Yara




Sinossi. Il 26 novembre 2010, a Brembate di Sopra, poco lontano da Bergamo, una ragazzina esce di casa per andare al campo sportivo. Non farà mai ritorno. Di lei non si sa più nulla per tre mesi esatti: il 26 febbraio 2011 viene ritrovata in un campo, priva di vita. Dal giorno successivo alla scomparsa ha inizio un’indagine senza precedenti per i metodi scientifici messi in atto, per il clamore mediatico, per il dispiegamento di energie civili e militari, per la quantità di svolte investigative. Nel giugno 2014 la Procura arresta un uomo, poi condannato all’ergastolo. Nei luoghi di questo dramma, di lì a pochi anni, si manifesta l’esordio in Occidente della più virulenta epidemia dei tempi moderni, proprio dove si è organizzata la più vasta campagna di tamponi molecolari per individuare l’origine delle tracce genetiche trovate sugli abiti della vittima. Mentre per le valli risuona un’antica filastrocca che narra di una principessa uccisa dal conte di cui aveva rifiutato le attenzioni, il tempo e lo spazio sono scanditi dal nome di Yara: perché al centro di tutto c’è lei, Yara Gambirasio. Con la sua innocenza assalita dai fiumi di parole dei mass media. Perduta in un intrico più grande dei nostri pensieri. Eppure, per sempre, Yara, con il suo sorriso che entra nella memoria collettiva e chiede salvezza. Sono questi alcuni fili della ragnatela di significati e misteri che fa della storia ricostruita in queste pagine una delle più impressionanti allegorie del nostro tempo. Un tempo tragico, vorace di vite altrui, pronto a esultare di fronte all’esposizione del dolore e della colpa, al quale Giuseppe Genna dà voce in modo potente, allineando sulla pagina dettagli con ossessiva precisione. Questo romanzo è, così, una plastica rappresentazione del nostro fallimento civile e un dolentissimo requiem per la limpidezza che, insieme a Yara, abbiamo perduto per sempre.

 YARA

Il True Crime

di Giuseppe Genna

Bompiani 2023

Saggistica – True Crime, pag.416

 Recensione di Laura Bambini

L’Italia è pronta. La prima vicenda l’ha arroventata. L’Italia è sempre pronta per il nero abisso.”

Quella sera mi ero appena seduta a tavola, mia madre stava servendo la cena e dal televisore il telegiornale partì con quel tono funereo delle notizie di cronaca per cui l’Italia è sempre stata affamata.

Era il 26 novembre 2010, avevo quindici anni.

Ricordo di aver pensato: Un’altra volta. Sta succedendo di nuovo.

Raramente ci ricordiamo con precisione ciò che stavamo pensando, facendo, mangiando a giorni di distanza, figuriamoci dopo anno.

Ma fermiamoci un secondo: cosa stavate facendo l’11 settembre? O quando Conte ha annunciato il lockdown? O quando hanno ritrovato Elisa Claps? Cosa stavate – stavamo – facendo quando è scomparsa Sarah Scazzi? E Yara Gambirasio?

Non vado più indietro. Sono del ’95, non ho vissuto il prima, ma a occhio potrei aggiungere piazza Bologna, il Massacro del Circeo, Emanuela Orlandi e Aldo Moro, e sono sicura che comunque ci ricorderemmo tutti l’istante preciso.

Non rammento se la sera di Yara la voce fosse di una o di un giornalista, ricordo però la foto sgranata di una ragazzina, come lo ero io, che sorrideva con un apparecchio più grande del suo viso.

Appena dopo il ritrovamento del cadavere di Sarah Scazzi, che tra le due è la vicenda che mi ha scosso di più. Sarah e io abbiamo, avevamo, la stessa età. Yara è due anni più piccola di noi.

