Mahut




Recensione di Stefania Ceteroni


Autore: Mattia Madonia

Editore: Baldini & Castoldi

Genere: narrativa contemporanea

Pagine: 150

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Bianca, lei che a tavola è la quattordicesima, perché mai nessuno vuole sedersi in tredici; lei che è l’ultima telefonata la notte di Natale, quando gli auguri si fanno fiacchi e le voci spente. Lei con un matrimonio fallito alle spalle e un padre in stato vegetativo da accudire perché, così dice, ha bisogno di qualcuno che stia peggio di lei. Livio, lui che non ama il mondo fuori e a quanto pare il mondo fuori ricambia; lui che da vent’anni non si separa da Igor, amico immaginario e alibi di ferro per lavarsene le mani della vita. Lui che una sera prende coraggio e si spinge fino in piazza, dove all’ombra di un platano s’innamora di Enea. Paride, operaio veterano di una fabbrica di marmellate, lui che nessuno chiama per nome e nemmeno per cognome; lui con un debole per le televendite, per le albicocche e per le mosche. Lui che, reso obsoleto dall’età e dalla tecnologia, un giorno decide di reagire. Mahut è un trittico sulla doppiezza, sull’immaginazione e sulla solitudine, là dove cuori rammendati e routine consunte, esili auto-prescritti e rese al mondo, tracciano un viaggio crudo, onirico e agrodolce nel sentire e nella psiche umani. È troppo semplice crogiolarsi nel dolore e nelle tinte di nero, il vero macigno è sopravvivere al grigio.

Recensione

Mattia Madonia racconta la vita di esseri umani che inizialmente spiazzano, poi catturano. Sono persone che non nascondono le loro fobie, le loro debolezze, le loro fragilità. Anzi, si mostrano al lettore in modo franco, diretto, senza filtri apparendo anche un tantino indisponenti perché, diciamolo, davanti ad una persona in difficoltà ci si indispone subito, anche se poi si fa finta di interessarsi o di prestare attenzione all’altro.

E’ la vita che ci pone davanti persone come Bianca, Livio o Paride ma noi ce ne accorgiamo? Ci accorgiamo della solitudine degli altri, della difficoltà alle relazioni interpersonali, del malessere legato al condividere esperienze, pensieri e paure con qualcuno di reale?

Questa è la riflessione che ho fatto dopo aver letto le storie dei tre personaggi che Madonia racconta in modo diretto, crudo, vero. Senza sconti.

Bianca è una donna sola, provata dalla sofferenza e dalla fatica che derivano dall’aver perso la madre e dal dover accudire un padre malato. Quante volte ci soffermiamo a tendere la mano a chi, nel suo silenzio o nel suo modo di schivare il resto del mondo, chiede aiuto? Non un aiuto materiale, non una mano a fare qualcosa di concreto, ma una mano nell’essere ascoltato, compreso. Bianca mi ha dato l’impressione di essere una persona profondamente sola non per scelta ma per via di una serie di circostanza che l’hanno portata a circoscrivere la sua vita tra le quattro mura di casa, un padre inerte, un impegno costante nei suoi confronti. L’epilogo della sua storia è di una tristezza disarmante ma tale da colpire al cuore di un lettore attento.

Livio è un giovane – non saprei dargli un’età precisa – che vive la sua vita tra le mura di casa per scelta. Teme il contatto con gli altri tanto da farne una fobia. Non esce dallo spazio che si è cucito addosso, non fa più passi di quelli che sono necessari per andare a fare la spesa o per prendere un caffè. Ha Igor accanto: un amico immaginario con il quale tenta di spingersi oltre i propri limiti tanto da arrivare oltre la sua comfort zone. Arriva ad un parco e conosce una persona. Una persona, un’unica persona, che gli sconvolge la vita con una fretta quasi inaccettabile. Un segno, questo, di quanto sia facile rompere un equilibrio così delicato come quello che una persona che vive sulla sua pelle la fobia sociale può aversi costruito attorno.

Paride è il personaggio che mi ha sconvolta maggiormente. Non che gli altri due mi abbiano lasciata indifferente… tutt’altro. Paride, però, incarna il prototipo della persona-fantasma: lui che non è mai al centro dell’attenzione, che lavora tra tante altre persone ma che non ha amici, che vive in un mondo fatto di ombre dove si confonde con facilità. Una persona che tutti definirebbero normale ma che cela, sotto quell’apparente normalità, un animo inquieto, sofferente, solo. Nemmeno il suo gemello immaginario può aiutarlo più di tanto. O meglio, lo guida in alcune scelte che, però, non possono certo essere dette positive per lui. La sua è la storia più sconvolgente ma che, a ben guardare, non è poi così lontana da tante altre storie di cui si sente davvero nella vita reale.

A Madonia devo riconoscere il merito di aver reso alla perfezione i suoi personaggi. Ad un iniziale smarrimento – quando, davvero, mi sono chiesta dove l’autore voleva arrivare – ho ben presto sostituito la consapevolezza di quanto sia fragile l’essere umano e di quanto, ognuno di noi, potrebbe essere Bianca, Livio o Paride senza che nessuno se ne accorga. Come nessuno, a ben guardare, si è accorto di loro.

A cura di Stefania Ceteroni

https://libri-stefania.blogspot.com

 

Mattia Madonia


Mattia Madonia (Catania, 1988) scrive racconti, poesie e compone musiche e testi. Nel 2014 ha pubblicato Che vuoi che sia. Dal 2017, collabora alla testata online The Vision.

 

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