Un movente per morire




Sinossi. Vincenzo Allasia appena arrivato da Torino viene trovato ucciso in una via di Catania. È così che per il commissario Aldo Raciti inizia un rompicapo che, a prima vista, pare insolubile. Per capire, il commissario va a Torino dove grazie all’aiuto di un collega torinese comincia a ricostruire la vita della vittima, comincia a conoscere Vincenzo e capisce che quella morte ha qualcosa di stonato. A Torino, Raciti ritrova anche persone e luoghi noti, lui che è un abitudinario e ama la ripetitività, la logica, il controllo. Ma ben presto il commissario si trova coinvolto in una storia, fra realtà virtuale e fattuale, e solo le sue mosse, studiate, azzardate o recitate, a volte al limite della legalità, gli consentiranno di sciogliere il bandolo della matassa e chiarire l’esatta sequenza degli avvenimenti.

 UN MOVENTE PER UCCIDERE

di Michela Gecele

Golem Edizioni 2022

thriller, pag.224


Un movente per morire

A cura di Edoardo Guerrini


 Recensione di Edoardo Guerrini

Ebbene sì, lo confesso: sono un accanito lettore dei gialli di Michela Gecele, non me ne sono mai perso uno, da quando ha iniziato la serie di Ada Hartmann, edita dalla casa editrice Forme Libere, di cui sono usciti sei episodi, tutti ambientati a Catania dove opera la protagonista, sociologa berlinese trapiantata in Sicilia.

Questo romanzo invece è una sorta di spin off: il protagonista è Aldo Raciti, commissario catanese che era già comparso negli ultimi due romanzi, e che aveva, e ha tuttora, una storia con Ada, la quale però in questo romanzo non compare, è via per lavoro e forse rientrerà nel prossimo.

Aldo è molto diverso da Ada: è un autentico commissario, non un investigatore dilettante, e in questa storia si trova a lavorare come un pazzo per oltre una ventina di giorni per risolvere il “caso” dell’omicidio di Vincenzo Allasia, un caso che rapidamente lo porta a ricostruire le tappe della vicenda nella città di Torino, ben lontano da Catania: perché Allasia era un insegnante torinese, giunto a Catania il giorno prima di essere ucciso.

Così Raciti segue le tracce della vittima e compie molteplici missioni. Come fa sempre, l’autrice è molto accurata nel descrivere i luoghi, d’altra parte vive e lavora a Torino, città che infatti è anche la sede della casa editrice Golem. Le lunghe passeggiate del commissario tra il commissariato davanti alla Porta Palatina (luogo che ben conosco per esserci passato davanti per anni nel tragitto casa – lavoro, ma questa è un’altra storia) e le abitazioni o i luoghi di lavoro dei molteplici testimoni, i tragitti in autobus: tutto studiato con cura e scritto in modo da vedere i luoghi stessi, specialmente i molteplici caffé frequentati dal commissario e da tutti gli altri personaggi, ad aiutarlo ad assumere la dose quotidiana di caffeina che non gli deve mai mancare, finanche una decina al giorno, tra caffé lisci, cappuccino, marocchino: tutti rigorosamente con molto zucchero. 

La trama segue l’inchiesta, raccontata al presente in prima persona dal Raciti stesso, che stavolta fa tutto da solo, non si avvale della consulenza di Ada. Ci sono moltissime piste: l’Allasia era un insegnante, ma aveva un secondo lavoro presso uno studio di architettura/ingegneria, ma ci sono tracce anche di un misterioso terzo lavoro: pagamenti sospetti provenienti da bitcoin.
Poi c’è una donna, una sua ex fidanzata che lo tormentava e i cui movimenti sembrano sospetti. Ma il commissario non è convinto, e l’indagine richiede molti scavi complessi, e molti viaggi su e giù tra Torino e Catania.

E infine la soluzione del caso mostra una complessità che rivela il romanzo come ben lontano dal giallo classico whodonit alla Agatha Christie, che pure è l’autrice di gialli che Ada più consiglia ad Aldo mentre lui in realtà preferisce Simenon; no, qui c’è il noir nel contesto del crimine, e anche toni psicologici molto complessi, e pure un bel gioco metaletterario (di quelli che piacciono a me!) nel trovare una somiglianza/citazione di un romanzo importante dell’autore giapponese Keigo Higashino.

Una traccia per i lettori: seguite il titolo. Un movente per morire è la chiave di tutto. E non dimenticate che la Gecele, oltre a scrivere gialli, è una psichiatra e psicoterapeuta, e insomma, come tutti si scrive di cose che si conoscono bene.

Il libro è complesso, l’indagine dura a lungo ma il finale è strepitoso, molto ben congegnato. E la copertina che mostra come in una sfera di cristallo insanguinata i due panorami classici della mia città d’adozione, Torino, e di Catania, la trovo particolarmente azzeccata.

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Michela Gecele 


è psichiatra e psicoterapeuta della Gestalt, trainer e supervisore internazionale e ha lavorato per anni nei servizi pubblici di salute mentale. È co-direttrice dell’Istituto di Psicopatologia e Psicoterapia della Gestalt (IPsiG) di Torino, che comprende fra le sue attività una scuola di psicoterapia riconosciuta dal MIUR. Ha pubblicato articoli e libri in diverse lingue, sulla psicopatologia e sugli incroci fra culture, società e discipline diverse. Nell’ambito della saggistica, gli ultimi titoli sono Siamo tutti narcisi? Alla ricerca della relazione perduta (Tangram Edizioni Scientifiche – tradotto in inglese e pubblicato da L’Exprimerie) e Gli sfondi dellalterità (Fioriti Editore). È autrice di una serie di libri gialli (Ada torte e delitti), pubblicati da Edizioni Forme Libere nella collana Passi nel buio, che vedono come protagonista Ada Hartmann, una sociologa berlinese residente a Catania, appassionata di ogni tipo di ricerca o indagine. Il commissario Aldo Raciti, personaggio principale di Un movente per morire, era già comparso accanto ad Ada Hartmann in due episodi della serie Ada torte e delittiLe strade del gioco SantAgata atto settimo.