Io ho continuato a studiare, mi sono diplomata, laureata, sono andata in discoteca, ho viaggiato, ho mangiato piatti tipici di culture lontane dalla nostra. Il mio tempo è andato avanti, il loro si è fermato tredici anni fa e resterà bloccato in eterno.

Ricordo di aver compiuto un altro gesto: ho chiuso gli occhi, ho posato la forchetta. Il mio stomaco si è contorto, mi è passata la fame.

La vicenda precedente era troppo fresca, i media non avevano ancora smesso di cibarsene e renderla spettacolo. Ho pensato che l’avrebbero fatto di nuovo, che avrebbero mangiato per mesi un’altra volta sulla scomparsa di una ragazzina.

E l’hanno fatto. Giuseppe Genna non lo nasconde, non giustifica, non edulcora. Mette in chiaro subito le cose: erano pronti. Non aspettavano altro.

Evidenzia subito che i due casi si sono legati e alimentati a vicenda, ognuno con la propria coda.

L’autore ripercorre con chiarezza, giorno dopo giorno, le tappe di uno dei casi più tristi della nostra storia recente: dai minuti precedenti e successivi alla scomparsa, ai giorni dopo, al ritrovamento del cadavere di una ragazza che non è stato preso in considerazione, al ritrovamento di un altro ragazzo, al ritrovamento di Yara. E il dopo.

Il dopo che è più paradossale del prima, per cui una persona è stata condannata all’ergastolo con una serie di motivazioni e meccanismi che, da giurista, mi danno i brividi, ma non entrerò nel merito.

Genna non nasconde né giudica la mentalità del posto, ma noi tutti – noi, l’Italia che guardava – l’abbiamo fatto. Ognuno di noi ha anche la sua personale soluzione del caso, come succede sempre.

L’autore si muove nel dietro le quinte, ci mostra cosa accadeva nei retroscena. Ci mostra la ricerca di una verità che forse non interessava più di tanto, aveva solo lo scopo di scrivere il finale della storia. Che poteva comunque rimanere aperto, come lo è rimasto spesso nella cronaca nera della nostra Nazione.

Chiede scusa, più volte, e anche io mi sono ripetuta questa parola per anni: scusa, scusate. Siamo delle bestie assetate di sangue. Non ci siamo fermati neanche di fronte a due ragazzine, non ci siamo fermati mai in faccia a nessuno.

A volte, però, quando il nome di Yara o di Sarah si riaffaccia nelle cronache, nei giornali, in qualche discussione nata per caso tra amici o parenti o colleghi, tra noi cala sempre un silenzio imbarazzato: ci guardiamo, stringiamo il caffè tra le mani, spostiamo gli occhi ai nostri animali, alle nostre case, a ciò che siamo riusciti a costruire.

La consapevolezza che noi siamo andati avanti, e loro non potranno mai. Avrebbero avuto ventotto e ventisei anni. Magari, per quelle strane coincidenze della vita, qualcuno di noi avrebbe potuto averle come compagne di corso all’università, o incontrarle all’aeroporto, e forse sarebbero rimaste un volto dimenticato subito dopo come tanti incontri casuali. E invece no.

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Giuseppe Genna


Giuseppe Genna è nato a Milano il 12 dicembre 1969. Ha lavorato in televisione, presso la rivista Poesia di Crocetti Editore, come attaché alla Presidenza della Camera nel 1994-95, a Clarence.com, in web agencies, come consulente per Mondadori, RCS e il Saggiatore, come policy advisor nell’ambito della transizione sociale ed ecologica e ha fatto parte della giuria della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Insieme al regista Gilberto Squizzato ha scritto la fiction Suor Jo andata in onda su Rai 3 nel 2005. Ha esordito nella narrativa nel 1999 con il romanzo Catrame, seguito da decine di altri titoli tra cui ricordiamo Nel nome di IshmaelDies IraeHitlerLa vita umana sul pianeta TerraAssalto a un tempo devastato e vileHistory.

A cura di Laura Bambini

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