbanenco, e ancora Carrisi, e tanti, tanti altri, troppi per ricordarli tutti.

A nome mio e di Thrillernord grazie per la tua disponibilità.

Loredana Cescutti

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