La sibilla




Sinossi. Lungo tutto il secolo breve, una donna bellissima e fortissima pensa, scrive, agisce, lotta. Viaggia prima per studio, poi attraversando fronti e frontiere dell’Europa occupata dai nazifascismi: Parigi, Lisbona, Londra, Marsiglia, Roma, il Sud dell’Italia dove sono arrivati gli Alleati. Documenti falsi, missioni segrete, diplomazia clandestina. Joyce, insieme al marito Emilio Lussu e ai compagni di Giustizia e Libertà, sostenuta nelle sue scelte dalla sua famiglia di origine, è in prima linea nella Resistenza. Poetessa, traduttrice, scrittrice, ha sempre coniugato pensiero (prefigurante, modernissimo) e azione. Azione che prosegue nel dopoguerra con la ricerca di poeti da tradurre per far conoscere le lotte di liberazione degli altri paesi, in particolare dell’Africa e del Curdistan. Nazim Hikmet, Agostinho Neto, i guerriglieri di Amílcar Cabral che compongono canti di lotta durante le marce, sono alcuni degli autori che Joyce ‘scopre’ e propone attraverso traduzioni rivoluzionarie. Rievocando le scelte, gli incontri, le occasioni, ripercorriamo l’esistenza di questa donna straordinaria (laica, cosmopolita, ‘anglo-marchigiana’) e il suo essere, da sempre, riferimento per molte donne e molti giovani.

 LA SIBILLA

di  Silvia Ballestra

Laterza 2023

Biografia, pag.248

Speciale di Silvana Melloni

«Laggiù, in una bella casa di campagna tra Porto San Giorgio e Fermo, vive una donna formidabile, saggia e generosa, ricchissima di pensieri, intuizioni, toni, bellezza, forza, argomenti, intelligenza. La mia Joyce, la mia sibilla.»

Silvia Ballestra ha avuto la fortuna di conoscere Joyce Salvadori Lussu, ha raccolto la sua testimonianza di donna, di femminista, di lottatrice infaticabile per la libertà e la giustizia, di scrittrice e di poetessa. Questa vita straordinaria lei ce l’ha raccontata, ci ha portato dentro un’avventura dalla quale, a chiusura del racconto, non vorremmo mai uscire. 

L’autrice ci accompagna con Joyce attraverso gli anni della lotta al nazifascismo insieme agli esuli oltre confine; attraversiamo gli anni della Resistenza, il momento della Liberazione e i primi passi della Repubblica italiana; ci spostiamo poi in giro per il mondo a seguire la nostra eroina che combatte ogni dittatura e oscurantismo in altre nazioni e continenti. 

Silvia Ballestra ci racconta una Joyce ragazza, che a diciassette anni si reca a Napoli da Benedetto Croce per fargli leggere le sue poesie; ci racconta dei genitori Salvadori, costretti a scappare in svizzera perché perseguitati dai fascisti sin da quando lei era una bambina; del fratello Max, figura di antifascista, combattente e studioso sempre in prima linea; di Emilio Lussu, marito, compagno, leggendario antifascista, fondatore di Giustizia e Libertà e del Partito Sardo d’Azione, parlamentare della Repubblica italiana tra i padri della nostra Costituzione, con il quale Joyce ha vissuto e lavorato in un sincronismo culturale, professionale e personale rarissimo.

«Che strana dimensione, quella di coppia, in una storia di lotta e resistenza. Come dice Joyce, del rivoluzionario si ha l’immagine di uomo solitario, completamente dedito all’azione e assorbito dal suo ideale.»

Ma vi è di più. Questa è soprattutto una storia di donne, di donne nella lotta, nel pubblico e nel privato. Raccontata da una donna che ha scovato preziose notizie negli archivi tenuti da coraggiose femministe che, negli anni, hanno preservato e raccontato una storia diversa da quella ufficiale, la storia scritta da figlie, mogli, madri.

«Mi piace scorrere questo libro di Vera in questo luogo di donne, contornata da scaffali pieni di libri di donne. I libri delle donne non li trovi dappertutto. I libri delle donne li raccolgono le donne, nei luoghi delle donne… E li consultano soprattutto le donne: lasciando i miei riferimenti sul registro dei visitatori della biblioteca, ho scorto la sfilza di nomi di chi mi ha preceduto. Ragazze, nate nel 2000, che immagino impegnate in tesi: studiose, lettrici, letterate, specialiste che (come me alla loro età e ancora oggi, con immutata stima e riconoscenza) sono giunte fin qui alla ricerca delle storie di altre donne.»

