Le certezze del dubbio 




Sinossi. Una provocazione, un furto in casa di conoscenti, ecco l’evento che apre a Goliarda Sapienza le porte del carcere romano di Rebibbia. Accolta con sospetto dalle compagne di cella per i mocassini alla moda e la camicetta di seta che indossa, la scrittrice comprende presto, però, che in prigione, dove ipocrisie e illusioni vengono meno, può finalmente essere se stessa. Ben piú amara è la scoperta di quanto sia difficile tornare alla vita quotidiana, quando poche settimane dopo viene rilasciata, a un mondo che non capisce il diverso e non perdona gli errori. Romanzo di febbre e d’intelligenza, Le certezze del dubbio racconta, attraverso una scrittura corporea, il passaggio a quel nuovo mondo che è la città, e insieme la rivelazione che la solidarietà, l’amicizia e il calore sono possibili anche al di fuori delle mura circondariali.

 LE CERTEZZE DEL DUBBIO

di Goliarda Sapienza

A cura di Angelo Pellegrino

Einaudi 2022

Narrativa, pag.208

 Recensione di Francesca Mogavero

Goliarda è ormai uscita dall’“università di Rebibbia”. È laureata? Un’eterna studentessa, piuttosto, una ricercatrice sul campo, un’archeologa dell’umano. Una falena attirata dalla luce e gioiosamente consapevole dei rischi.

Se, sulla carta, la sua esperienza del carcere è stata breve, l’organismo, tutto l’essere, ha un’altra opinione al riguardo, perché, là dove il sole splende a scacchi, la matematica cade e il tempo scorre in tutt’altro modo (“c’è un’altra puntualità non temporale ma interna, rispondente alle esigenze emotive e spirituali delle compagne”), e basta un attimo a creare sorellanze strane e viscerali e non è sufficiente una vita intera a interpretare, decodificare, digerire.

Chi esce dal gabbio spesso ha fretta di tornarci, oppure di rifondare quel piccolo mondo, perfetto a suo modo, nella vastità aliena di fuori. Così, in un certo senso, i confini si cancellano, i “politici” e i “comuni” condividono una frittata e un’unica missione, i Parioli brindano con Roma Nord e siamo tutti sulla stessa zattera nell’enorme pancia della stazione dei treni.

Goliarda esce, ma qualcosa le resta dentro e la richiama a quei giorni, a quei riti, a quei sodalizi.

Un qualcosa che ha le linee nervose e le braccia segnate di Roberta, despota-bambina capace di slanci enormi e di schianti altrettanto vasti.

Roberta la chiama, sparisce, ritorna, la trascina e le si aggrappa, parla di amori e di dipendenze, di futilità necessarie e dolori taciuti, sedati, sepolti.

E Goliarda, è in evitabile, risponde.

Goliarda come gola, come ingordigia – ha fame di vita e di storie – ma anche come maliarda, giocosa, incantatrice. Madre e amante, figlia e maga.

Sapienza fin dalla nascita, intrisa di quella sete di conoscenza che va oltre i libri e si lascia rincorrere per le strade della Città Eterna, nei vicoli e nei sotterranei, fino alle case borghesi, sfidando le convenzioni, le ipocrisie, la legge.

Perché chi è affamato e curioso non può che far così, stringere la mano dell’altra e correre insieme di qua e di là, senza bussola né scadenze, come gatte senza padrone sotto la stella della pachidermica Roma-miciona, che seduce, fa le fusa e assesta zampate improvvise e letali, senza distinzioni.

Le certezze del dubbio è un libro girovago, un flusso di coscienza nomade in cui perdersi, una prigione di parole, di immagini, di scritture, di carne che si dilata all’infinito… finché le serrature e i limiti spariscono e resta solo la libertà del gioco, della creazione, del desiderio.

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Goliarda Sapienza 


(1924-1996) nacque a Catania da famiglia socialista rivoluzionaria. A partire dai sedici anni visse a Roma, dove studiò all’Accademia di Arte Drammatica. Negli anni Cinquanta e Sessanta recitò come attrice di teatro e di cinema lavorando, tra gli altri, con Luchino Visconti (in Senso), Alessandro Blasetti e Citto Maselli. Al suo primo romanzo, Lettera aperta (1967), seguirono Il filo di mezzogiorno (1969), L’università di Rebibbia (1983), Le certezze del dubbio (1987) e, postumi, L’arte della gioia (1998), i racconti Destino coatto (2002), Io, Jean Gabin (2010), Il vizio di parlare a me stessa (2011), le poesie Siciliane (2012) e Ancestrale (2013), La mia parte di gioia (2013), Elogio del bar (2014), Tre pièces e soggetti cinematografici (2014), Appuntamento a Positano (2015) e Lettere e biglietti (2021).

A cura di Francesca Mogavero

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