Intervista a Dario Falleti




A tu per tu con l’autore


Il commissario Negroni si presenta in modo apparentemente poco amichevole. Ruvido, schivo, di poche parole, un solitario che però è molto attaccato all’indagine vecchia maniera, quella che insegue le tracce, con certosina pazienza, filo per filo e non molla fino a che il risultato che cerca non viene raggiunto. Detto questo, sicuramente gli va riconosciuta perseveranza e caparbietà anche se, non è vero che lui non tenga agli altri, ma da più l’impressione di uno che non vuole darlo a vedere. Prima di questo romanzo, ho visto che negli anni sono usciti altri due libri con questa figura così particolare. Puoi raccontarci qualcosina in più di lui, che non vada a pregiudicare ovviamente la lettura del libro e magari, dirci come è nato questo personaggio?

Negroni era il protagonista di un racconto “alcolico” in cui gli altri personaggi avevano anche loro cognomi di cocktail o di aperitivi. Il racconto si è poi dilatato fino a diventare “La virtù del cerchio”, il primo romanzo della trilogia. La particolarità del personaggio forse deriva dalla mia noia di leggere gialli e vedere film e telefilm nei quali la trama si intreccia col quotidiano di mogli, mariti, amanti, figli ecc., e nei quali a volte improbabili  colpi di fortuna sciolgono i nodi.  Nelle sue indagini Negroni  segue una logica cartesiana. Il suo rigore investigativo è supportato da una visione distaccata e condito da un’ironia che non diventa mai cinismo. 

Anche i personaggi che ruotano attorno alla storia, a partire dai fedelissimi di Negroni, per poi guardare verso i colleghi dei diversi apparati militari fino poi a tutti i possibili colpevoli, tutti dicevo, a mio avviso sono stati ben caratterizzati e risaltano nel libro senza mai essere né troppo invadenti ma nemmeno inutili ai fini della storia. Che valore e che importanza dà Dario Falletiai personaggi a cui dona la vita? Che legame viene a crearsi, fra lui e loro, dall’inizio alla fine della stesura del libro?

Dopo averli inventati, li  seguo  fino alla loro “autonomia” dopo di che mi limito ad  osservare come se la cavano da soli. 

Tema principale del romanzo è la morte del docente universitario e sarà proprio attraverso quest’indagine, che poi si arriverà a far uscire lo sporco dal tappeto, finendo per smuovere un polverone che porterà in superficie fatti decisamente preoccupanti per i quali si rivelerà necessaria un’operazione molto delicata. Com’è arrivata l’idea di affrontare un tema così difficile come quello dello smaltimento dei rifiuti tossici e quanto è stato complicato reperire materiale sufficientemente tecnico a supporto ma, anche comprensibile a tal punto che anche noi profani fossimo in grado di affrontarne la lettura?

Il sospetto dell’esistenza di reti criminali dietro lo smaltimento dei rifiuti, ho cominciato ad averlo  molti anni fa, a seguito di una serie di problemi relativi ad una discarica situata nel mio comune. Poi  sono venute le inchieste della magistratura sulla cosiddetta Terra dei Fuochi, i commissari straordinari all’emergenza, la cronaca quotidiana di malaffari e illegalità diffusi un po’ dovunque. Il reperimento del materiale a supporto è stato frutto di una paziente ricerca tra web, giornali e altre fonti. Grandi aiuti a rendere chiaro un argomento obiettivamente ostico, me li hanno dati, la laurea in Chimica per gli aspetti tecnico/scientifici, e il frequente ricorso ai dialoghi per gli aspetti narrativi.   

Nel libro, ad un certo punto, emerge uno scenario fatto di manipolazione e collusione nei reati, che purtroppo mostra un’epidemia a largo raggio che va a coinvolgere molte figure. Nel corso delle tue ricerche, hai avuto modo di parlare con persone che hanno vissuto nella situazione di ritrovarsi con “un nemico al loro fianco”?.

Quella del “nemico al fianco”  è un’esperienza che, con differenti sfaccettature,  riguarda  molti.. Non a caso è un tema ricorrente nella letteratura. Per tornare all’idea iniziale del romanzo, ho avuto modo di parlare con persone appartenenti ai comitati cittadini contrari alla discarica, che mi hanno raccontato di personaggi, anch’essi  esponenti dei comitati, che in realtà giocavano il ruolo di favoreggiatori.  

Ad un certo punto del romanzo, Negroni pensa: “Attori e registi possono rendere la commedia più avvincente, ma la sceneggiatura non cambia mai…”. Lo scrittore Falleti concorda o ha una sua personale interpretazione in merito?

Concordo con Negroni. Secondo me, i meccanismi di fondo della vicenda umana sono sempre gli stessi e seguono sempre  le stesse regole.  Non a caso, il mio secondo romanzo (con Negroni in veste di agente segreto) si intitola “Le regole dell’anagramma”.

Negroni, parlando con un altro personaggio afferma: “La verità?È il concetto più astratto che conosca.” Per Falleti, invece, la verità esiste e nel caso, che sembianze potrebbe assumere?

Esiste come può esistere una verità giudiziaria, scientifica, religiosa, storica ecc.. Quale che sia la materia, penso che in fin dei conti tutte le verità transitorie, e mi viene in mente di paragonarle alle immagini di un caleidoscopio.

Stai già lavorando a qualcos’altro o, per il momento, la tua attenzione è volta solo all’impegno per la promozione di questo libro?

Qualche settimana addietro ho finito di scrivere un altro romanzo (lo definirei un noir di taglio esistenziale) e, in questi giorni, un  racconto per una raccolta che porto avanti nei ritagli di tempo. 

Che spazio riveste la lettura nella tua vita? Quali sono i tuoi generi di riferimento e fra questi, hai ritagliato uno spazio anche per i nordici?

Leggo molto e soprattutto rileggo i classici. Uno spazio notevole lo occupano anche le letture di argomento scientifico. Quanto ai nordici, se ci riferiamo al genere giallo/noir/thriller, la mia frequentazione si limita alla serie MIllennium… la trilogia di Larson mi è sembra di qualità superiore rispetto ai sequel  di Lagercrantz.

A nome mio e di Thrillernord ti ringrazio per la tua disponibilità.

Loredana Cescutti

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