Madre d’ossa




Sinossi. Il commissario Teresa Battaglia ha perso davvero la sfida più grande di tutte contro la sua memoria? Sembra di sì. È questo che pensano i colleghi e chi le vuole bene. È questo che pensa anche Massimo Marini, che dopo aver ricevuto una chiamata anonima si è precipitato in mezzo alle montagne. Lì, dove un feroce crimine potrebbe essere stato compiuto, trova il cadavere di un ragazzo fra le braccia di Teresa. Massimo sa che quella è una scena del crimine e che il commissario Battaglia non dovrebbe trovarsi lì. Sa che ha compromesso il ritrovamento e alterato gli indizi. Ma forse non è davvero così che stanno le cose.

 MADRE D’OSSA

di Ilaria Tuti

Longanesi 2023

thriller, pag. 368

 Recensione di Sabrina De Bastiani

Un’indagine su me stessa, rifletté. Si senti fremere e riconobbe l’eccitazione per la caccia. Ma in quella caccia non poteva essere sola.

Chi è, oggi,  la Teresa Battaglia che incarna letteralmente le pagine dell’attesissimo  “Madre d’ossa”, fresco di uscita per Longanesi dalla penna baciata di grazia di Ilaria Tuti?

Chi si accinge a leggerlo ancora non lo sa, e questo è piuttosto normale.

La peculiarità  è che non  lo sappia, non del tutto, non sempre, la stessa Teresa. 

I ricordi erano come foglie d’autunno, pensò.

Fuggevoli, leggeri, e morti.

E che non lo sappiano più, non del tutto, non sempre, coloro che le stanno accanto.

Negli ultimi tempi era diventata più istintiva, meno trattenuta, e questo poteva sfociare in rabbia improvvisa come in dolcissimi gesti d’amore.

Eppure è il romanzo delle serie che finora  maggiormente  narra, trasmette, emana senso di appartenenza,  conoscenza profonda, granitica unione.  Il romanzo che più mira all’essenza delle persone, quella che nessuna malattia può azzerare.

 «L’inferno è un luogo umano» disse.

Lui sembrò volerle fare una carezza, invece lasciò cadere la mano.

«Lo so, ma io non la lascio.»

Contano i gesti, più delle parole. Le azioni, i fatti. 

E Teresa Battaglia ne ha compiuti tanti e tali da rendersi imprescindibile per Massimo Marini, certo, ma anche per gli altri membri della squadra, per Alice, per Elena, finanche per il questore Albert Lona.

(…) non era mai facile separare l’affetto che lui provava per Teresa dal dovere a cui lo chiamava la professione che aveva scelto, ma ultimamente era diventato addirittura impossibile. 

Il perché di questo preambolo  sta puramente nella storia che andrete a leggere.

Una storia di scelte praticamente mai ortodosse, di rischi altissimi, nella quale ciascuno mette la propria faccia, laddove solo Teresa stenta a riconoscere la sua allo specchio.

Lo squadrò. «Ancora convinto di percorrere la via dell’illegalità, ispettore?»

Lui non batté ciglio.

«Scegliere di non rispettare le regole non significa necessariamente rinunciare alla propria integrità morale, sa?»

«Ah, magnifico. A quale saggio hai rubato questa perla?»

«A lei.»

«Bella mentore ti sei cercato.»

«Mi è capitata, che posso farci.»

Una storia costellata e puntellata su molteplici rovesciamenti di fronte, dove ciò che sembra quasi mai si scoprirà essere ciò che è, una storia intrisa di terra, laddove lo scavo sia inevitabile per la tipologia di crimini commessi, ma si renda ineludibile  anche a livello interiore, dentro se stessi.

Una storia che ci riporta alla Storia,  «Perché finiamo sempre in posti dalla storia antica, noi due?»

«Perché sono pagine di un libro aperto, quello dell’umanità, e noi vogliamo imparare.», antica come lo è  il sangue che la colora, che attraversa, fino a oggi, culti, credenze, riti, vite scarificate. 