E in questa storia di donne c’è anche quella di una Joyce che pochi conoscono, la storia di lei che affronta la maternità col piglio di una lottatrice. Una maternità voluta, pur in un momento assai critico della lotta partigiana, che però si scontra con la realtà oscura della violenza ostetrica con la quale moltissime donne devono ancora oggi, purtroppo,confrontarsi.

«Di questa cronaca, colpisce l’umiliazione a cui è sottoposta la partoriente, già in difficoltà per le doglie e per la solitudine... Non esita a raccontarlo: «Alle quattro del pomeriggio andai a piedi alla vicina clinica di via Oslavia. Delle megere vestite da monache mi misero a sedere su una panca di legno e mi dissero di aspettare. Io gridavo e mi lamentavo, e tornarono a dirmi di stare zitta, che era una vergogna fare tanto chiasso, perché tutti si sarebbero accorti che stavo per partorire, e mi sentivano fino al reparto uomini. Finalmente mi trovarono un letto. Mi misi a urlare a pieni polmoni, finché venne un medico che mi lanciò improperi e oscenità: ‘Queste donne che vogliono sempre essere scopate! Mettete dentro, mettete dentro! Poi strillano, quando esce fuori un figlio!’».

Ho letto soltanto un’altra biografia altrettanto coinvolgente, quella di Emilio Lussu (Il Cavaliere dei Rossomori) scritta da Giuseppe Fiori tanti anni fa. È vero, la vita dei coniugi Lussu ha dell’incredibile; tuttavia, come allora Giuseppe Fiori, oggi Silvia Ballestra riesce, con la sua penna finissima, a rendere questo racconto avvincente come un romanzo d’avventura, conducendoci per mano dentro la Storia insieme a una vecchia amica.

INTERVISTA


Questo testo ha un antefatto. Infatti nel 2012 lei ha pubblicato il libro-conversazione con Joyce Lussu (Una vita contro). Come è nata la necessità autoriale di cimentarsi ora nella biografia completa di Joyce, approfondendo i temi trattati in quelle conversazioni? 

Non nel 2012, nel 1996, quando Joyce era ancora viva. Quello era un libro-intervista, cioè composto da conversazioni con lei raccolte al registratore. Questa invece è proprio una biografia. Volevo ripercorrere questa straordinaria vita di donna per farla conoscere a chi fin qui ha avuto modo di sentir parlare di Joyce Lussu per la sua famosa poesia “C’è un paio di scarpette rosse” o come traduttrice delle “Poesie d’amore” di Nazim Hikmet o come moglie del grande Emilio Lussu. O per proporla a chi proprio non la conosce e anche a chi, invece, pur conoscendola ha piacere di rileggere queste vicende così importanti per la storia del nostro paese. Io stessa continuo a riaprire i libri di Joyce, anche dopo che è uscito il mio, e trovarci spunti e illuminazioni sul presente, grazie alla sua capacità di leggere il reale, in un intreccio di passato e futuro assai affascinante, in modo sempre originale, alternativo e coltissimo. Le sue riflessioni sulla traduzione, su cos’è un marito, sul disarmo, sulla maternità, sulla storia delle donne, le proposte per una società più libera e giusta, sono attualissime e innovative. Una prospettiva che può fornire forza e ispirazione per tutti.

Nel libro emergono diversi aspetti importanti e convergenti: insieme alla linea biografica fa spesso capolino una linea autobiografica dove, oltre ad affiorare il suo rapporto personale con Joyce Lussu, viene spiegato il percorso di approfondimento e ricerca che lei ha seguito; inoltre spiccano tematiche e analisi storiche e di costume che evidenziano collegamenti di scottante attualità. Se dovessimo cercare l’origine di questo lavoro, dovremmo partire dall’esperienza autobiografica dalla spinta culturale?

Certamente ho seguito una linea personale nello scegliere di privilegiare alcuni aspetti e temi tra i tantissimi trattati da Joyce, è un racconto che ho elaborato negli anni, anche nel corso di numerosi incontri su di lei che ho fatto in varie occasioni dopo la sua morte. Parlandone in pubblico mi accorgevo che la sua storia coinvolgeva moltissimo, sia quando di raccontavano le sue avventure rocambolesche vissute in giro per il mondo sia quando si affrontavano i suoi scritti, il suo pensiero. Quindi ho cercato di fare un montaggio tenendo in equilibrio queste due dimensioni, pensiero e azione, entrambe molto forti nella storia di Joyce. Ci sono le cose che mi hanno sempre colpito da lettrice – la storia della Joyce falsaria, la fuga da Lipari di Emilio, la liberazione della moglie di Hikmet, le traduzioni da lingue che non conosceva, la famiglia Salvadori – ma anche cose che ora che non sono più giovane mi interessano nel suo percorso di donna che sa continuamente andare avanti inventandosi dimensioni originali sempre coerenti (come la sua ricerca di rivoluzionari che incarnassero i suoi stessi principi attraverso la poesia oltre che la politica). Quindi la ricerca, l’ironia, anche i toni polemici, lo scambio con le donne e i più giovani ecc.

L’analisi condotta nel testo, seppur con l’impostazione della storica, ci parla con una lingua antifascista e femminista. Quanto ha influito nel suo romanzo lo sguardo alla contemporaneità e al nostro ipotetico prossimo futuro? 

Sicuramente l’aspetto forte della storia di Joyce Lussu è il suo essere proiettata verso il futuro, in questo si sente moltissimo l’aspetto “sibilla”. Quello che posso dire è che oggi a me appare attualissimo e moderno un ritorno al ‘900 (se guardiamo alcune cose che accadono nella società odierna e che sembrano farci tornare a condizioni ottocentesche, il ‘900 è un grandissimo esempio di progressismo, conquista di diritti e avanzamento). A parte tutto, Joyce ha davvero anticipato molti aspetti dell’oggi: dalle lotte delle donne ai discorsi sulla pace, passando per l’ambiente di cui si è occupata tra i primi, e da una prospettiva anche di lotta di classe. E sempre in maniera critica e lucida. Personalmente, credo di poter dire di aver sempre scritto, nei miei romanzi e racconti, di quello che ci circonda, confrontandomi con il reale seppure in varie forme e modi, e anche questo libro, che è una biografia di una donna che è stata molto moderna e più attuale di tanti viventi che ci circondano, va in quella direzione.

E rimanendo sul tema della genesi della sua scrittura, compresa la narrativa, quali sono i suoi classici di riferimento ed esiste un genere che l’appassiona maggiormente?

Ultimamente leggo molta saggistica, ma è pure vero che i generi si stanno ibridando quindi non saprei fare distinzioni particolari tra forme specifiche. Sui classici, dico sempre i racconti di Cechov, che si va sul sicuro. Poi devo dire tante scrittrici (per recuperare miei decenni di letture di scrittori, per motivi che sappiamo), quindi Munro, Berlin, Jackson, Oates, Dolores Prato per me importantissima, ecc. Non so come e quanto influiscano sulla mia scrittura, però. Di sicuro cerco vari toni, senza preclusioni. E poi dipende dalla funzione del libro in relazione ai momenti della vita, voglio dire ci sono periodi in cui leggo anche molti thriller e altri in cui cerco libri con una lingua più letteraria, oppure appunto la saggistica di vario tipo (linguistica, storica, politica), o libri comici e paradossali. In generale sono una lettrice molto democratica, anche se severa.

Con questo testo è stata inserita tra i finalisti al Premio Strega, come ha accolto questo riconoscimento del suo lavoro? 

Molto bene. Ero già stata in dozzina con un mio romanzo, nel 2020, “La nuova stagione”: sono contenta che il premio Strega sia attento anche al mio percorso in generale, prendendo in considerazione sia opere più puramente di narrativa sia altre forme di scrittura. Lo reputo un segno di apertura e attenzione molto apprezzabile e incoraggiante.

Pensa che sia possibile un’inversione di rotta che porti all’apprezzamento, finalmente, della scrittura di autrici che raccontano le storie delle donne da un punto di vista femminista?

Certamente. Se vogliamo metterla su questo piano, le scrittrici, “femministe” e non, hanno anticipato di decenni una tendenza molto forte in questo momento, che è quella di partire dall’autobiografia (anche in questo Joyce è stata una pioniera) per parlare del mondo. Non hanno mai avuto paura di innovare, ricercare, sparigliare. C’è ancora molto lavoro da fare: andare a rileggerle è un buon punto di partenza (lo dico a qualche critico misogino che ancora vedo in giro, non certo a lettori e lettrici – oltre a scrittori e scrittrici – che l’hanno capito da un pezzo!).

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Silvia Ballestra


Silvia Ballestra, marchigiana, vive e lavora a Milano. È autrice di romanzi, raccolte di racconti e saggi pubblicati per i maggiori editori italiani. Tra i suoi libri, tradotti in varie lingue: Compleanno dell’iguanaGli OrsiNinaI giorni della RotondaJoyce L. Una vita controAmiche mieVicini alla terra. Storie di animali e di uomini che non li dimenticano quando tutto tremaLa nuova stagione. Dal suo La guerra degli Antò è stato tratto l’omonimo film diretto da Riccardo Milani. Per Laterza ha pubblicato Christine e la città delle dame.

A cura di Silvana Meloni

Instagram/silvana.meloni