Dove la prima scoperta che faremo, sarà che il fatto che Teresa,  non più operativa, sia comunque parte attivissima e imprescindibile dell’indagine, Teresa ormai si sentiva estranea al mondo dell’investigazione, una usurpatrice di territori altrui. Tuttavia, quando Massimo Marini la chiamò, pensò che in fondo non avrebbe mai mollato.

E ciò non è dato solo da un suo presunto coinvolgimento personale sulla scena di un potenziale crimine, non è dato solo dall’impossibilità del team di investigatori di ‘pensarsi’ senza di lei. 

Ma, meravigliosamente, impetuosamente, vibrante di vita, la tenacia dirompente dell’istinto di sopravvivenza che muove all’agire, parte proprio da Teresa stessa:

Le mani erano salite al petto. Sentiva il cuore battere sotto le dita. Le venne da muoverle come sui tasti di un pianoforte, suonava la vita che continuava a riversarsi, incandescente nelle vene.

Un Friuli magnificamente restituito e descritto, una cifra empatica che Tuti attinge sicuramente  da se stessa per infonderla ai personaggi, agli ambienti, alle circostanze. 

Per farne  la dote più pura di Battaglia,  era forse il Leitmotiv della sua esistenza: cum-patior, soffrire con l’altro, chiunque fosse, anche il demonio, il suo punto più debole e la sua forza più dirompente. 

«Che cosa stiamo cercando?» chiese, a disagio.

Lei sembrò non avere dubbi.

«Un sentimento. Quello che ho sentito vibrare nella voce di quell’uomo.»

Queste le premesse di un’indagine che si rivelerà via via totalizzante, che non escluderà nessuno,  stavano  inseguendo un’ombra che sarebbe sempre stata davanti a loro, se non dentro di loro.

Morti del passato che si attestano  sul presente «Stiamo portando alla luce un esercito di morti. Mi chiedo dove affiorerà la prossima tomba.», morti dell’oggi che sono così tanto legate a quel passato lontano da essere inspiegabili,  lei stessa era affacciata sulla fine, dove tutte le esistenze, passate e presenti, mostravano il medesimo lucore fievole, un intestardirsi a risplendere, fiammelle in balia di un respiro.

Su tutto, in tutto, lei. 

La madre d’ossa, che percepiamo aleggiare come concetto, come presenza sin da “Ninfa Dormiente”, se non in nuce persino in “Fiori sopra l’inferno”, qui si fa iconica, epica, materia composta  non solo di ossa, presenza viva:    

La Madre d’ossa poteva servirsi di chiunque, poteva essere chiunque

In queste  pagine, infine, dove  le viene tolto tanto, tanto di più viene restituito a Teresa. Un’indagine serrata, il volto sorprendente dei colpevoli, i fili sospesi di un passato che si uniscono e si sciolgono, rancori che si assopiscono, una famiglia accanto, una maternità che abbraccia e viene abbracciata e sorretta. Un cerchio di energia vitale, dal quale fatichiamo a uscire, una volta terminata la lettura.

Appagati, divertiti, spaventati, emozionati, stupiti, commossi. 

Decisamente, vorremmo avere più tempo, insieme. 

«Ce lo prenderemo, in un modo o nell’altro.»

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Ilaria Tuti


Ilaria Tuti è nata a Gemona del Friuli, in provincia di Udine. Ha studiato Economia. Appassionata di pittura, nel tempo libero ha fatto l’illustratrice per una piccola casa editrice. Nel 2014 ha vinto il Premio Gran Giallo Città di Cattolica. Il thriller Fiori sopra l’inferno, edito da Longanesi nel 2018, è il suo libro d’esordio. Tra i suoi libri ricordiamo anche: Ninfa dormiente (Longanesi, 2019) e Fiore di roccia (Longanesi, 2020). Del 2021 il romanzo La luce della notte, il ritorno dell’amatissima Teresa Battaglia in un romanzo di rinascita e speranza. Sempre per Longanesi pubblica nel 2021, Figlia della cenere, nel 2022, Come vento cucito alla terra e nel 2023 Madre d’ossa.